La buona politica è al servizio della pace
Ormai da qualche giorno è stato reso noto il tema che accompagnerà la riflessione della Giornata mondiale della pace del 1 gennaio 2019: La buona politica è al servizio della pace. Mentre nella redazione di questa testata (Mosaico di pace) creatività e competenza si mescolano sapientemente per dar vita al consueto numero speciale (monografico), tento qualche considerazione come fosse una premessa. Perché il senso del tema, così com'è enunciato, è soggetto a interpretazioni multiple a seconda del significato e del valore che diamo a quelle piccole parole che sono “buona”, “politica”, “servizio” e soprattutto “pace”. Sono convinto che ci sono politici di carriera, affermati e sicuri di sé, quelli che nei dibattiti appaiono invincibili al punto da permettersi di deridere o sbeffeggiare l'avversario, quelli che ne sanno di economia, informazione, scienza, giustizia, ingegneria... che intendono la pace come l'assenza di un conflitto armato nei confini geografici (talvolta anche economici) del proprio Paese. Poco importa se negli stessi confini il lavoro non è più un diritto ma un miraggio, la casa è una speranza da “grattaevinci”, la condizione dell'ambiente una variabile indipendente. Poco importa se lontano dagli occhi, dalla rete e dalle televisioni si muore di guerra, di fame e di diritti negati come l'aria che manca. Immaginate di conseguenza quale sarebbe per quei politici, una buona politica! Insomma io penso che quando Papa Francesco ha scritto “buona”, “politica”, “servizio” e “pace” avesse in mente qualcosa di diverso – se non di opposto – al vocabolario che abita la testa di molti politici dei giorni nostri.