A Eugenio Melandri
Ed è finito il tempo delle parole. Sola sopravvive la memoria. Un tempo in cui non hai mai smesso di “lavorare la terra”. Con La Sapienza dei poveri e la forza degli sconfitti. Con lo sguardo lungo dei profeti e quello profondo dei sapienti. Compagno. Fratello. Amico. Con i poveri nell’anima e tu nell’anima dei poveri. Sguardo bambino sulla pelle del mondo e coscienza indignata per i suoi mali. Eugenio delle proposte ardite. A volte incomprese. Quello dell’amicizia dolce e spontanea. Quello dell’abbraccio avvolgente capace di liberarti l’anima. Tu, Premio Nobel della vita che non hai mai smesso di ringraziare anche quando sembrava lei, ingrata, a chiederti di pagare un conto troppo alto. Trasparenza di sguardo e di coscienza, ora contempli Colui per il quale hai scelto l’abbandono. Tu che hai irriso i confini guadandoli tutti con passo di danza, ora ne attraversi l’ultimo. E il cielo si inchina al tuo passaggio e tu sorridi. Sorridi e piangi sussultando ancora come un bambino nel grembo di questa storia sempre incerta.