San Vito dei Normanni, ex base USAF, quale destinazione?
A distanza di 10 anni dalla formale radiazione da parte dell'aviazione americana di questa famosa base di spionaggio elettronico ancora non si riesce ad avere sicurezza su quale sarà il suo destino finale, anzi essa è al centro di nuove polemiche, come mai?
Per comprendere tutto ciò occorre ripercorrerne la sua lunga e travagliata storia.
San Vito e la guerra fredda
La base USAF di San Vito dei Normanni fu attivata , grazie ad uno dei tanti accordi segreti tra governo italiano e gli Stati Uniti d'America, in piena Guerra Fredda l'1 novembre 1960.
Il contesto
Erano gli anni più bui di quel terribile periodo nel quale ogni giorno poteva essere quello buono per scatenare un conflitto nucleare tra le due superpotenze e con esso portare alla distruzione l'intera umanità.
Da entrambi i fronti si procedeva, da un lato, alla rincorsa nel dotarsi di centinaia di missili a testata nucleare, di silos corazzati, alla costruzione di nuove generazioni d'aerei capaci di portare la morte nucleare anche nei posti più lontani (es: l'americano B52), dall'altro, procedendo alla rivoluzione tecnologica, quella che ha poi portato , negli anni novanta, al predominio globale dell'unica superpotenza mondiale rimasta, gli USA.
In questo campo, grandi risorse furono riservate da parte del congresso americano all'apposita branca dell'aviazione americana dedicata alla guerra elettronica e naturalmente allo spionaggio.
Riuscire a sapere in tempo reale cosa diceva il "nemico" avrebbe potuto essere la mossa vincente nel lanciare in anticipo quel "first strike" che (illusoriamente) avrebbe potuto permettere agli USA di colpire per primi i gangli vitali del blocco sovietico e permettere la sopravvivenza del mondo occidentale.
In quest'ottica, mentre si procedeva allo schieramento di missili intercontinentali sul territorio americano, altri venivano installati lungo tutto il confine della Cortina di Ferro per poter colpire, agevolmente, in caso di attacco il cuore della Unione Sovietica.
La Puglia, in questo caso , per la sua posizione geografica rivestiva un importantissimo e duplice ruolo: quello di essere la vedetta avanzata dello schieramento Nato e americano al confine sud-orientale , ma anche punta di lancia con un efficace sistema missilistico a bombe termonucleari ( sistema Jupiter), installato nell'entroterra barese (con epicentro Gioia del Colle), avente a tiro tutti i paesi dell'Europa Sud-orientale, smantellato, pochi anni dopo, solo grazie alla crisi di Cuba del 1963.
Di pari passo, mentre l'Aeronautica statunitense, per il sistema Jupiter, installava un sistema di comunicazioni segretissimo e superprotetto nelle profondità delle gallerie del 3° ROC di Martina Franca (cogestito con l'Aeronautica Militare Italiana), si procedeva nel frattempo nell'installazione della parallela base di intelligence di San Vito.
Ricordiamo, comunque, che ciò che avveniva in Italia ed in Puglia si ripeteva anche in tutti i paesi a "sovranità limitata" , dalla Norvegia fino alla Turchia, con identici schieramenti di basi di spionaggio e di rampe missilistiche.
La scheda
Nel 1959 arrivarono i primi americani a San Vito dei Normanni e dopo aver perimetrato i 127 ettari in località Pozzo de Vito diedero il via alla costruzione delle installazioni logistiche che permisero poi al 6917.mo Radio Squadron Mobile nel novembre del 1960 a entrare in attività.
Nel 1963 questo reparto cambia denominazione in quella più appropriata di 6917° Electronic Security Group affiancato in seguito dal 2113rd Communication squadron ed infine da una sezione distaccata della marina americana , Naval Security Group Activity.
Nel frattempo si procedeva alla costruzione di quella mastodontica e per molti, misteriosa, struttura che prese il nome di "The Elephant's Cage (la gabbia dell'Elefante).
Una grande struttura circolare, a cerchi concentrici, disseminata di antenne , di diverse dimensioni disposte lungo i 360 gradi di essa e che ha contraddistinto il panorama della Contrada Pozzo di Vito a mezza strada tra Brindisi e San Vito dei Normanni.
