Il calendario dei popoli
L'11 settembre non è solo ricordo e memoria, dolore e sangue. È anche monito silenzioso o urlato di vittime innocenti, la cui eco non si è spenta né da quell'11 settembre, che ricordano tutti nel 2001, e nemmeno per quell'altro di 45 anni fa in cui, un colpo di Stato (golpe) in Cile, feriva a morte una democrazia e dava inizio a un Calvario di violenze che si ha quasi pudore a raccontare. In entrambi gli 11 settembre la comunità internazionale non si accorse di quello che stava per accadere o semplicemente si voltò dall'altra parte. Tipico di chi è troppo piegato su se stesso, sulle questioni di casa propria come se fossero le uniche al mondo. Sindrome diffusa della miopia di chi non frequenta quotidianamente la palestra che allena a vedere con gli occhi del mondo, a riconoscere il dolore degli altri, a bandire dal proprio vocabolario quel “chi se ne importa” che è il concime delle ingiustizie. Perché l'11 settembre non è stato cancellato dal calendario e vive anche in altre date e per altri popoli. Ma, almeno, è un monito più per i polmoni che per le coscienze dal momento che ciò di cui abbiamo bisogno è solo di aprire la finestra e fare dei respiri più ampi. C'è aria consumata nella stanza.