Le falde civili si sono inquinate
L'editoriale di Glauco Giostra di domenica 12 maggio scorso su Avvenire mi piace troppo. Lo condivido e sottoscrivo dall'inizio alla fine e non saprei dire meglio le cose che dice. Per questo ne riprendo almeno uno stralcio:
“Si stanno avvelenando i pozzi della cultura, del dialogo, della civiltà, dell’umanità. Per avidità di facili consensi vi sono stati gettati dentro parole ostili, minacce, discriminazioni, intolleranze, xenofobie, fanatismi, rancore, slogan di sfacciata volgarità. Le falde civili ne sono ormai inquinate e, quel che è peggio, di ciò si sta progressivamente perdendo la consapevolezza. Giorno dopo giorno il sapore dell’acqua sembra meno sgradevole, si è di molto stemperato quell’insopportabile retrogusto che avvertivamo tempo fa già al primo sorso e che ce la faceva ritenere non potabile. Espressioni come 'pacchia', 'crociera', 'taxi del mare', 'oziosi palestrati', 'bambini preconfezionati che giungono sui barconi' riferite alle disperate vicissitudini di nostri simili e percepite inizialmente per quel che sono – oscenità verbali – vengono ormai considerate un linguaggio a tutto concedere «improprio», ma che sa andare al cuore del problema. Come l’auspicio che i condannati 'marciscano' in galera. Mandiamo giù quotidianamente frasette roboanti e tweet insulsi e cattivi. Magari rispondiamo con altri tweet di speculare banalità e aggressività, convinti che oggi non si possa che dialogare così. Eppure, se la Chernobyl culturale degli ultimi decenni non avesse debilitato tanta parte della nostra capacità critica, se il frastornamento prodotto da una informazione che offre un turbinìo di notizie e pochissima conoscenza non imponesse reazioni istantanee e irriflessive, forse ci accorgeremmo che molti stentorei proclami non sono altro che grossolane mistificazioni. Basterebbe spigolare qua e là”.