REGNO UNITO

Dire la verità al potere

La mobilitazione dei credenti inglesi contro la guerra.
Un’esperienza di preghiera e azioni politiche per la pace.
Pat Gaffney

Nel 2002 la Sezione inglese di Pax Christi si è trovata improvvisamente e in modo del tutto inconsueto al centro della scena, su pagine e schermi dei media britannici. Il motivo: la Dichiarazione sulla moralità e la legalità della guerra contro l’Iraq. (C) Giovanni Scudiero/Archivio Mosaico di pace La Dichiarazione è stata elaborata nel maggio 2002 da un gruppo di appartenenti a Pax Christi, tra cui figuravano universitari, avvocati, pacifisti che intendevano suscitare un dibattito politico all’interno della Chiesa e di tutta la società britannica, in merito alla guerra contro l’Iraq: un evento che non sembrava essere assunto nella considerazione che meritava in entrambi gli ambienti.
L’intenzione era di provocare una crisi morale sul concetto di guerra preventiva nel suo complesso. Come movimento pacifista avevamo l’unica possibilità di porre ostacoli a una guerra annunciata e agire prima che si generassero gli orrori di una risposta militare e dell’inevitabile spirale di violenza che ne sarebbe derivata, nello spirito delle parole di Primo Levi: "Se non ora, quando?".

Preghiera e azioni politiche
Il nostro semplice progetto ha ottenuto rapidamente il sostegno di leader ecclesiastici cattolici, anglicani e appartenenti alle Free Churches (ivi incluso il nuovo Arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams), di ordini religiosi, associazioni cristiane, studiosi e cristiani di tradizioni diverse. Rispondendo alla nostra proposta, molti hanno affermato che “stavano aspettando che la Chiesa parlasse e agisse” e ci esprimevano la loro riconoscenza per aver preso l’iniziativa. I media sono venuti a conoscenza della vicenda solo il 6 agosto, quando abbiamo presentato a Blair le prime 2500 firme.
Avevamo scelto quella data in maniera provocatoria: era il dodicesimo anniversario dell’imposizione delle sanzioni all’Iraq e l’anniversario di Hiroshima, dove per la prima volta si erano utilizzate armi nucleari. La Dichiarazione conteneva anche un appello al nostro governo affinché tenesse fede agli obblighi assunti in base all’articolo VI del TNP (Trattato di Non Proliferazione Nucleare) e eliminasse tutti gli armamenti nucleari dalla Gran Bretagna prima di richiedere ad altri di farlo!
Sembrava di aver liberato il genio dalla lampada: agenzie di stampa, programmi radio e TV, giornalisti d’oltremare, tutti volevano Pax Christi. Il nostro piccolo movimento, come Davide, aveva sfidato il governo, il nostro Golia. Secondo fonti ben informate, il governo era molto infastidito dalle pressioni di vescovi e gruppi ecclesiali e questo non poteva che renderci soddisfatti! Per la prima volta in dodici anni, Pax Christi ha trovato un fortissimo sostegno anche tra le comunità parrocchiali e ciò anche grazie all’iniziativa comune con National Justice, Peace Network e l’agenzia CAFOD (una della più importanti agenzie cattoliche per lo sviluppo): abbiamo preparato un testo di preghiera e abbiamo invitato la Chiesa in Inghilterra e in Galles a fare del venerdì un giorno speciale di preghiera e digiuno contro la guerra in Iraq. (C) Giovanni Scudiero/Archivio Mosaico di pace
Decine di migliaia di preghiere sono state distribuite nelle cattedrali, nelle parrocchie, nelle comunità religiose e nelle famiglie e ogni settimana molte persone si riunivano per pregare per la pace in Iraq e in Medio Oriente. Il Sinodo Generale della Chiesa d’Inghilterra ha incoraggiato queste azioni di preghiera proponendole anche nel giorno di Capodanno e nell’Epifania. Gli arcivescovi anglicani e cattolici di tutto il Paese, nei loro messaggi e nei loro sermoni natalizi, hanno ripetuto che non vi era giusto motivo per muovere una guerra contro l’Iraq.
L’impegno di preghiera è sostenuto anche da azioni politiche: ogni settimana nei centri delle città si tengono veglie pubbliche, si organizzano raccolte di firme per petizioni, si promuovono incontri pubblici e dibattiti, si partecipa ad azioni di disobbedienza civile nonviolenta in siti militari e di governo. Naturalmente il programma delle iniziative è più vasto e si arricchisce ogni giorno: molte persone si sono impegnate a praticare la disobbedienza civile nel caso si dovesse dare inizio all’azione militare. Gli aderenti a Pax Christi che si trovano presso due basi USAF (Aeronautica Statunitense n.d.t.) che dovrebbero essere utilizzate dagli americani, stanno preparando per celebrazioni eucaristiche un invito al pentimento.

