Ma un profeta non muore mai
Oggi in San Marco si celebrano le esequie del prof. Fabrizio Fabbrini, l'obiettore di coscienza. Si era nel 1965 e pertanto molto lontani dall'ipotesi di una legislazione che potesse riconoscere la possibilità di obiettare per motivi di profonde e rispettabili convinzioni etico-morali, filosofiche o religiose. Fabbrini, che era uno studioso del Diritto romano e della storia antica, da cristiano autentico qual era, fece valere il Vangelo e la riflessione dei Padri della Chiesa, di Tertulliano in particolare. Pur nell'apparente irrilevanza del gesto perché isolato e condito dai sorrisi beffardi dei benpensanti dell'epoca, la cosa dovette destare non poche preoccupazioni. Se poteva diffondersi tra i cattolici e i cristiani più in generale, la convinzione dell'inconciliabilità della violenza della guerra e dell'apparato militare con il Vangelo, ovvero se la nonviolenza diventava dottrina, si metteva a repentaglio un sistema. Questa era la sfida profetica di Fabbrini. Una sfida a suo modo realizzata se si pensa che da lì a un decennio l'obiezione di coscienza al servizio militare viene regolata da apposita legislazione e dopo qualche anno, viene abolita la leva obbligatoria. Non possiamo avere che un pensiero di gratitudine per chi, come il prof. Fabbrini, pagando di persona col carcere, profeticamente ha aperto una strada. Nelle nostre coscienze, prima che nella legge.