Corruzione non se ne può più
A questo punto mi convinco che non è che non riusciamo a scrollarci di dosso l'abito della corruzione è che piuttosto non ce la facciamo (o forse nemmeno ci stiamo provando) a disincagliarla da dentro. Il costume corruttivo, l'attitudine ad avvantaggiarsi del posto di potere, la mazzetta intesa come normalità per aggiudicarsi l'appalto, la corsa all'amicizia col potente di turno... ci abitano dentro. Molto al di là delle altisonanti dichiarazioni di principio, molto oltre i richiami etici e persino ben più in profondità dei rischi di essere scoperti con le dita nella marmellata come è successo 27 anni fa con Tangentopoli ma anche il mese scorso in Umbria e ieri in Lombardia, domani – pronto a scommetterci – chissà dove. Bisognerebbe porsi domande più profonde della semplice valutazione giudiziaria e politica. Vi sono richiami psicologici, considerazioni sociali, echi della storia passata... tutto questo ed altro ancora a costituire la miscela mortifera del carburante della corruzione in Italia. Per queste ragioni se è importantissima la dimensione investigativa e giudiziaria, se andrebbe perseguita senza alcuna diluizione quella politica, non va trascurata quella educativa. Bisogna ricostruire un tessuto sociale, ma anche interiore, intimo, personale, umano, che cominci a provare lo schifo per il fenomeno corruttivo, per i suoi effetti indesiderati e per quelli collaterali. La posta in gioco è troppo alta. Ne va della sana sopravvivenza delle nostre comunità.