Il vegetarianesimo

12 marzo 2018 - Antonino Drago
  1. Vegetarianismo: la mia esperienza personale e considerazioni strutturali

Sono vegetariano da oltre quarant’anni, per una decisione presa nel 1973 dopo aver mangiato in maniera vegetariana durante il primo Campo dell’Arca in Italia nel Mugello. Ci provai senza farci grandi studi: tolsi carne e pesce. Perché “l’importante - ricordava Lanza del Vasto - è che l’alimentazione, tanto più il vegetarianesimo, non diventi una religione”, benché esso sia una regola di vita molto importante.

Da allora provai la libertà di una etica da uomini maturi, quella che si fa da soli, sulla base di programmi di vita, in piena libertà di giudicare se le restrizioni che si scelgono siano eventualmente eccessive o da aumentare. Certo, le conseguenze immediate furono: 1) meno scelta di cibi; ma in un Paese come l’Italia, che faceva rallegrare ogni indiano vegetariano per la ricchezza di formaggi e di verdure, non ebbi problemi di dieta; 2) meno grossezza nel gusto, 3) meno impossessarsi del cibo, 4) meno soddisfazione istintiva di schiacciare coi denti qualcosa di vitale.

Ma ben presto mi accorsi di conseguenze positive. Nasceva un sottile piacere a gustare fino in fondo alcuni alimenti che nella dieta con carne passano quasi inosservati (il pane, le verdure, i legumi, ecc.). Poi le lotte non violente mi portarono a compiere dei digiuni di alcuni giorni; quando riprendevo la alimentazione, il cibo vegetariano mi appariva preventivamente con i suoi gradevoli sapori, tanto da farmelo riconoscere a distanza come amico; e, una volta incorporato, me lo sentivo fondere col mio corpo. Più in generale, col vegetarianesimo il cibo non mi prendeva più dalle viscere, non mi smuoveva l’imperioso istinto di sopravvivenza, lo sentivo una cosa a me simile. Anzi, l’alimentazione vegetariana mi aiutava a gestire me stesso: il mio corpo mi appariva più docile, meno sfuggente nelle sue voglie e bizzarrie. Soprattutto feci l’esperienza che la immancabile influenza annuale era eliminabile con un semplice digiuno di due-tre giorni (con grande incredulità dei medici: “Non è possibile!”). In definitiva, mi è sembrato di aver scoperto una maniera naturale di vivere il cibo. Capii allora che l’Occidente ha dimenticato che il corpo è, assieme, salute fisica e salute spirituale; e che, per mantenere ambedue, occorre regola ed esercizio; la regola del vegetarianesimo è semplice e immediata nei suoi benefici; e l’esercizio, una volta avviato, veniva naturale ad ogni pasto.

Se ora mi chiedono perché sono vegetariano, rispondo: “Lo sono perché è meglio che mangiare carne, meglio in generale.” E se vogliono una spiegazione più concreta, dico loro che è come lavarsi le mani; cosa che fino all’Ottocento la gente non faceva; ma che poi dopo è diventata una regola di civiltà; per cui se non lo si fa, ci si sente male; proprio così come lo stomaco si sente male se, per sbaglio, gli entra qualcosa di carne, con la sua pesantezza, la densità eccessiva di sapori e la difficoltà di digestione.

Ma sin dal 1959 Lanza del Vasto ha elevato la non violenza a sistema teorico: l’ha basata non solo su idee soggettive (amore, benevolenza, attenzione ai rapporti personali), o oggettive (risoluzione dei conflitti, tecniche non violente come il digiuno, ecc.), ma anche su categorie strutturali, che cioè si riferiscono a quelle strutture sociali che incanalano la vita degli uomini, fino a determinarli su direzioni che ad essi appaiono come inevitabili. Allora credo che, a chi domanda sul vegetarianesimo, occorra rispondere anche con degli argomenti di tipo strutturale. Che sono numerosi tra quel centinaio di argomenti che si possono addurre a suo sostegno,

Ad esempio, bisogna ricordare che oggi nel mondo ci sono 60 miliardi di animali allevati per l’alimentazione umana; ovviamente, non per tutta l’umanità, ma solo per quel 20% che sfrutta l’80% delle risorse della Terra; cioè 1-2 miliardi di uomini sul totale dei 7 miliardi. Quindi, un carnivoro, cioè una persona appartenente alla minoranza al potere nel mondo, richiede che per la sua alimentazione gli siano allevati in media almeno trenta animali (di tutte le stazze). I quali ovviamente mangiano e bevono e inquinano, con gravi conseguente per la Terra. Perciò nulla è più vero della frase di Gandhi: “La Terra ha risorse sufficienti per sostenere tutti gli uomini; ma non ne ha per l’avidità di tutti.”. Occorre sentirsi responsabili di questo disastro nello sprecare a iosa sia il cibo (cereali) che l’acqua e nel causare inquinamenti tremendi (deiezioni inquinanti l’acqua e il terreno, emissione di CO2, nascita di super virus a causa dell’uso a sfare di antibiotici negli allevamenti collettivi di quegli animali). 

