EDITORIALE

Europa

Meno burro, più cannoni
Diego Cipriani

Un’Europa libera e armata. È il titolo di un articolo di un autorevole esponente del governo italiano, pubblicato recentemente su una rivista di area liberal-conservatrice, e dedicato alla politica di difesa del vecchio continente.
Il binomio libertà/armi rischia di diventare anche per l’Europa un mortale tranello nel quale cadere, alla luce di quanto l’amministrazione Bush ci ha ormai abituato a subire dopo l’11 settembre e cioè di una libertà non solo difesa con le armi e la guerra, ma prodotta da queste. Alcuni segnali preoccupanti avvalorano questa fosca previsione. A cominciare dall’insistenza posta sulla necessità, da parte dell’Unione Europea, di dotarsi di una propria forza di difesa efficace (come se gli attuali membri dell’UE fossero disarmati!) e, dunque, di destinare più fondi alle spese militari.
“Se vogliamo seriamente affrontare le nuove minacce e creare forze mobili più flessibili dobbiamo aumentare le risorse per la difesa”: è quanto ha scritto Javier Solana al Consiglio Europeo di Salonicco lo scorso 20 giugno.
Gli hanno fatto eco alcuni uomini di governo italiani, secondo i quali l’UE deve dotarsi di “adeguate capacità nel settore della Difesa” e “s’impone un aumento degli sforzi” e, infine, l’UE deve “dotarsi di una credibile dimensione di Difesa”.
La pretesa di poter “contare” (nei confronti di chi? è lecito domandarsi) viene strettamente legata alla quantità di risorse destinate alle armi: “I cittadini europei” è stato detto recentemente a Cernobbio “sono consci di aver vissuto 50 anni di pace e di sicurezza a spese dei contribuenti Usa.
L’America investe infatti il 4% del Pil nelle tecnologie militari e nella difesa. In Europa siamo all’1,5%”. Torna l’antipatica domanda: “Quante divisioni ha l’Europa?”. A questa domanda ci sentiamo di rispondere con un numero: 1.740.000. È la somma dell’attuale consistenza numerica delle Forze armate dei 15 membri dell’UE. E non ci sembra proprio una cifra trascurabile. Sarà dunque il semestre a presidenza italiana quello che riuscirà a realizzare questo salto di “qualità”? In realtà, si tratterebbe piuttosto di un vero e proprio salto mortale (la percentuale Usa è il doppio della somma degli altri 18 Paesi della Nato!) su un fossato praticamente incolmabile, viste anche le richieste di aumento del bilancio del Pentagono necessario nel 2004.
In vista del famoso semestre, anche nel nostro Paese era stata avanzata la richiesta di escludere le spese destinate dagli Stati alla difesa dal “Patto di Stabilità” (quello, per intenderci, che tiene insieme l’unione economico-monetaria dell’Europa), quasi a voler “proteggere” un comparto ritenuto di vitale importanza.
Non è estranea a questa logica la recente riforma della legge 185 sul commercio di armi italiane, in nome di una europeizzazione dell’industria della difesa e della creazione di un “mercato unico” della difesa.
Insomma, la “credibilità” (ancora una volta: verso chi?) di un continente si dimostra con muscoli e non, piuttosto, con la capacità, ad esempio, di prevenire i conflitti.
Con buona pace di Giovanni Paolo II che, nella recente Ecclesia in Europa, ha ricordato a noi europei come la pace “possa essere garantita solo dischiudendo nuove prospettive di scambio, di perdono e di riconciliazione tra le persone, popoli e le Nazioni”.

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