Se a scuola si fa politica
A preoccupare non sono tanto le irriverenze istituzionali di questo o quell'altro rappresentante delle istituzioni, né quelle spacconate da bar che ricordano il “guappo di cartone” o il bullo del quale si ride di gusto alle spalle. A preoccupare è quella chiazza d'olio d'ignoranza che vedi allargarsi nel Paese a macchiare comunità e generazioni con false convinzioni, con paure infondate e con un repertorio di antologia sloganistica. Più che protagonisti, giovani e adulti ne restano vittime inconsapevoli e talvolta si credono eroi del cambiamento. Come quei docenti della scuola di Torremaggiore (Foggia) che hanno annullato l'incontro previsto con Roberto Matatia, lo scrittore ebreo autore de I vicini scomodi – Storia di un ebreo di provincia, di sua moglie e dei suoi tre figli negli anni dei fascismo (Giuntina). Si racconta delle persecuzioni cui fu sottoposta un'intera famiglia, come tante a quell'epoca, in seguito all'entrata in vigore delle leggi razziali di cui ricordiamo gli 80 anni in questi giorni. La motivazione dell'annullamento è che "invitare a relazionare un ebreo è una scelta politica e, a scuola, non si fa politica". Non so che effetto faccia tutto questo a voi che leggete, in me suscita ribrezzo. Ribrezzo perché non si coglie il significato del fare politica di cui la scuola è una delle espressioni più alte e poi perché tappare la bocca a Matatia significa giustificare le persecuzioni di 80 anni fa, facendo in questo modo la peggiore delle politiche possibili, quella del fascismo. Che bello sarebbe che lo stesso scrittore, a partire da oggi, avesse l'agenda piena di 365 incontri nelle scuole d'Italia per raccontare a tutti i giovani ciò che non deve ripetersi mai più.