Nel nome di Nour

15 ottobre 2018 - Tonio Dell'Olio

Quando pensavo d’aver già ascoltato tutto l’ascoltabile in termini di migrazioni, incontro Nour Essa, una giovane donna siriana fuggita dalla guerra tre anni fa insieme al marito e al suo bambino che all’epoca aveva un anno e mezzo. Scappano perché suo marito si rifiuta di diventare un altro fucile e un'altra vittima di quella guerra assurda. Obietta all’esercito di Assad, obietta alla violenza. Dopo lungo cammino tra Siria, Turchia e Grecia, dopo aver sborsato 5.000 dollari ai trafficanti di carne umana, sono stati respinti dalla Grecia per tre volte. “Abbiamo affrontato quel terribile viaggio in mare dalla Turchia in Grecia, - racconta con le lacrime agli occhi - per tre volte siamo stati riportati in Turchia dalla Guardia Costiera, una volta siamo finiti in mare, ero molto preoccupata per mio figlio che aveva appena un anno e mezzo”. Lei è biologa e suo marito architetto di giardini. La loro salvezza è stata l’incontro con Papa Francesco, il 16 aprile 2016, che li ha portati in Italia insieme ad altre due famiglie. Ora vivono a Roma. Lei e suo marito sono riusciti a trovare un lavoro temporaneo e stanno studiando per sostenere gli esami per il riconoscimento dei loro titoli accademici. Ma in Siria si combatte da 8 anni, si contano ormai più di 500 mila morti, 1 milione e 600 mila rifugiati all’estero e altrettanti in Siria. È ora di ritrovare la pace come il loro bambino che, solo dopo un anno, ha ripreso a sorridere.

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