In memoria di tre p
Uscito nelle sale italiane il 21 gennaio, Alla luce del sole, il nuovo film di Roberto Faenza dedicato a padre Pino Puglisi, per gli amici “3P”, è un’opera che colpisce profondamente e lascia il segno per la maestria, il rigore e la poesia con i quali riesce a narrare il sogno del sacerdote ucciso dalla mafia a Palermo nel giorno del suo 56° compleanno, il 15 settembre 1993.
“Rompeva le scatole”
Dopo le stragi di Capaci e di Via D’Amelio che avevano coinvolto nel 1992 i giudici Falcone e Borsellino e le bombe di mafia a Roma, Firenze, Milano del 1993, Papa Giovanni Paolo II il 9 maggio 1993, ad Agrigento, aveva scagliato un terribile anatema contro la mafia: “Dio ha detto una volta: non uccidere.
Nel nome di Cristo, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”.
Per informazioni ulteriori http://www.allalucedelsole.it
Le cause che scatenarono la loro rabbia sono state espresse in modo sconcertante dal pentito Giovanni Drago: “Il prete era una spina nel fianco.
Predicava, predicava, prendeva ragazzini e li toglieva dalla strada. Faceva manifestazioni, diceva che si doveva distruggere la mafia. Insomma ogni giorno martellava, martellava e rompeva le scatole”.
Gli angeli di strada di don Pino
Padre Puglisi era nato a Palermo nel 1937 da una famiglia umile. Già a partire dai primi incarichi la sua opera si svolge su un duplice binario: attività con i giovani e battaglie sociali in difesa della legalità e dei diritti negati ai più deboli (educazione, salute, abitazioni decorose).
Era un intellettuale raffinato, ma non lo faceva capire, mettendo la sua cultura a servizio di un’innata capacità di entrare profondamente in contatto con gli altri.
Visse sempre poveramente, la sua modestissima casa era piena solo di libri di teologia, filosofia, psicologia e pedagogia. Precursore delle riflessioni emerse dal Concilio Vaticano II, seppe dialogare e collaborare con chiunque cercasse giustizia e solidarietà, anche se non credente.
Gli proposero gli incarichi più gravosi e lui li accettò, fino a tornare nel quartiere dove era vissuto da bambino.
Nel 1990 diventa infatti parroco a Brancaccio, uno dei quartieri più a rischio di Palermo, dove il lavoro nero, il contrabbando, lo spaccio di droga, i furti, la povertà sono all’ordine del giorno.
I bambini vivono in strada e moltissimi di loro evadono la scuola. Nonostante
mille difficoltà, don Pino riesce a inaugurare il 29 gennaio del 1993 il Centro Padre Nostro.
Un regista tra militanza intellettuale, penna e cinepresa
Faenza ha cominciato a fare cinema quando il cinema era anche politica e rivoluzione. Confermando la sua capacità di creare grandi emozioni, il regista racconta in Alla luce del sole proprio il lavoro pedagogico di padre Puglisi a Brancaccio, quando, proponendo un nuovo modello educativo, realizzò un’azione più pericolosa della repressione: la trasformazione delle coscienze.
Partito dall’esperienza del ’68 con i film politici Escalation, H2S, Forza Italia, (film di montaggio aspramente censurato per l’attacco critico
H2S (1969)
Forza Italia! (1978)
Si salvi chi vuole (1979)
Copkiller (1983)
Mio Caro Dr. Grasler (1990)
Jona che visse nella balena (1993)
Sostiene Pereira (1995)
Marianna Ucrìa (1997)
L’amante perduto (1999)
Prendimi l’anima” (2003)
I giorni dell’abbandono (in fase di post-produzione, in uscita nell’autunno 2005)
La mafia colpita al cuore
Alla luce del sole si discosta dalla linea appena trascorsa delle produzioni internazionali del regista, proponendo un cast artistico tutto italiano, in prima linea uno straordinario Luca Zingaretti affiancato da moltissimi, eccezionali attori bambini non professionisti, spesso con storie difficili alle spalle.
Inoltre la sua scarna essenzialità mette da parte la ricercatezza e l’eleganza formale, espresse in altri casi da Faenza. Ma si tratta di scelte strumentali all’esigenza di riaccendere “un profondo dibattito sull’educazione alla legalità soprattutto oggi, in tempi di assordante silenzio sulla mafia”.
Don Garau, altro prete di frontiera sulle orme di don Pino, ha affermato: “Alla luce del sole colpirà profondamente la mafia perché parla il linguaggio dei bambini e il linguaggio dei bambini è quello del cuore dell’uomo”, mentre il magistrato Patronaggio, artefice della cattura dei killer di don Puglisi e presente alla proiezione riservata al clero della diocesi di Palermo del 9 dicembre scorso, ha sottolineato come quella di Faenza sia “una ricostruzione emozionante e intrigante, dove i mafiosi sono rappresentati privi di fascinazione”.
Il cardinale Salvatore De Giorgi, arcivescovo di Palermo, ospite d’onore in quell’occasione, ha d’altra parte dichiarato commosso che, conclusa la fase diocesana ed essendo attualmente la documentazione all’esame della
Esattamente come in due scene del film, nella parrocchia di don Garau sono state rubate le elemosine e tagliate le gomme dei fedeli, un chiaro messaggio di stampo mafioso. La risposta di don Garau è stata la richiesta al sindaco di Palermo di diffondere la visione del film nelle scuole dei quartieri più disagiati.
Un mondo diverso è possibile
L’ultima parte di Alla luce del sole sembra segnare le tappe di una Via Crucis: don Pino è percosso; in una delle scene più commoventi, rinchiuso in un bagno, mentre fuori della porta vigilano a testa china, ma senza addormentarsi, due dei suoi piccoli angeli bambini, vive il suo Getsemani di dolore e sconforto e forse la tentazione di chiedere e decidere di allontanare da sé la certezza di un destino ormai segnato.
Poi la condanna, l’esecuzione. E la resurrezione. La filmografia di Faenza è sempre stata segnata dal filo della speranza e dalla possibilità di agire nel presente legata alla volontà.
Negli ultimi fotogrammi il pianto del piccolo Carmelo si trasforma in sorriso. Carmelo è il bimbo che silenziosamente (pronuncia pochissime battute) compie un cammino di trasformazione, dal furto delle autoradio alla consegna del suo grimaldello.
L’ultimo primo piano del bambino coglie alle sue spalle un sarcofago, quasi a ricordare una nuova pietra tombale da rimuovere, quella di ogni mafia.