Quanti giorni all'alba?
L'appello "Quanti giorni all'alba?" invita al digiuno tutte le persone che vogliono mettere a disposizione il loro corpo per la liberazione di Giuliana Sgrena e delle altre persone sequestrate in Iraq. Di seguito le modalità per digiunare e per rendere efficace questa pratica nonviolenta.
Innanzi tutto è necessario segnalare la propria adesione all'appello attraverso il sito internet http:///www.pergiuliana.org (oppure all'indirizzo adesioni@pergiuliana.org o al numero telefonico 06/68719472).
È preferibile utilizzare il sito perché organizza automaticamente il database, diminuendo così il lavoro dei volontari addetti alla gestione delle adesioni.
All'interno della segnalazione è importante dichiarare il giorno e la forma con la quale la singola persona o la comunità digiuneranno.
Ad esempio "Mario Rossi aderisce al digiuno per Giuliana venerdì 4 marzo, dall'alba al tramonto.
Porterò durante il digiuno ma anche nei giorni successivi una fascia bianca al braccio".
Oppure "Giuseppe Verdi aderisce digiunando tutti i mercoledì da oggi alla fine dell'iniziativa. Sono inoltre disponibile a presidiare Palazzo Chigi il giorno 4 marzo nei modi previsti e segnalati sul sito http://www.pergiuliana.org".
È inoltre possibile segnalare se il gruppo aderente organizzerà un digiuno pubblico nella città di appartenenza (in tal caso è fondamentale avvisare i giornali locali con un comunicato stampa). Per il calendario degli eventi è comunque necessario fare riferimento a quanto segnalato sul sito che sarà aggiornato il più frequentemente possibile.
Il digiuno pubblico e comunitario "Quanti giorni all'alba?" è stato lanciato ieri a Roma da un gruppo di religiosi cristiani, mussulmani ed ebrei e rappresenta un grido sofferto, pagato sulla pelle di chi aderisce, per chiedere al governo italiano il ritiro delle truppe dall'Iraq; per chiedere la liberazione di Giuliana Sgrena, Florence Aubenas, Hussein Hanoun, delle altre persone sequestrate; per chiedere la fine dei bombardamenti su Ramadi e l'apertura di un corridoio umanitario; per chiedere la fine dell'utilizzo delle bombe a grappolo o cluster bombs e la liberazione e di tutto il popolo iracheno. Ma soprattutto con questo digiuno si chiede con estrema decisione la fine di una guerra spaventosa, essa stessa generatrice di terrorismo.
Si tratta di un digiuno pubblico, interreligioso e comunitario perché chiediamo che a viverlo siano gruppi e comunità religiose e non. In questo frangente è importante metterci insieme, digiunare insieme nel rispetto delle singole tradizioni e culture di appartenenza. Per questo chiediamo la partecipazione al digiuno a tutte le realtà, organizzate e non, che si oppongono ad un sistema di violenza, che fa della guerra lo strumento per mantenere l'oppressione dei popoli.
A tutti i gruppi coinvolti chiediamo che questo digiuno comunitario sia praticato a staffetta per 24 ore, da mezzanotte a mezzanotte. Dato che le comunità digiunanti saranno sparse in tutta Italia, una persona, o un gruppo, sarà ogni giorno davanti a Palazzo Chigi, la sede del governo italiano. Ogni giorno sarà segnato dal nome delle comunità che digiunano. Ad ogni persona che digiuna chiediamo di mettere una fascia bianca al braccio. È un digiuno pubblico fatto davanti alla nazione.
La gravità della situazione irachena è frutto di una guerra ingiusta e immorale. Questo senso di impotenza, che tutti sperimentiamo, ci ha portato a lanciare questo digiuno come gesto di protesta contro la guerra in Iraq. In tutte le religioni monoteiste il digiuno è un aspetto importante della pratica religiosa, nell'Islam ne è addirittura uno dei pilastri. In tutte le religioni, i grandi maestri della nonviolenza attiva da Abdul-Ghaffar Khan a Martin Luther King, dal Mahatma Gandhi a Desmond Tutu, da Lanza del Vasto a Perez Esquivel, ci hanno insegnato con il loro esempio che il digiuno è uno degli strumenti privilegiati della nonviolenza, per protestare contro regimi e leggi oppressive, inique e discriminatorie.
Testimoniare il bene, la giustizia, la pace è un imperativo etico assoluto. La testimonianza non passa solo attraverso rituali, ma anche attraverso azioni concrete e positive. Il digiuno è certamente una di queste pratiche in quanto si realizza attraverso uno sforzo personale, una privazione. Per tutti il digiuno è diventato uno dei metodi nonviolenti di protesta sociale più apprezzato. Il digiuno non è semplicemente un sacrificio, ma è un mezzo che ci permette di sentire sulla nostra pelle la sofferenza dell'altro - il grido angosciato del popolo iracheno, di Giuliana e di tutti gli altri - come nostra.
La sofferenza del digiuno che ci apprestiamo ad iniziare affinerà il nostro spirito. Faremo così nostro non solo il grido lancinante del popolo iracheno e la solitudine dei rapiti, ma anche il grido di sofferenza di tutte le vittime di questo sistema di morte, soprattutto il grande grido dei poveri.
Allora, quanti giorni all'alba?
Primi firmatari:
Alex Zanotelli, missionario comboniani
Alessandro Santoro, Comunità di base delle Piagge
Izzeddin Elzir, Imam di Firenze
Jeremy Milgrom, rabbino, Rabbini per i Diritti Umani, Gerusalemme
Tavola Valdese
Archimandrita Julio Brunella, Chiesa Melchita
Mons. Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea
Hamza Piccardo, segretario nazionale Unione ed Organizzazione delle Comunità Islamiche in Italia (UCOII)
Luigi Ciotti, Gruppo Abele e Libera
Albino Bizzotto, Beati Costruttori di Pace
Tonio Dell'Olio, Coordinatore Pax Christi Italia
Feras Jabarin, Imam di Colle Val d'Elsa
Moschea di Sorgane (FI)
Comunità islamica di Centocelle (Roma)
Casa della Cultura Islamica di Milano
Moschea Alsalam di Torino
Andrea Bigalli, rivista Testimonianze
Aldo Tarquini, padre domenicano parroco di San Domenico di Fiesole
Suore Domenicane Firenze e Livorno
Armando Zappolini, CNCA
Fabio Corazzina, Pax Christi
Dario Bossi, Comboniani
Renato Sacco, Pax Christi
Missionarie Comboniane di Verona
Giovanni Franzoni, Comunità di San Paolo fuori le mura