Quale pace per il Sudan. La parola alla società civile
Il Forum ha salutato con soddisfazione la pace tra il Nord e Sud Sudan e considera questo evento una reale opportunità per un possibile percorso virtuoso teso a costruire la pace in tutto il paese.
La pace, sopraggiunta dopo 22 anni di guerra, ora va implementata durante il periodo di transizione rispettando i passaggi e i tempi previsti dai singoli protocolli.
Si tratta di un processo la cui piena riuscita richiede un costante accompagnamento e monitoraggio da parte della comunità internazionale e va seguito con attenzione anche dalla società civile se non si vuole che dopo un conflitto dimenticato, arrivi una pace abbandonata a se stessa.
Ora più che mai siamo tutti invitati, ai diversi livelli di responsabilità e impegno, a volere, sostenere, aiutare il processo di pace in Sudan affinché, dai protocolli, possa calarsi nella realtà e imprimere un cambiamento nel paese.
Il Forum ha confermato che gli accordi – potenzialmente - aprono nuove prospettive per il futuro del Sudan ma ha anche sottolineato che essi presentano non pochi elementi di criticità da prendere sul serio, perché potrebbero indebolire, se non addirittura mettere a rischio, la loro piena ed efficace realizzazione.
I leader firmatari non risultano rappresentativi della base del paese: hanno governato a lungo, con il terrore dei massacri, le popolazioni che dovevano invece difendere; questi leader devono ora dimostrare di credere e volere fortemente un paese in pace, anche se ciò comporterà la rinuncia ad alcuni interessi di parte.
La pace firmata solo dai capi politici e militari del Nord e del Sud ha escluso, di fatto, dalla trattativa, tutti gli altri protagonisti della vita del Sudan i quali, ora, chiedono di poter partecipare alla nuova gestione del potere politico, economico, militare del paese, esigendo una loro autonomia dal Governo centrale.
Pertanto il Forum, a voce corale, ha richiamato l’urgenza, non più rinviabile, che si pervenga presto in tutto il paese ad
UNA PACE GLOBALE
A tale scopo devono cessare i conflitti aperti (Darfur) e quelli potenziali (Est Sudan, ma non solo) fonte di destabilizzazione e di ostacolo al consolidarsi della pace.
Accanto al dialogo Nord-Sud, non solo va aperto il dialogo con l’Est e con l’Ovest del paese, ma va incoraggiato il dialogo Sud-Sud e Nord-Nord secondo un principio di inclusività che favorisca il coinvolgimento di tutte le forze politico-partitiche presenti (ex partiti di opposizione, partiti su base regionale), e che renda possibile la rappresentanza nei diversi livelli istituzionali, ai vari soggetti attualmente esclusi o tenuti ai margini della trattativa di pace.
UNA PACE PARTECIPATA
Il pluralismo politico è condizione necessaria per una pace partecipata anche dalle forze della società civile le quali, attraverso i partiti, possono accedere alle cariche politiche e amministrative e lavorare per il bene del popolo, che va considerato come il vero titolare della pace. La società civile è un soggetto competente nell’organizzare il consenso popolare ai vari livelli sociali (famiglia, comunità, istituzioni) e va quindi sostenuta e accompagnata come portatrice di istanze democratiche, di diritti e doveri civili.
Mettere la pace nelle mani della gente vuol dire anche informare la popolazione sui contenuti degli accordi, sulla loro attuazione e sulle modalità di partecipazione alla vita civile e politica, attraverso apposite campagne di educazione ai nuovi diritti. Il ruolo di un sistema informativo libero è garanzia per l'attuazione di tale processo.
UNA PACE DURATURA
Il nuovo Sudan necessita di un assetto politico istituzionale democraticamente articolato nei vari livelli istituzionali, nazionali e regionali, negli organismi esecutivi e di controllo. Tale assetto dovrà garantire cariche elettive a presiedere le varie funzioni dello stato e i supremi organi costituzionali, ed essere legittimato dal suffragio popolare a rappresentare la sua volontà.
Gli accordi di pace prefigurano un ordinamento interno che deve mirare a costruire l’unità del paese e a far sì che tutti i sudanesi ritengano l’unione preferibile alla separazione.
Arrivare ad un Sudan unito, implica il riconoscere e valorizzare tutte le sue diverse identità che nel corso della storia si sono manifestate nella varietà delle etnie, culture e religioni; significa che nel periodo di transizione si devono mettere in campo riforme e strategie tese a far convivere e a ricomporre questa pluralità di presenze dentro le strutture e le istituzioni di uno stato unitario.
Si tratta di una sfida sicuramente alta, a cui può concorrere in positivo il varo di una Costituzione secolare che sancisca il diritto al pluralismo, per poi sostanziarlo con la pratica delle libertà civili, dei diritti sociali e politici per tutti i sudanesi, nessuno escluso e quindi anche il riconoscimento della parità dei diritti delle donne e il loro specifico ruolo sociale e politico.
La nuova Costituzione riconosca i diritti umani non a livello formale, ma attraverso norme e sanzioni legislative che cancellino definitivamente le vecchie piaghe del Sudan: la schiavitù, le misere condizioni di vita, ogni forma di tortura, la persecuzione in nome della sharia, la pulizia etnica, il genocidio ed altri orrendi crimini, puntualmente denunciati dai rapporteur dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite, oltre che da numerosi altri organismi internazionali.
