Una firma per fermare la guerra
Una proposta di legge d’iniziativa popolare (per la quale occorre raccogliere 50.000 firme in sei mesi) per dare pratica attuazione al “ripudio della guerra” sancito dall'art. 11 della Costituzione. È una delle tante iniziative che sta mobilitando in questi mesi il popolo della pace nelle piazze d’Italia. L’articolo 1 della proposta di legge parla chiaro: “La realizzazione di un ordinamento internazionale che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni, di cui all'art. 11 della Costituzione, non può essere perseguita facendo ricorso allo strumento della guerra. Per "guerra" si intende qualunque intervento armato di uno o più Stati che, a causa del ricorso massiccio alla violenza, sia idoneo a provocare la morte, la mutilazione o il ferimento di persone innocenti o a produrre distruzioni indiscriminate o a causare gravi alterazioni dell'ambiente naturale”. Dunque, non vi sarebbe alcuna possibilità di muovere o partecipare a operazioni di guerra.
Lo stesso articolo, poi, prevede che “La difesa della patria, di cui all'art. 52 della Costituzione, si esercita nell'ambito delle disposizioni dell'art. 51 della Carta delle Nazioni Unite”, Carta che, lo ricordiamo, contempla sì “il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva” nel caso in cui uno Stato sia attaccato ma “fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”. Uso della forza, sì, dunque ma all’interno di un preciso riferimento all’Onu e al diritto internazionale.
L’articolo 2 della proposta è dedicato alla prevenzione dei conflitti e precisa che “l'Italia coopera alla soluzione pacifica delle controversie internazionali” secondo quanto previsto Carta delle Nazioni Unite. In questo senso, fino a quando non avranno attuazione quegli articoli della Carta che prevedono la messa a disposizione dell’Onu di Forze Armate da parte dei singoli Stati (volte a costituire una polizia internazionale) l'Italia, precisa la proposta di legge, “potrà fornire soltanto formazioni non armate, nonché contingenti militari per il mantenimento della pace ("caschi blu") con il consenso delle parti interessate”. E per far ciò occorrerà sempre una decisione del nostro Parlamento. Proprio per sgombrare il campo da possibili fraintendimenti (e dalla prima Guerra del Golfo ne abbiamo visti tanti) l’articolo 3 prevede l’inammissibilità di ulteriori interventi armati: “Le Forze Armate italiane non possono compiere interventi militari all'estero in contrasto con le disposizioni di cui agli articoli precedenti.”
L’articolo 4, poi, rammenta le Convenzioni internazionali, sottoscritte anche dall’Italia, che vietano la produzione e l’uso di armi di distruzione di massa, ampliando tale divieto anche “alle mine antiuomo, alle bombe a grappolo (cluster bombs), ai proiettili e alle munizioni all'uranio impoverito”.
Infine, l’articolo 5, dedicato alla cooperazione che il nostro Paese deve assicurare alla Corte Penale Internazionale, istituita con il Trattato di Roma del luglio 1998, e che l’Italia ha ratificato l’anno successivo.
Soprattutto l’ultimo comma è di estrema importanza: “È fatto divieto di stipulare accordi internazionali volti a sottrarre i cittadini di paesi terzi alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale.“ Sono noti, infatti (vedi “Mosaico di pace” novembre 2002, pagg. 1214, ndr), i tentativi degli ultimi mesi di imporre, da parte degli Stati Uniti, degli accordi bilaterali con singoli governi volti a garantire l’immunità di giurisdizione a personale statunitense accusato di genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità e dunque di competenza del Tribunale Penale Internazionale.