Scrivi mille volte
Nella didattica e nella pedagogia considerate obsolete e superate, quando un maestro o una maestra voleva far correggere un errore a uno scolaro o fare in modo che la forma corretta restasse impressa nella sua mente, gli assegnava il compito di scrivere cinque pagine di quella parola. Peggio il caso in cui l’operazione veniva richiesta alla lavagna, alla presenza di tutti i compagni di classe. Ebbene, confesso che io farei più o meno così con moltissimi giornalisti italiani che hanno scritto poco, male e in fretta della condanna all’ergastolo "aggravato" di sette loro colleghi turchi. Mille volte scrivere i loro nomi fino a quando non vi permetterete mai più il lusso di dimenticarli. Ahmet Altan, scrittore e giornalista, suo fratello Mehmet, economista ed editorialista, e la veterana del giornalismo turco Nazlı Ilıcak, 74 anni. Poi Şükrü Tuğrul Özşemgül, Fevzi Yazıcı, esperto designer, e Yakup Şimşek, art director, tutti collaboratori del quotidiano Zaman. L’accusa era di aver tentato di "rovesciare l'ordine costituzionale attraverso l'uso della forza e della violenza".
Ahmet Altan ha commentato dicendo che si tratta di "un misero surrogato di atto d’accusa, privo non solo di intelligenza ma anche di rispetto per la legge e troppo debole per sostenere il peso immenso della condanna di ergastolo richiesta dal pubblico ministero". Dio non voglia che a far tacere la stampa locale (ma anche la politica!) su questa tristissima vicenda, siano ancora una volta i nostri interessi economici e geopolitici verso quel Paese. In questo caso la colpa sarebbe più grave e la maestra dovrebbe condannare alcuni giornalisti a scrivere quei nomi a vita.