I cambiamenti dopo don Peppe
Sono passati 25 anni da quel tragico 19 marzo 1994. La vita di un testimone autentico del Vangelo di Cristo veniva sottratta nell'illusione di riuscire a mettere a tacere per sempre una voce scomoda, una coscienza capace di svegliarne altre mille, un alito di vita contro la cultura di morte del clan dei casalesi. Mi è parsa particolarmente significativa la testimonianza di Federico Cafiero De Raho, un magistrato che fu tra i primi a giungere sul luogo del delitto e che oggi è Procuratore nazionale antimafia. Quella di don Diana “era l’unica voce, con pochi altri, che si levava in un silenzio assoluto. In un’omertà diffusa era l’unico ad avere il coraggio nell’omelia di rivolgersi ai camorristi e dire parole forti, di confrontarsi con coloro che in quel momento comandavano. Quello che a noi sembra quasi normale, normale non era. Don Peppe, invece, manifestava un’alternativa, una possibilità di essere diversi. Era come don Pino Puglisi, anche lui guidava i giovani verso la strada della redenzione ancor prima che religiosa, sociale, umana. Una redenzione rivoluzionaria proprio perché faceva conoscere la libertà, la possibilità di esprimersi secondo le proprie emozioni, le proprie scelte, contro qualunque forma di costrizione e di intimidazione”.