Più misteriosi erano i bunker sotterranei sui quali si mormorava che custodissero quei missili Jupiter ritirati da Gioia del Colle , dopo l'accordo tra Kennedy e Krusciov, nascosti lì in caso di crisi nucleare.
Ben più semplicemente, altri segreti furono custoditi in quei bunker ed erano quelli che venivano carpiti quotidianamente dalle centinaia di specialisti dell'intercettazione, traduttori e crittografi che, grazie a quelle antenne e a potentissime apparecchiature radio, ascoltavano ogni comunicazione telefonica, radio, telex, telegrafica, video, dati proveniente, non solo dal blocco orientale, ma anche dai cosiddetti paesi amici occidentali, compresa l'Italia.
Nel 1967 l'attività di spionaggio di San Vito passa alle dipendenze operative alla NSA (National Security Agency) , la più segreta delle centrali di spionaggio americana, quella che di fatto gestisce il famigerato sistema ECHELON e le sue derivazioni.
Fu il 67 l'anno cruciale per la base nel sostenere il crescente interventismo americano nelle aree di crisi mondiali: l'appoggio USA al colpo di stato dei colonnelli in Grecia , ad Israele nella guerra dei sei giorni, al confronto a distanza tra le Flotte Nato e sovietica nel Mediterraneo, allo sforzo bellico in ascesa nella guerra del Vietnam.
Da quell'anno il numero di uomini e mezzi crebbe esponenzialmente arrivando ad ospitare fino a circa 5000 cittadini statunitensi, tra operativi e le loro famiglie , che in parte furono ospitati nei 280 alloggi interni alla base, ma molti altri nei paesi circostanti: San Vito , Brindisi, Carovigno, Ostuni ed addirittura nel villaggio di Curtiprizzi di proprietà di Albano, a Cellino.
Si innescò un giro di interessi trasversali che vanno dalla speculazione edilizia , fino al traffico di stupefacenti che insieme ai quasi 170 miliardi di vecchie lire pompati( con le ricadute "legali") all'economia brindisina ne condizionarono per gran tempo la possibilità di un suo autonomo sviluppo.
Per circa 30 anni la base portò nella piccola provincia brindisina un pezzo di America , che non sempre rimase chiusa nell'enclave di San Vito, con le sue scuole, i due cinema, il teatro, le palestre, i campi di golf, la clinica medica, ecc. di fatto contaminò , culturalmente, il territorio e le popolazioni circostanti.
Per tutti gli anni sessanta e settanta l'ammissione all'interno della base USAF ha significato un riconoscimento di status per tanti giovani brindisini: lì venivano organizzate feste e concerti da sogno e molto spesso lì dentro nacquero storie d'amore tra cittadini italiani e americani; lì molti i figli della Brindisi bene poterono frequentare le scuole americane, compresi i figli di Albano e Romina.
L'altra faccia della medaglia
Purtroppo , da lì, arrivarono LSD ed altre droghe che si diffusero tra gli strati giovanili del brindisino, determinando una vera ecatombe generazionale ed il fiume di dollari speso nei fitti delle abitazioni produsse un anomalo aumento dei fitti delle abitazioni aggravando tra le fasce di popolazione meno abbienti il problema abitativo.
Inizia il declino
All'inizio degli anni 80 si avvia il ridimensionamento degli organici USA , per una serie di tagli al bilancio militare statunitense, essendo terminata la guerra del Vietnam e riaperto il canale di Suez dopo la pace tra Israele ed Egitto , ma anche con l'affermazione della tecnologia satellitare che rendeva superflue ed antiquate le grandi installazioni fisse come San Vito.
La guerra del golfo del 91 fu l'ultima operazione convenzionale alla quale partecipò la base e nonostante la crisi balcanica, con il disfacimento del Patto di Varsavia, arrivò l'ordine di smobilitazione della base( insieme ad altre 27 in sette nazioni d'Europa) che da aprile 93 cessò di operare con lo scioglimento del 6917° Security Group e del gruppo di Sicurezza Navale.
San Vito cambia volto
Alla partenza degli specialisti del 6917°, l’Aviazione americana (USAF) non abbandonò San Vito, anzi, decise l'istituzione del 775,mo AIR BASE GROUP che, con qualche centinaio di militari ebbe il compito di sorvegliare le apparecchiature rimaste, la grande antenna , alcune strutture importanti per la NSA ed il sistema Echelon come la stessa stazione di osservazione solare, importantissima per il controllo del funzionamento dei sistemi satellitari militari e civili.
