Don Tonino Bello, applaudire non basta
Dopo l'annuncio della visita di Papa Francesco ad Alessano e Molfetta del prossimo 20 aprile, noto con immenso piacere che molte persone di cui non avrei detto, se ne compiacciono, manifestano adesione o ne sono addirittura entusiasti. Confesso che devo operare più di qualche forzatura sulla mia indole e sulle mie inclinazioni per considerare tutto questo una conversione (o almeno un ripensamento) e non cedere alla tentazione di pensare che si tratti di opportunismo. Anche perché è lo stesso don Tonino che mi ha insegnato a non pensare male. È un dato obiettivo però che tra quelli che fanno festa per questo riconoscimento di Papa Francesco al “vescovo del grembiule” vi sia anche chi in vita lo ha ostacolato, chi apertamente non ne ha condiviso le scelte e il pensiero o addirittura chi lo ha deriso. Molti di più, poi, sono coloro che con il proprio stile di vita mostrano di non condividere l'idea di società e di Chiesa che don Tonino ci ha insegnato con la sua vita. Ad esempio, direi che, prima di applaudire 25 anni dopo, mi piacerebbe capire quanti sono d'accordo con questa considerazione rispetto alla formazione dei preti: “Speriamo che i seminari formino i futuri presbiteri ai 'doveri di grembiule' non solo con la stessa puntigliosità con cui li informavano sui 'diritti di stola', ma con la stessa tenacia, col medesimo empito celebrativo e con l'identico rigore scientifico con cui li preparano ai loro compiti liturgici”. E sì, perché a distanza di 25 anni, non mi pare che quelle parole abbiano trovato giusta accoglienza.