Ma c’è un’altra ragione strutturale che colpisce al cuore la alimentazione carnivora. Per ogni proteina animale mangiata dall’uomo, l’animale che gliela dà col suo corpo ne ha mangiate sette di vegetali, che per l’alimentazione umana sono equivalenti a quelle della carne. È come se, l’alimentazione carnivora restringesse i terreni coltivati di sette volte; perché i carnivori mettono come intermediari, tra loro e la terra, gli animali da alimentazione, i quali mangiano tante proteine, che, quando alla fine arrivano alla bocca umana, sono diminuite a solo un settimo (Informazioni più estese si  trovano facilmente, ad es. nella voce “Vegetarianesimo” di Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Vegetarianismo#Ambiente, nda).

Cosicché ogni nuovo popolo che raggiunge il cosiddetto “benessere” e passa all’alimentazione carnivora crea un disastro alimentare. Così fu per l’URSS attorno al 1980, perché la sua produzione di cereali non bastava più per la sua popolazione, diventata carnivora; allora comprò regolarmente cereali dal Canada e dagli USA (e anche la sua politica estera cambiò). Naturalmente, questo commercio privilegiato fece crescere il prezzo dei cereali sul mercato mondiale; il che aumentò la fame in quei Paesi poveri che non potevano più comprare i cereali ai prezzi maggiorati. In tempi di fame nel mondo (quasi un miliardo di affamati) questo fatto è intollerabile, grida vendetta davanti a Dio e ai popoli.

Il minimo che si può fare in questa situazione è rendersi innocente, cioè “non nuocere” e così dichiararsi fuori dal macello degli animali: “Non in mio nome”. A prima vista la scelta vegetariana sembra una piccola cosa rispetto alla grandiosità dei problemi mondiali coinvolti. Ma più che mai con essa si applica il motto: “Agire localmente, pensare globalmente”. Infatti, essa comporta l’azione locale di rinnovare a fondo le nostre relazioni con il proprio corpo e con gli animali, a loro beneficio materiale e a nostro beneficio spirituale; e ha anche la finalità globale di allearsi con la natura contro tutti gli sfruttamenti che l’uomo le impone; e così si diventa punto di riferimento e di appoggio per ogni alternativa che si profili all’orizzonte, rivolta a un cambiamento sociale nell’alimentazione e nella mentalità. 

 

Il vegetarianesimo secondo l’insegnamento di Lanza del Vasto

Nell’insegnamento di Lanza del Vasto ha un ruolo cruciale il problema della origine del male nel mondo e spiegarlo con il peccato originale (Genesi 3) e i peccati strutturali (sostenuti dalla volontà cosciente o incosciente di tutti) che sono riassumibili con i flagelli “fatti da mano d’uomo” (tra quelli che si trovano in Apocalisse 6 e 8): Miseria, Servitù, Sedizioone-Rivoluzione, Guerra. e, ancor più in generale, la Scienza e la Tecnica, la cui negatività (ad es. la bomba nucleare) è da lui vista come quella delle due Bestie di Apocalisse 13.

Ma al male angosciante di questi tre brani biblici, Lanza del Vasto ha trovato la risposta indicata dal brano delle Beatitudini (Mt 5, 1-10), concepite come le risposte che partolo dall’interiore ai mai strutturali del mondo. Nella sua “Preghiera cristiana per Gandhi” egli le legge in sequenza; il che indica una crescita pedagogica e d’impegno nel rispondere ai mali strutturali del mondo. Inoltre, mentre le parole di Gesù lasciano solo immaginare quali siano i mali che causano le sofferenze indicate dalla prima frase di ogni Beatitudine (povertà, ecc.). la sua parafrasi indica abbastanza bene; ma, per indicarli con più precisione, è bene rifarsi alla sua concezione della crescita del male nella società: essi sono i suddetti quattro Flagelli.

