Esuberi
Esubero – da vocabolario – è il sovrappiù di cui si può (e in alcuni casi si deve) fare a meno. È la dichiarazione di inutilità che è, come dire, di fallimento. Perché se abbiamo sedie in esubero, le mettiamo in magazzino, in deposito da qualche parte e pace. Ma se ad essere in esubero sono persone in carne e ossa, con intelligenza e sentimenti, con affetti e prospettive, allora la parola che viene adoperata con asettica neutralità tecnica nella gestione del personale, fa di tutto per nascondere come una tenda tutto il suo tragico spessore umano. Lucia Morselli che è l'amministratore delegato in Italia di ArcelorMittal annuncia un piano con “4.700 esuberi” e non si tratta di rami da tagliare o di figurine di calciatori che da piccoli chiamavamo “doppioni”, ma di uomini e donne che vivono grazie al loro lavoro, di famiglie con figli a cui portare il pane. Dire esubero è troppo poco e, soprattutto, rischia di non essere rispettoso. Sono persone, esseri umani. Più importanti di ogni piano strategico di mercato. Devono essere al centro di una programmazione seria, devono essere protetti, salvaguardati. Devono essere il fulcro di ogni futura ridefinizione dell'azienda e della sua attività. Quindi tutt'altro che esuberi. Non eccedenza ma essenzialità, non peso ma leva, non numeri e spesa ma punti di forza per un progetto resiliente.