Nel frattempo sul territorio s'innescò un vivace dibattito tra le amministrazioni comunali che più si ritenevano interessate ad un possibile ritorno alla società civile di questo pezzo di territorio per tanto tempo espropriato. Varie furono le proposte ed una sembrò essere quella che potesse unificare i diversi interessi: quella del CONI volta a fare di essa una cittadella per i giochi internazionali giovanili, capace di unire sotto il segno pacificatore dello sport i diversi popoli che si affacciano sul Mediterraneo.
Questo sogno ,purtroppo, rimase nel cassetto a causa delle esigenze belliche connesse all’acuirsi della crisi balcanica e della successiva guerra del Kosovo.
Il vicino Aeroporto militare di Brindisi , dopo essere stato coinvolto nel 91a allo sforzo bellico della Coalizione anti-Saddam, a seguito della guerra civile nella exYugoslavia fu messo a disposizione delle operazioni NATO ed ONU su quello scacchiere.
Alla fine del 93 ,a Brindisi, giunsero i reparti delle forze speciali Navy Seal, seicento uomini della Joint Operation Task Force-2, assegnata alle missioni "Deny flight "e "Provide Promise"
Il loro compito era ufficialmente quello di condurre operazioni speciali all'interno del territorio exyugoslavo, volte al recupero di piloti di aerei USA e Nato eventualmente abbattuti dai serbi, ma di fatto anche per sostenere segretamente le operazioni condotte da CIA e NSA alle spalle delle linee serbe. Così, mentre gli elicotteri Black Stallion e le cannoniere volanti AC-130 "Spectre" stazionavano presso le piste dell'Aeroporto militare Pierozzi di Brindisi, i loro equipaggi , insieme a quelli di un gruppo di elicotteristi francesi, poterono utilizzare San Vito come punto di appoggio logistico e stazionamento.
1994, l’anno della svolta
il 12 agosto 1994 ,con una piccola cerimonia , il 775° Air Group cessa di esistere e con esso gran parte delle attività che avevano mantenuto sino ad allora efficiente la piccola cittadella americana, gli alloggi, le scuole, gli impianti sportivi e tutte le attività collaterali alle quali erano interessati anche i circa 350 impiegati civili italiani.
Questi ultimi, solo dopo molte vicissitudini e proteste, grazie ad una particolare legge dello stato italiano furono ricollocati in altre attività sul territorio.
Contemporaneamente, il 12 Agosto, nasceva un altro reparto anch’esso dell'aviazione USAF, il 775° Air Base Squadron composto da circa 200 uomini e dipendente dal 616° gruppo di Aviano.
Questo fu il segnale definitivo del cambiamento di ruolo di San Vito che, da base di guerra elettronica, passava ad essere punto di supporto agli interventi negli scenari bellici degli anni 90 in primis l'attacco a quel che rimaneva della vecchia Yugoslavia.
In questo contesto , a Brindisi, il partito della guerra e del militarismo, connesso a quello degli affari loschi e che da sempre ha svolto un ruolo importante in città esultava , sognando una nuova pioggia di dollari , anche se questo significava coinvolgere Brindisi in foschi scenari di guerra.
Sulle pagine dei quotidiani locali si ipotizzava di spostare su Brindisi almeno uno squadrone di caccia bombardieri americani A-10 di stanza ad Aviano, prendendo il posto del 32° stormo dell'Aeronautica italiana che, proprio in quei giorni, veniva destinato ad Amendola a causa di tagli nel Bilancio Difesa.
Un partito fortissimo, che ritrovò compatto ad appoggiare la decisione dell'allora ministro Previti di destinare parte dell'aeroporto di Brindisi alla creazione della Mega-Base logistica dell'ONU per le operazioni di Peace-Keping.
Questo partito si mise a fare la voce grossa in città, prospettando centinaia di assunzioni presso le nuove strutture ed attaccando ferocemente gli oppositori sia che essi fossero semplici cittadini, pacifisti, sia amministratori, come il Sindaco Errico, che dopo pochi mesi dal suo insediamento fu costretto a dimettersi.
