Se verrà la guerra
Condivido questi pensieri scritti la mattina di sabato scorso, prima delle deliranti esternazioni del ministro… a Milano, e prima che la nave Bahri Yanbu venisse avvistata al largo di Genova….
Così cantava Fabrizio De André, un grande cantautore genovese. E proprio a Genova dovrebbe arrivare in questi giorni la nave saudita ‘Bahri Yanbu’, carica di armi che rischiano di essere utilizzate anche nella guerra in Yemen.
La notizia è stata rilanciata da diverse associazioni per il disarmo nei giorni scorsi e ne stanno discutendo i ‘camalli’. Pare di capire che ci sarà un boicottaggio della nave in caso di presenza di armi. Questa situazione ci obbliga a riscoprire alcune riflessioni non solo economico-politiche (indispensabili!) ma anche di natura etica. Cioè qui entra in gioco la coscienza e il suo primato.
Lavorare per contribuire alla guerra?
È la questione più volte toccata anche sulle pagine di Avvenire, ricordando per es. don Tonino Bello, già presidente di Pax Christi, che scriveva all’operaio della fabbrica di armi.
Ce lo hanno ricordato anche i Vescovi della Sardegna lo scorso 28 dicembre. In Sardegna, a Domusnovas, c’è la RWM che produce bombe vendute dall’Italia all’Arabia Saudita che poi le usa per bombardare lo Yemen. Scrivono i Vescovi della Sardegna: “Sentiamo il dovere di dire no a tutto il business delle armi, in Sardegna e nel Paese intero. Chiediamo un serio sforzo per la riconversione di quelle realtà economiche che non rispettano lo spirito della nostra Costituzione (art. 11), del Trattato sul commercio delle armi dell’ONU del 2 aprile 2013 (Arms TradeTreaty – ATT), ratificato dall’Italia come primo Paese UE, e della legge italiana 185/1990, che proibisce esportazione e transito di armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”.
La storia ci ha consegnato innumerevoli testimonianze di obiezione alla guerra, durante il fascismo, e di obiezioni alle leggi razziali. I giorni che viviamo, oggi, in questo maggio 2019 ci impongono una riflessione etica e ci chiedono scelte secondo coscienza, anche di obiezione o boicottaggio in nome di un valore più grande della legge. Ce lo testimoniano le persone – spesso criminalizzate - che sulle navi soccorrono migranti che rischiano di morire in mare. Ce lo testimonia Giorgio, che in Sardegna si è rifiutato di lavorare alla RWM. Ce lo testimonia un vescovo austriaco, Ägidius, che nel 2016 si è rifiutato di far entrare nei terreni della diocesi le ruspe e i macchinari necessari alla costruzione di un tratto della barriera voluta per dividere l’Austria dall’Ungheria e fermare così i migranti. Ce lo testimonia il cardinale polacco Konrad che a Roma, riallaccia l’energia elettrica per 500 persone.
E credo ce lo testimonieranno i camalli del porto di Genova se la nave ‘Bahri Yanbu’ dovesse arrivare effettivamente carica di bombe e armi. C’è un primato dell’etica che dovremmo riscoprire con urgenza. Anche nelle nostre comunità cristiane. Non tutto ciò che è lecito è anche etico. Qualche giorno fa, un amico, Adriano, mi suggeriva di riflettere e ‘organizzare’ una rete di solidarietà con relativo sostegno economico a chi si rifiuta di lavorare in fabbriche di armi. La disponibilità e il suggerimento di Adriano andrebbe valutato seriamente, come sostegno fattibile, come condivisione di comunione nei confronti di chi rifiuta di collaborare con la guerra.
Cesara, Sabato 18 maggio 2019
Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi