Gli appunti di Walter Tobagi
Sì, ha ragione Roberto Zichittella, Walter Tobagi era un giornalista che sapeva prendere appunti. Uno che la cronaca se l’annotava fino a scolpirla in un quaderno e poi nell’inchiostro della pagina di giornale del giorno dopo oppure, chissà, dopo qualche mese o qualche anno. Perché prendere appunti non è semplicemente utile, è importante. Segna un salutare abbassamento nell'umiltà di chi sa che ha solo e sempre da imparare. È la consapevolezza dell’importanza, ma anche del limite, della memoria. Ed è come lucidare le scarpe alle parole. Le parole sono pietre. E servono per costruire pareti e case e non per essere scagliate contro. Quell'uomo era decisamente di un'altra epoca. Quando i fatti si guardavano negli occhi e stando in piedi e non davanti a uno screen seduti eternamente nell'homeworking. Non si interrogava Google, ma i protagonisti in carne e ossa e, spesso, anche sangue. E si prendevano gli appunti. Come a scuola. La scuola della vita. Sì, in ultima analisi io penso che Walter Tobagi sia un grande giornalista perché prendeva appunti. Anzi penso che addirittura sia stato ucciso solo perché era uno che prendeva appunti. E poi li sviluppava.