Brindisi una città di guerra
Dal 1994 e fino a tutto il 1999 Brindisi visse un periodo che la riportò indietro di sessant'anni , facendole ricordare i lutti e le distruzioni che l'avevano colpita durante la seconda guerra mondiale.
Il rombo dei quadrimotori AC-130 , si mischia con quello degli elicotteri delle forze speciali USA durante tutte le ore del giorno e della notte ed ad esso si aggiunge quello dei Galaxi americani che scaricano uomini e mezzi nell'aeroporto brindisino, destinati a tutto lo schieramento NATO ed ONU, ma anche, secondo reportage della stessa stampa americana, nel rifornire segretamente di armi ed istruttori le milizie croate e mussulmane-bosniache.
Con l’acuirsi della crisi con la Serbia la città si ritrovò con i missili del sistema Spada posti a difesa di essa e degli impianti industriali perché ritenuta obbiettivo di contrattacco missilistico serbo.
In piena guerra del Kosovo, aerei NATO colpiti da contraerea serba o in avaria tecnica, fanno scalo a Brindisi ed i loro equipaggi vengono accolti nella base di San Vito. Da essa si muovono i Navy Seal che recuperano con i loro Elicotteri Black Stallion il pilota dell'aereo invisibile Stealth abbattuto su Belgrado. Tutto ciò è accompagnato da una riattivazione delle centrali di intercettazione nella Base, grazie all'arrivo, presso di essa, degli uomini di un reparto speciale appoggiato da una squadriglia di "Snake", bimotori statunitensi da guerra elettronica, spostati in quella primavera del 99 nell'aeroporto Pierozzi.
Gli USA se ne vanno
Con la fine della guerra del Kosovo, San Vito perse definitivamente ogni importanza, partirono i Navy Seal, i loro aerei ed elicotteri, ad eccezione di un reparto addetto alla sorveglianza del perimetro esterno e alla efficienza della stazione di osservazione solare della NSA.
Venne subito istituita una commissione paritetica USA-Italia , il cui capo delegazione per parte italiana, il colonnello Giorgio Serravalle, ha trattato la cessione dagli USA al Ministero della Difesa Italiano.
La grande antenna, che un primo momento a causa degli alti costi di rimozione, sembrava fosse destinata a rimanere lì come ricordo perenne della Guerra Fredda ,venne smantellata e portata via.
Intanto a seguito degli ultimi controlli di routine effettuati dagli americani, a partire dai primi anni novanta , si rilevava nei sotterranei e negli edifici della base un brusco rialzo dei livelli del GAS RADON, un gas radioattivo naturale, prodotto da processi di decadimento dell'uranio e definito un silent Killer dagli esperti.
Fenomeni naturali o inquinamento nucleare?
Alle spiegazioni ufficiali che ipotizzano di anomalie dovute a cause naturali si contrappongono alcuni fatti, quali quelli che a San Vito hanno stazionato negli ultimi sette anni gli equipaggi delle cannoniere volanti AC-130, le loro munizioni, compresi i proiettili ad uranio impoverito dei quali esse sono dotate, che siano state stoccate presso quella base armi e munizioni senza nessun controllo sulla loro natura, che tra le apparecchiature della base vi sono stati alcuni radar militari che utilizzavano componenti che emettono raggi ionizzanti e che sono fonti di inquinamento nucleare e dei quali non si hanno notizie sulle procedure di smaltimento.
Con il transito di competenze al ministero della Difesa Italiano, i nuovi rilievi saranno effettuati dal Centro interforze Studi ed Applicazioni Militari di San Pietro in Grado (PISA) (lo stesso che ha al suo attivo l'indagine militare sull'uranio impoverito in Kosovo e il monitoragGio di Comiso dopo la dismissione dei missili Cruise a testata nucleare).
San Vito passa agli italiani, ...o meglio ... ai militari
Il 24 luglio 2003 nella base americana di RAMSTEIN , in Germania, con una cerimonia ufficiale , alla presenza del colonnello Casertano (per lo Stato Maggiore dell'AM) e del comandante dell'aeroporto di Brindisi, Rolando Tempesta avviene il passaggio di San Vito dall'Aeronautica USA a quella italiana, quasi fosse una riconsegna di una preda di guerra o comunque un fatto che riguardasse solo i militari.