Gridare per i siriani
Questa mattina ho visto un video che circola tra i social. È l'interno di una casa siriana o di un rifugio di una città presa di mira dagli attacchi con armi chimiche. Ci sono corpi che giacciono per terra paralizzati dagli effetti devastanti delle sostanze letali. Alcuni corpi sono lungo le scale a dire l'ultimo, estremo, vano tentativo di mettersi in salvo uscendo all'esterno. Tutti hanno la bocca piena di schiuma. Molti sono bambini, altre donne. Sono immagini strazianti che farebbero crollare anche la più coriacea delle indifferenze, la più insensibile delle corazze che avesse smarrito ogni labile traccia umana. E fanno montare dentro l'animo l'indignazione, la rabbia, la collera verso il nonsenso della guerra, il coinvolgimento degli innocenti, la sorte dei poveri. Dovrebbero bastare di per sé quelle immagini a deciderci non solo di alzare la voce per chiedere ai potenti di intervenire a interrompere quella carneficina, ma perché da ogni angolo del mondo ci si muova in migliaia e migliaia per andare a invadere le case e le strade di Douma o di Ghouta e di tutte le città siriane sotto tiro. Lo diciamo oggi, giorno anniversario dell'impiccagione di Dietrich Bonhoeffer nel campo di concentramento di Flossembürg. Quel teologo e pastore, quell'uomo, ci ha insegnato a non rassegnarci alla violenza e scuoteva le fedi di ogni latitudine dicendo: “Solo chi grida per gli ebrei può cantare il gregoriano”.