L'inno di Sergio
Confesso apertamente la mia scarsa inclinazione verso tutte le forme di patriottismo e nazionalismo. Alle bandiere tricolore alle finestre come all'inno cantato a squarciagola, alle frecce tricolore in cielo e alla retorica che esalta gli italiani a dispetto di tutti gli altri abitanti del pianeta. Le ragioni della mia indifferenza sono tante e forse non interessano a nessuno. Poi per onestà devo confessare che quando ascolto l'inno mentre sul podio olimpico viene premiata una nuotatrice, un atleta, una squadra, non riesco a contenere l'emozione. Penso alla costanza, ai sacrifici, allo sforzo quotidiano che dev'essere costato quel successo meritato. Ma l'altra sera, nella cerimonia iniziale della partita finale di Coppa Italia la mia riconciliazione con l'inno si è completata. Gli organizzatori hanno invitato ad eseguire l'inno nazionale Sergio Sylvestre che è un giovane cantante afroamericano nato a Los Angeles da un messicano e una haitiana. Sylvestre pare che si sia innamorato del nostro Paese visitando il Salento e decidendo poi di stabilirsi a Lecce. I giornali che solitamente "inzuppano il pane" nel dettaglio, non hanno evidenziato l'aver scelto un nero non italiano per eseguire l'inno, ma hanno notato e denunciato che a un certo punto il cantante si è bloccato "perché non ricordava le parole". Oggi circola in rete un video in cui Sylvestre candidamente dichiara che quell'atmosfera insolita fatta di eco da stadio vuoto e di tensione per la posta in palio, lo ha emozionato fino a fargli interrompere per un attimo la sua esibizione. E io ho avuto la mia razione di didattica a distanza.