Commercio equo e solidale

Quito, 3 maggio – Per le strade si incontrano ancora i soldati in tenuta anti-sommossa, che circondano per pura precauzione, in una Quito caotica ma tranquilla, il Palazzo del Governo dopo la fuga dell’ex presidente Lucio Guiterrez, ribaltato dalla piazza con l’accusa di corruzione e nepotismo.
Nei negozi soffocati da prodotti cinesi e americani a prezzi stracciati, si intravede lo spettro della dollarizzazione, che ha mandato in pensione il vecchio sucre e proiettato l’Ecuador sul mercato internazionale, ma ha lasciato indietro la piccola classe media, i tanti contadini, i piccoli artigiani, e tutti quei bambini lavoratori che, tra scarpe da pulire e lavori più dignitosi hanno ormai raggiunto per numero i lavoratori sindacalizzati.
In questa cornice sono arrivati in Ecuador oltre 260 tra produttori e importatori del commercio equo e solidale di India, Africa, Bangladesh, Nepal, America Latina ed Europa.
Persone che hanno scommesso su una rete alternativa di relazioni commerciali, ma anche umane, stabili e giuste, dicendo no alle regole del mercato selvaggio e della competizione che impedisce una vita decente a quasi tre miliardi di persone nel nostro pianeta.
Si è aperta infatti al Convento San Francisco di Quito l’ottava conferenza internazionale di Ifat, l’International Federation of Alternative Trade, il più grande network del commercio equo e solidale, con oltre 250 membri in tutto il mondo.
Un’assemblea importante, non solo per l`opportunità che viene offerta di far incontrare nuovamente organizzazioni provenienti da ogni parte del mondo per consolidare o strutturare rapporti commerciali, ma anche perché è cresce tra i consumatori, i decisori politici ma anche gli attori dell’economia tradizionale le imprese profit l’attenzione per il business eco&equo, creando nuove opportunità per la costruzione di uno sviluppo sostenibile, ma moltiplicando anche la schiera degli “equofurbi”, che si fanno pubblicità e chiedono ai decisori politici leggi di promozione “su misura” con bilanci sociali e campagne di beneficienza ma non garantiscono alcuno dei diritti umani e ambientali fondamentali, né delle persone che impiegano né nei territori nei quali operano.
Nella settimana dei lavori di Quito, Ifat esplora potenzialità e prospettive per il suo Marchio di organizzazione, quel “mondo di persone” rappresentato sul FTO MARK, lanciato nel corso del Forum Sociale Mondiale di Mumbai del 2004 che certifica l’aderenza ai principi del commercio equo dei suoi membri, attraverso un sistema di certificazione e di monitoraggio, e che potrebbe essere apposto in futuro anche sui prodotti, come fosse una sorta di SA8000 del commercio giusto.
Ma il mondo del commercio equo mette a punto anche la propria strategia comune per intercettare ancora con maggiore energia i negoziati commerciali della Wto in vista del General Council che si terrà il prossimo luglio a Ginevra e della Assemblea ministeriale convocata a Hong Kong per il 13-18 dicembre prossimi.
La centrale di importazione ROBA dell’Altro Mondo è tra le organizzazioni impegnate nei lavori di Ifat a Quito, ma sta svolgendo un lavoro di approfondimento e di analisi della situazione economica e politica dell’Ecuador grazie a incontri con i propri partners locali, le realtà del sindacato, delle comunità indigene, della società civile organizzata.
Per imparare dall’Ecuador a riconoscere i sintomi della crisi, l’orgoglio dell’essere cittadini, la strada delle possibili alternative a partire dalle pratiche quotidiane dell’agricoltura familiare, della tutela del lavoro, delle comunità indigene e delle donne artigiane.

Per informazioni dall’Ecuador:
Roba dell’Altro Mondo
Alberto Zoratti - azoratti@yahoo.it ;
Monica Di Sisto - moni.disisto@iol.it

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