Non solo ignoranza
C'era una volta una verità indiscutibile che la sapienza dei latini aveva virgolettato con "Contra factum non valet argumentum", ovvero che "davanti ai fatti non si discute". Un riscontro vale più di un ragionamento, la concretezza è l'unica strada verso la verità. Da qualche tempo invece negli anfratti dei social si annidano individui che arrivano ad espandersi in gruppo per incoraggiarsi gli uni gli altri nel convincersi che l'evidenza è dei pecoroni e che le uniche menti che, indipendenti, si elevano sul resto dell'umanità, sono quelle che non cascano nel luogo comune scientifico, smentiscono clamorosamente le credenze messe in giro da Grandi Fratelli che vogliono manipolare le coscienze a proprio vantaggio e così via. Per intenderci sono quelli che: la terra è piatta e che le scie chimiche e che le quattro stagioni, che la pandemia è un'invenzione come pure i campi di concentramento nazisti e che le vaccinazioni sono il flagello dell'umanità. Inizialmente (e superficialmente) ho sempre considerato queste reazioni sussulti scomposti di gente ignorante, nel significato letterale di coloro che non sanno. Col tempo mi sono persuaso che il problema è più profondo. È una miscela velenosa tra ignoranza e presunzione, desiderio di prevalere e ricerca identitaria, vanità intellettuale e sindrome del sospetto sistematico. Insomma è questione sociologica, di antropologia di rete, psicologica e - frequentemente - psichiatrica. Un fenomeno di tale evidenza che solo i negazionisti potrebbero negare.