Una spina nel fianco
Dato che il dispiegamento di truppe e la chiamata di riservisti è già in corso, probabilmente sarà necessario un altro livello di azioni per sostenere l’obiezione di coloro che si trovano nelle Forze Armate o che lavorano nell’industria bellica. Sappiamo che le nostre parole e le nostre azioni sono una spina nel fianco del Governo. I leader delle Chiese d’Inghilterra, Galles e Scozia hanno affermato all’unanimità e con decisione che la guerra è immorale e illegale. A queste voci, all’inizio di gennaio, si è unita anche quella dell’arcivescovo Desmond Tutu che, in un’intervista alla BBC, ha detto di non giustificare il terrorismo come risposta alla povertà, ma, ha affermato, “non è ammissibile accettare l’esistenza fianco a fianco di un benessere e una ricchezza sfacciati e una lacerante povertà” . E ha aggiunto di essere triste, molto amareggiato che Blair collaborasse e si rendesse complice dell’attacco degli Stati Uniti all’Iraq.
L’Arcivescovo Tutu ora è apertamente criticato dal Governo del Regno Unito che giudica le sue parole ingenue, fuorvianti e disinformate e non ammette il coinvolgimento della Chiesa nella politica... almeno quando non sostiene la sua politica. I membri del governo sembra abbiano dimenticato che molti valori comuni della nostra società derivano proprio dagli insegnamenti delle Sacre Scritture e dalla dottrina sociale del cristianesimo (e di altre religioni) e che è responsabilità dei cristiani impegnarsi criticamente nella vita politica e sociale del loro Paese.

(C) Giovanni Scudiero/Archivio Mosaico di pace Una coalizione di popolo
Intanto, l’ampio movimento contro la guerra sta prendendo rapidamente piede: per la prima volta negli ultimi anni stiamo costruendo una coalizione popolare di base a cui partecipano sindacati, agenzie d’aiuto, gruppi pacifisti, partiti politici, gruppi religiosi di ogni credo, gruppi di comunità musulmane, giornalisti, avvocati e artisti. In novembre abbiamo partecipato al movimento organizzando un seminario dal titolo Guerra al terrorismo: Iraq e non solo. Abbiamo riflettuto sulle ripercussioni a livello umanitario, sulle implicazioni legali della guerra in Iraq e sulle sue conseguenze politiche a lungo termine. Ciò per fornire informazioni pratiche al movimento e per continuare a opporsi al nostro governo.
Il direttore di CAFOD, Julian Filochowski, ha spiegato come l’agenzia si stia già preparando con programmi di contingenza per affrontare l’enorme numero di vittime civili, l’evacuazione di massa e altri danni alle infrastrutture. Il direttore dell’Oxford Research Group, Scilla Elworthy, ha affrontato il problema dell’instabilità che la guerra potrebbe provocare in Iraq e non solo. L’avvocato Phil Shiner, direttore di Public Interest Lawyers, ha parlato della battaglia legale nei confronti del governo britannico. Un primo processo è stato perso, ma si intraprenderà un’azione legale presso il Tribunale Permanente dei Popoli, con sede in Italia, che sentirà varie testimonianze, tra cui quelle di Organizzazioni Non Governative, in relazione all’uso della forza in Iraq. Se la causa sarà vinta, la sentenza verrà presentata al Tribunale Penale Internazionale.

Terrore di Stato
Sembra, però, esserci un gap di credibilità sempre più ampio tra il movimento popolare e l’escalation della retorica di guerra utilizzata dal nostro governo e da quello degli Stati Uniti. Tutto ciò è difficile da comprendere. Perché Tony Blair continua a sostenere gli Stati Uniti se l’amministrazione Bush continua a escluderlo o ignorarlo? Gli Stati Uniti si sono opposti al Tribunale Penale Internazionale voluto dalla Gran Bretagna. Bush ha rifiutato la richiesta di Blair di una conferenza nel Medio Oriente nell’estate del 2002. Nell’arena europea Blair è isolato, a parte il sostegno di Berlusconi in Italia. Se l’UE desidera essere un modello di costruzione di pace nel mondo, questa situazione è dannosa. Secondo alcune fonti americane, Bush, da un punto di vista militare, non ha bisogno del Regno Unito, ma la presenza britannica è un paravento morale.
Allora cosa sta accadendo? Forse T. Blair è ossessionato dalle sue “relazioni speciali” con la leadership americana e tenta di utilizzarle come forza moderatrice, agendo però nel retroscena e in modo del tutto privato? Forse T. Blair ritiene che il suo futuro politico sarà migliore come alleato degli Stati Uniti piuttosto che dell’UE? Le critiche alle motivazioni del governo britannico possono essere moltissime ed è importante che vi sia un impegno in questa analisi che può fornirci molte risposte. Ma qual è il nostro ruolo come Pax Christi? Non siamo un partito politico. Siamo solo un gruppo di pressione o un gruppo di esperti.

