Nel nome di Nour
Quando pensavo d’aver già ascoltato tutto l’ascoltabile in termini di migrazioni, incontro Nour Essa, una giovane donna siriana fuggita dalla guerra tre anni fa insieme al marito e al suo bambino che all’epoca aveva un anno e mezzo. Scappano perché suo marito si rifiuta di diventare un altro fucile e un'altra vittima di quella guerra assurda. Obietta all’esercito di Assad, obietta alla violenza. Dopo lungo cammino tra Siria, Turchia e Grecia, dopo aver sborsato 5.000 dollari ai trafficanti di carne umana, sono stati respinti dalla Grecia per tre volte. “Abbiamo affrontato quel terribile viaggio in mare dalla Turchia in Grecia, - racconta con le lacrime agli occhi - per tre volte siamo stati riportati in Turchia dalla Guardia Costiera, una volta siamo finiti in mare, ero molto preoccupata per mio figlio che aveva appena un anno e mezzo”. Lei è biologa e suo marito architetto di giardini. La loro salvezza è stata l’incontro con Papa Francesco, il 16 aprile 2016, che li ha portati in Italia insieme ad altre due famiglie. Ora vivono a Roma. Lei e suo marito sono riusciti a trovare un lavoro temporaneo e stanno studiando per sostenere gli esami per il riconoscimento dei loro titoli accademici. Ma in Siria si combatte da 8 anni, si contano ormai più di 500 mila morti, 1 milione e 600 mila rifugiati all’estero e altrettanti in Siria. È ora di ritrovare la pace come il loro bambino che, solo dopo un anno, ha ripreso a sorridere.