Varsavia il giorno dopo
Sono ancora confuso (quasi tramortito) per poter commentare correttamente ciò che è avvenuto in Polonia. So dire solo che è grave. Molto grave. Per quel Paese, ma anche per l'intera Europa e per l'umanità. Dare aria a sentimenti xenofobi e razzisti, gridare in piazza il disprezzo per lo straniero a prescindere, inneggiare all'ideologia di destra e al nazismo, come è accaduto ieri a Varsavia, è lasciare sul selciato il corpo inerte della democrazia e delle conquiste di libertà e comprensione tra i popoli che, invece, si devono celebrare nel “Giorno dell'indipendenza”. "Polonia pura, Polonia bianca", "Rifugiati al diavolo" e poi: "Vogliamo Dio". Si tratta di una generazione che ha dimenticato in fretta l'esperienza amara dei padri, che hanno subito, più che in altre nazioni europee, la morsa del nazismo. È un popolo che ha dimenticato i principi e i metodi della rivoluzione dei lavoratori di Solidarnosc per liberarsi dall'impero sovietico. Un Paese che non ha bisogno di mandare i rifugiati al diavolo semplicemente perché non ne ha mai accolto uno. E per favore non scomodate Dio, i rosari e il cristianesimo, come è avvenuto di recente e anche nell'imponente corteo dell'11 novembre. A meno di una plateale mistificazione e falsificazione dei fatti e delle parole, il Dio di Gesù Cristo è senza ombra di dubbio dalla parte di quelli che non hanno nemmeno la forza o la libertà o la possibilità di organizzare un corteo, di esporre le proprie ragioni e di gridare il proprio dolore.