Il pane e il vino di Riace
Ho conosciuto Mimmo Lucano in occasione del Congresso di MO-Unione Mediterranea, a giugno di quest'anno, a Riace. Ne ho ascoltato con piacere il racconto dell'impegno e delle difficoltà dell'esperimento in quel territorio.
Oggi è stato arrestato - per quel poco che ancora ne so - per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La giustizia guarderà le norme e i fatti e farà il suo corso, io qui esprimo una minima riflessione in chiave esclusivamente politica ed etica.
Il tentativo della comunità di Riace di mettersi in una prospettiva diversa da quella dominante - fatta di diffidenza e rifiuto - nei confronti di donne e uomini che migrano, penso sia un'esperienza interessante, da guardare almeno con rispetto.
La novità politica e il valore etico stanno proprio in questo: provare a vedere qualcosa che ordinariamente potrebbe sfuggire, anche per l'abitudine, l'induzione e il clima generale di allarme e cioè il migrante come persona e come persona capace di relazioni costruttive. Tutto qui: ma oggi non è poco.
Questo non significa togliere pregnanza alle esigenze legittime di sicurezza e al desiderio sacrosanto di non collaborare con un sistema che crea masse di disperati (neocolonialismo) ed è funzionale al mantenimento di spaventosi rapporti di forza tra Nord e Sud del mondo (come, su più piccola scala, accade all'interno dell'Italia tra gli stessi poli). Piuttosto, l'esperienza di Riace è un invito a non lasciarsi ingannare dalla paura mascherata di razionalità o sconfiggere dall'egoismo travestito da prudenza. Ecco, Riace è il tentativo di vedere le cose così come sono, di restituire il pane al pane e il vino al vino, la persona alla persona, la vita alla vita.