Si può allora notare che le Beatitudini sono divisibili in due quaterne: le risposte delle prime quattro sono passive socialmente, quelle delle seconde quattro sono socialmente attive. È la beatitudine dei “puri di cuore”. Qui c’è un punto delicato, perché essa sembra riportare tutta l’attenzione a una intimità senza relazioni sociali. Ma qui il testo è chiaramente manchevole: lo dimostra la sua promessa, “vedere Dio”, che è vuota; perché non sono solo i puri di cuore che vedranno Dio, ma chiaramente tutti quelli che si salvano. Per ridare senso alle parole, suggerisco di riferirsi alla sapienza del libro sacro che era caro a Gandhi, la Bagavad Gita. Qui l’insegnamento chiave è che ogni cosa (anche, come esemplifica la Gita, una guerra!) deve essere fatta con cuore puro, distaccato, senza legarsi ai risultati, meno che mai per interesse personale. Inoltre, la promessa “vedranno Dio” deve realizzarsi prima che in cielo, in Terra; la promessa migliore è che essi vedranno Dio nelle persone. Ecco allora che la beatitudine così integrata dice: “Beati quelli che si impegnano nel lavoro sociale purificando il cuore, perché essi avranno occhi per vedere Dio negli uomini”. Intesa così, essa s’inserisce molto appropriatamente nel crescendo dell’impegno sociale indicato dalle quattro Beatitudini attive: prima di essa, quella dei misericordiosi; e, dopo di essa, quella dei pacificatori e poi quella dei combattenti-perseguitati per la giustizia.

Allora possiamo porre i Flagelli, nell’ordine del precedente elenco, in corrispondenza sia alla prima quaterna delle Beatitudini che alla seconda quaterna.

Cerchiamo allora quale sia il male compiuto dai carnivori. Essi, con un atteggiamento tipico dei padroni dominatori, che godono dello jus utendi et abutendi, impongono agli animali il flagello della Servitù schiacciante, fino a infliggere loro anche il flagello della Guerra (con gravi conseguenze, di contraccolpo, sugli uomini tutti). Ora cerchiamo, tra le prime quattro, la Beatitudine di tipo “socialmente passivo” che risponde al flagello della Servitù; per esclusione, vediamo chiaramente che è quella della “mitezza”, la quale ben rappresenta il vegetarianesimo, che rende miti verso tutti gli animali.

Ma al flagello della Servitù risponde anche una Beatitudine della seconda quaterna (le Beatitudini di tipo “socialmente attivo”). Ciò fa capire che il vegetarianesimo ha un completamento nell’attivarsi nelle relazioni con il mondo. Al solito, per esclusione, vediamo che quest’altra Beatitudine è di coloro che, purificando il cuore si coinvolgono nel migliorare la vita sociale, fino a cercare di pacificare la guerra con la natura.

Allora le due Beatitudini, che ora sappiamo rispondere al flagello della Servitù, inquadrano molto bene il vegetarianesimo nella sapienza spirituale del Cristianesimo.

Lanza del Vasto ha anche considerato le strutture negative più generali; esse sono le istituzioni che determinano la vita sociale moderna, cioè la Scienza assolutista e la Tecnologia che pervade la vita umana. C’era bisogno di quest’ulteriore chiarificazione, perché sappiamo bene che quando si propone la liberazione vegetariana dal Flagello causato dalla alimentazione carnivora, la Scienza attuale esclude questa proposta, sulla base del suo giudizio “scientifico” che la dieta carnivora è la migliore sotto tanti aspetti, se non addirittura indispensabile. Questo giudizio deriva dal fatto che ancora la Scienza non sa comprendere appieno l’alimentazione umana, sia perché le sue tecniche sono ancora parziali, sia perché la sua visione è parziale (ad es. non è olistica; per di più pretende di non avere alternative). Dice Lanza del Vasto: “Ma la verità è tutto. Avere una parte di verità, significa mancare del tutto della verità. Prendere la parte per il tutto, è perdere il tutto” (Lanza del Vasto, orig. 1959, op, cit., p. 225). Perciò la Scienza include una forte componente ideologica; la quale va in parallelo con i poteri forti della società; ad es. il suo precedente giudizio va a soddisfare gli istinti primordiali delle masse, come pure  gli interessi di enormi industrie alimentari.

Ma oggi si sta arrivando a capire che questo suo giudizio, giustificato ‘scientificamente’, è una trappola intellettuale. Sia pur lentamente, molti, sulla base delle loro esperienze personali, capiscono che è necessario il passaggio al vegetarianesimo, concepito come la risposta di colui che sceglie di essere mite con gli animali; e che in più, purificato dalla sua alimentazione vegetariana, tanto da fare la pace con la natura, si impegna nella vita sociale invitando gli altri a combattere l’attuale flagello della servitù sugli animali e, più in generale, la guerra alla natura e agli uomini e agli uomini. E così ristabilire il primato dei rapporti umani con se stesso e con la natura rispetto alla subordinazione alla struttura ideologica della scienza.

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