Migranti in Israele
Per molti africani spinti dalla fame, dalla guerra o dalla mancanza di libertà o da tutte e tre queste maledizioni insieme, anche Israele è un paradiso terrestre. È successo così che nel corso degli anni, attraverso il deserto egiziano abbiano superato il confine del Sinai per cercare fortuna o semplicemente vita in Israele. Ma adesso Israele li rifiuta, li ricaccia indietro verso quel destino avverso da cui provengono. Una legge molto ben articolata prevede di rifiutarne circa 40.000 che sono per la maggior parte sudanesi ed eritrei che sarebbero accolti da Ruanda e Uganda con cui lo Stato di Israele ha stipulato un apposito accordo. A ognuno dei migranti le autorità israeliane riconoscono 3.500 shekel (più o meno 800 euro). E fin qui sembra un film già visto se non girato anche dalle nostre parti se non fosse che, come dice Reuven Abergil, politico israeliano dell'opposizione: “Noi israeliani, noi ebrei siamo un popolo di migranti, questo paese, è vivo grazie all’immigrazione, non possiamo trattare così questi uomini”. A questo si aggiunga che, giusto per capire di cosa si parla, il regime tirannico eritreo per coloro che tentano di scappare all'estero, prevede l'ergastolo in carceri, peraltro con condizioni disumane. Insomma il migrare dei popoli che da sempre è fenomeno sociale naturale e che oggi rafforzato da mille fattori, trova sempre più inutili resistenze. Gli africani di Israele intanto si stanno passando parola per accettare piuttosto il carcere in quel Paese che rischiare il rimpatrio. (fonte: Repubblica, 8.02.18)