PAX CHRISTI IN EUROPA
Sono 14 le sezioni nazionali di Pax Christi nel Vecchio Continente.

Il movimento cattolico internazionale per la pace è presente in Germania (http://www.paxchristi.de), Austria (http://madonna.khg-heim.uni-linz.ac.at/pax/), Regno Unito (http://www.paxchristi.org.uk), Danimarca (http://www.paxchristi.dk), Francia (http://paxchristi.cef.fr), Irlanda (http://www.paxchristi.ie), Italia (http://www.paxchristi.it),
Lussemburgo, Paesi Bassi (http://www.paxchristi.nl), Portogallo, Slovacchia, Svizzera (http://www.paxchristi.ch).
In Belgio esistono due sezioni, una fiamminga (http://www.paxch-risti.be), e l’altra vallona (http://www.paxchristi.net/wallonie-bruxelles).
Gruppi associati di Pax Christi si trovano in Ungheria (http://www.paxchristi.hu) e Polonia.
Infine, le organizzazioni affiliate: Centre for Peace, Non-Violence and Human Rights (Croazia, http://www.centar-za-mir.hr), Interchurch Partnership “Apostolic City – Nevskaya Perspective” (Russia, http://www.pimen.ru) e Soldiers’ Mothers St Petersburg (Russia, http://www.soldiersmothers.spb.org).

È certo che abbiamo bisogno di condurre una buona analisi su ciò che sta accadendo nel mondo, ma dobbiamo vigilare per non cadere nella trappola del linguaggio politico e della retorica. La nostra fedeltà ai valori è di un altro ordine e si muove in un’altra direzione. Il nostro linguaggio “dice la verità al potere” , in questo caso la verità sull’uso del terrore di Stato in nome della giustizia globale, la verità sull’uso della violenza politica e commerciale come strumenti che vengono ritenuti idonei a risolvere i problemi, la verità sulle conseguenze umane e ambientali della guerra, la verità sulla nostra comune paternità e maternità e quindi sul rapporto che ci lega gli uni agli altri.

Una speranza oltraggiosa
Le modalità della nostra azione devono riflettere la nostra spiritualità e le nostre tradizioni. Per sradicare il male dobbiamo pregare e digiunare individualmente e come comunità di fede. Per agire in solidarietà con le vittime della violenza dobbiamo essere preparati a subire la violenza noi stessi: non deve stupirci se a volte veniamo ridicolizzati, marginalizzati, minacciati, imprigionati per il nostro lavoro a favore della pace. Una della cose più importanti che abbiamo scoperto nel corso del nostro impegno per scongiurare la guerra in Iraq è che la gente comune e alcuni politici stavano aspettando che i cristiani parlassero, prendessero posizione!
A volte abbiamo l’impressione che il messaggio cristiano abbia esaurito la sua capacità profetica nella storia e che nel mondo i cristiani non contino più, ma io credo che attraverso la testimonianza di pace e nonviolenza le nostre Chiese possano essere redente. Il mondo secolare, politici compresi, sa che noi siamo guidati da un’altra logica, che seguiamo un’altra via e attende un segno che indichi loro che questi valori e questa via esistono ancora e possono sfidare il mondo.
Le nostre parole e le nostre azioni possono essere anche un segno di speranza in un momento in cui molti si sentono spogliati di ogni potere, rassegnati e perduti. Mary Grey, una teologa femminista inglese, descrive il compito della Chiesa nel mondo moderno come un “oltraggioso perseguimento della speranza, perché nel mondo odierno, la speranza non può essere altro che oltraggiosa” . Per Pax Christi la speranza e il sogno sono che la spirale di violenza e di guerra non abbiano l’ultima parola.

Note

Coordinatrice della sezione inglese di Pax Christi
(Traduzione di Carla Zanoni Lo Piccolo – Traduttori per la Pace)

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    (Traduzione di Carla Zanoni Lo Piccolo – Traduttori per la Pace)

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