Si promuova uno stato di diritto che consenta che si deferiscano agevolmente alle Corti giudicanti preposte, i responsabili di violazioni dei diritti umani e si preveda un percorso di riconciliazione che favorisca, non rinunciando al riconoscimento della verità e della giustizia, la pacifica convivenza della popolazione.
L’effettiva promozione dei diritti umani e il loro costante monitoraggio saranno gli strumenti per valutare se davvero il paese si sta indirizzando verso un sistema democratico e se è in corso un serio e credibile processo di pace.
UNA PACE EQUA
Le questioni dell’accaparramento delle risorse economiche del Sudan (in particolare acqua e petrolio), annoverate tra le cause del conflitto, sono sempre state di importanza vitale e strategica per lo sviluppo del paese e per il suo equilibrio geopolitico, oltre essere un motivo di attrazione per le imprese estrattive straniere.
Che lo sfruttamento delle risorse debba privilegiare il benessere dei sudanesi, anziché il business delle grosse corporations, corrisponde ad un elementare principio di democrazia economica che va ripristinato con decisione, dopo tante concessioni petrolifere pianificate anche con gravi violenze nei confronti delle popolazioni locali.
Il controllo delle risorse è possibile dentro un sistema decentrato di autonomia amministrativa e finanziaria regionale, aperto alla partecipazione dei cittadini nelle politiche economiche locali, che vanno potenziate attraverso la concertazione tra le istituzioni pubbliche e il settore privato.
I principi della good governance e delle pari opportunità di vita per tutti dovrebbero orientare un’equa distribuzione dei beni comuni in tutte le aree del paese, in modo da colmare il divario dello sviluppo tra le varie regioni.
Ma la good governance si realizza se si investe sul capitale umano in termini di formazione e di capacity building, per preparare una classe dirigente (soprattutto sud-sudanese) in grado di governare e amministrare secondo le regole della democrazia e di una crescita economica che promuova la dignità umana, senza alcuna discriminazione, specialmente nelle aree depresse.
PER UNA PACE VERA IN SUDAN
IL RUOLO DELLA POLITICA,
DELLA SOCIETA’ CIVILE,
DELLE COMUNITA’ RELIGIOSE,
DEGLI ORGANISMI UMANITARI E INTERNAZIONALI
Alcune raccomandazioni.
Restano fondamentali il supporto e la solidarietà internazionale per:
- investire risorse nella ricostruzione fisica del paese (infrastrutture, servizi)
soprattutto nelle zone affette dalla guerra e marginalizzate e per sostenere il rientro degli sfollati;
- sorvegliare il corretto iter della transizione e monitorare le scadenze elettorali (elezioni e referendum);
- favorire la smilitarizzazione delle milizie e degli eserciti e verificare il reinserimento nella società degli ex-militari;
- collaborare per la bonifica delle diverse aree del paese, dove la presenza di mine rende impossibile lo sviluppo di una vita pacifica e serena per le popolazioni;
- sostenere il passaggio da forme di governo militare a strutture di governo civile;
- garantire la sicurezza, anche durante il periodo di transizione, attraverso una
missione di peace-keeping ;
In particolare :
Le Nazioni Unite monitorino il processo di pace garantendo la sicurezza e il rispetto dei diritti umani attraverso una missione di peace-keeping e sostenendo il ruolo dell'Unione Africana nell’area.
L’Unione Europea istituisca una commissione permanente, composta da europarlamentari e membri di organizzazioni non governative europee, con il compito di vigilare sulle varie clausole dell’accordo globale di pace.
L’Italia non abbandoni il Sudan a se stesso, ne accompagni la transizione, non si appiattisca sull’emergenza del Darfur e si impegni con un contributo economico sostanziale bilanciato tra nord- sud ma anche tra est-ovest a favore della pace.
Le ONG sappiano superare la logica del business dell'intervento umanitario in favore di uno sviluppo sostenibile e duraturo e sappiano sviluppare sinergie coordinandosi tra loro per evitare sovrapposizioni e dispersione.
Le comunità religiose si facciano intermediarie e interpreti dei contenuti dell’accordo di pace presso la gente comune.
Insieme alla società civile, agiscano come promotori di una cultura della riconciliazione, basata sulla verità, la giustizia e il perdono, al fine di creare contesti civili e comunitari rappacificati.
Siano solleciti nel denunciare le violazioni dei diritti umani e nel prevenire tutto ciò che può mettere a rischio la tenuta della pace.
La società civile internazionale accompagni il Sudan in questa fase delicata; rafforzi le iniziative della società civile sudanese impegnata per un futuro di pace, vigili affinché le organizzazioni internazionali, a diversi livelli, e i singoli Stati mantengano fede agli impegni presi nei confronti del Sudan.
La società civile sudanese si attivi per ottenere spazi all'interno della vita economica, sociale e politica sudanese, facendosi interprete delle legittime aspirazioni di libertà e giustizia della popolazione e ne rivendichi i diritti presso tutte le sedi istituzionali.