“Quale Chiesa, quale Papa?”, si chiedeva don Luigi Bettazzi (Emi, 2014). Il nostro vescovo secondo Concilio si interrogava sul volto autentico della Chiesa, sullo stile che la renda riconoscibile, anche oltre i confini cristiani. Il fulcro del messaggio evangelico è nell’amore: “La vera discriminante tra chi crede e chi non crede è tra chi è aperto a Dio e agli altri e chi si chiude in sé”. E Bettazzi aggiunge che anche coloro che si dichiarano non credenti sono “sicuramente in ricerca” e, pertanto, fanno parte di una grande Chiesa, con il conseguenziale dovere di rispetto, di dialogo, della solidarietà verso ogni essere umano. Il libro traccia percorsi di identità della Chiesa che partano da interrogativi di fondo: “Quale sarà il compito di questo nuovo popolo eletto, di questa Chiesa di Gesù?”. Compito che Bettazzi riconosce appunto nel far proprio il comandamento dell’amore. Al di sopra, al di là di ogni altra norma. E così si giunge al Concilio Vaticano II. Questa meravigliosa rivoluzione copernicana che da’ alla Chiesa un volto nuovo. Sinodale, collegiale, più democratica, più capace di vivere la comunione. E di rivestire i panni dei poveri. La Chiesa dei poveri, sganciata dai potenti. Fu il card. Lercaro a mettere insieme questo Movimento della Chiesa dei poveri, il Patto delle Catacombe, un impegno sottoscritto alla fine del Concilio da oltre 500 vescovi che si impegnavano “a vivere con maggiore semplicità, evitando abitazioni e mezzi di trasporto lussuosi, ad essere vicini ai lavoratori e ai poveri…”. Un impegno rilanciato oggi, nella Chiesa di Francesco. Su “La Chiesa dei Poveri, dal Concilio a Papa Francesco” (Pazzini editore, 2014) è incentrato un secondo libro di mons. Luigi Bettazzi: “una Chiesa capace di essere di essere al fianco dei poveri che bussano alle nostre porte e di superare le logiche dello scarto.
Rosa Siciliano