Di ritorno dall'Isola di san Giulio: contemplattivi
Cara Madre Canopi, oggi l'Isola è particolarmente bella, luminosa. Siamo in tanti: oltre alla tua numerosa comunità c'è molta gente comune. Poi preti, suore, alcuni vescovi. Ci sono rappresentanti di varie comunità monastiche, vicine e lontane, volti e nomi conosciuti che con te hanno sicuramente lasciato un segno, un’impronta nella Chiesa e nella società. Il Signore ti ha chiamata a sé lo scorso 21 marzo, dopo 45 anni di abbaziato.
È tutto un po' particolare oggi, un po' strano. Soprattutto per me che non sono tanto abituato a questi ambienti. Il vescovo Franco Giulio ti ricorda con affetto come donna del Vangelo e lascia parlare alcuni tuoi testi. Poi usciamo e, cosa anche questa particolare, la bara viene caricata sul battello. Con te salgono anche le tue sorelle e noi per andare al cimitero. E mentre si fa un giro di saluto intorno all'Isola mi affiorano tanti ricordi: il vescovo Renato, molto vicino e simile a te (e non solo perché anche lui magrissimo..). Il vescovo Aldo, che ti aveva chiamata nel lontano 1973. Accanto alle altre tue sorelle e a lui, tuo fratello spirituale, riposi in pace nel piccolo cimitero di san Filiberto. Le monache, con voci angeliche, intonano vari canti mentre i muratori lavorano a sistemare la tomba. "Magnificat… deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles". E in quei lunghi minuti di attesa, penso alla morte e alla vita che continua. Per me non in un monastero, ma immerso nelle contraddizioni di questo mondo: penso alla discussione sulla Legittima Difesa, alle tragedia del Mozambico, alle tante paure di chi vive in mezzo alla violenza e alle guerre, ai bombardamenti su Gaza, agli F35 che vengono costruiti qui vicino a noi a Cameri (150 milioni di € l'uno) e che pare nessuno voglia mettere in discussione. Mi ricordo che ti avevo scritto, nel lontano 2007, una lettera aperta su questo: non è cambiato nulla. Penso alla maleducazione di un ministro nei confronti di un ragazzino (italiano o non italiano?) che vorrebbe la cittadinanza italiana. E mi ricordo di un altro ministro degli Interni che ai tempi se la prese con don Tonino Bello, usando le parole di un’invocazione liturgica: "A fame, peste et bello, libera nos Domine!". Che fatica a volte la vita… E come non ricordare proprio don Tonino Bello che invitava ad essere contempl-attivi, "con due tt". Per passare dalla contemplazione all’azione. Le monache intonano Ave Maris Stella: accanto a me la novizia, col velo bianco, allunga lo spartito invitandomi a cantare con loro. 'Per amor del cielo, non roviniamo tutto, è meglio che io faccia silenzio…' E ho fatto bene! Perché al coro si è unito un usignolo con un controcanto bellissimo, che ha strappato un sorriso anche alle monache. Ovviamente non lo abbiamo visto, e non sono neanche sicuro che fosse proprio un usignolo, anche lui ha rispettato la 'clausura'. Comunque era un invito ad essere in pace con se stessi, con gli altri e con il creato.
È il momento di ritornare. I canti sono finiti, il battello sta per ripartire per l'Isola. Io mi dirigo invece all'auto, sulla terra ferma. Come siamo diversi. Io non farei mai vita di clausura. Che ricchezza di carismi la diversità di vocazioni. Mi ricordo che tu, Madre Anna Maria, circa dieci anni fa, mi invitasti a parlare alle tue sorelle di pace, di disarmo. Io vi confessai il mio imbarazzo perché era la prima volta che mi incontravo per parlare di questi temi con le monache di clausura. “Stia tranquillo, non la mangiamo…" mi dicesti, prima di iniziare l’incontro. Sì, siamo proprio e per fortuna diversi. Ma chiamati tutti e tutte a vivere le parole di Sant’Ireneo, così care al nostro caro vescovo Aldo Del Monte: “La Gloria di Dio è l’uomo vivente”.