SERVIZIO CIVILE

Obbligatorio o volontario? Civile!

Proprio nell’anno in cui la leva obbligatoria viene abolita (pardon: sospesa!), si riaccende il dibattito sul servizio civile, dibattito che sembrava da anni addormentato. Facciamo il riassunto delle puntate precedenti.
Diego Cipriani

Forse il primo a ipotizzare una leva civile obbligatoria fu Ernesto Rossi, l’antifascista che nel suo libro del 1946 “Liberare la miseria” aveva ipotizzato una “leva del lavoro” di due anni obbligatoria per tutti i cittadini, unico modo per debellare la povertà prodotta nelle società capitaliste. Poi venne la Costituzione, con l’articolo 52, quello del “sacro” dovere di difesa della patria, con la leva militare obbligatoria (per i maschi) e, dal 1972, col servizio civile degli obiettori di coscienza: una storia che si è interrotta appunto il 1¡ gennaio di quest’anno, da quando cioè le nostre Forze armate sono completamente professionalizzate.
Fu in casa cattolica che cominciò a rinascere, timidamente, l’idea di un allargamento del servizio civile. Nel Convegno ecclesiale del 1976 su “Evangelizzazione e promozione umana”, oltre a definire “esemplare e preferenziale” per i giovani cattolici la scelta dell’obiezione di coscienza al servizio militare, si chiedeva di “allargare le proposte di servizio civile anche alle donne”. Nacque così l’esperienza dell’Anno di volontariato sociale, aperto alle ragazze: un’esperienza di qualità, ma numericamente ridotta. Nel 1982, quando la Caritas Italiana tenne a Roma la prima assemblea nazionale degli obiettori cattolici, il servizio obbligatorio fu rilanciato e la cosa si

Dei 32.211 volontari avviati al servizio civile nel 2004 (che hanno coperto l’84% dei posti disponibili), il 94% erano donne e il 6% uomini. Il 60% è stato impiegato nel settore dell’assistenza, il 32% in quello della cultura ed educazione e il restante 8% nell’ambiente e protezione civile. Oltre la metà dei volontari è stata impiegata nelle regioni del Sud (la Sicilia ha accolto il 20% di tutti i serviziocivilisti) e solo il 19% in quelle del Nord (Valle d’Aosta fanalino di coda con lo 0,06%). 287 volontari sono stati inviati all’estero.
Fonte: Ufficio Nazionale per il Servizio Civile
ripeté in altre occasioni, ma senza alcun seguito “istituzionale”.
Negli anni Novanta qualcosa si mosse. Addirittura lo Stato Maggiore dell’Esercito realizzò un corposo studio per creare un servizio civile nazionale obbligatorio (per 450.000 giovani!). Il 17 gennaio 1992 (il giorno dopo che il Parlamento votò la legge sull’obiezione di coscienza che poi Cossiga non volle promulgare) la Caritas Italiana, presieduta dall’attuale card. Nicora, e la Fondazione Zancan presentarono alla stampa la proposta di un servizio civile che si voleva, almeno nelle intenzioni, obbligatorio per tutti, uomini e donne. Qualche mese dopo, ci provò anche l’ARCI con un’analoga proposta ma fondata sulla volontarietà. Sia la proposta della Caritas sia quella dell’ARCI trovarono la disponibilità di un paio di parlamentari disposti a presentare una proposta di legge in materia, ma senza alcun seguito.
Nel 1994, l’economista Bruno Manghi, dalle pagine de “La Stampa”, rilanciò l’idea di un servizio civile obbligatorio alla quale seguì un convegno nazionale della CNESC a Torino. Da parte sua l’ARCI si prodigò molto per far conoscere nel nostro Paese l’esperienza che dal 1993, sotto la presidenza Clinton, negli USA si andava facendo di un servizio civile aperto a volontari di tutte le età. Alle politiche del 1996, l’Ulivo inserì nel suo programma la proposta di un servizio civile “per tutti” ma, visto il numero dei potenziali partecipanti, i costi e la notevole complessità organizzativa che la proposta comportava, l’ipotesi finale fu quella di un servizio volontario. Infatti, agli inizi del 1997 l’allora ministro della difesa Nino Andreatta presentò un disegno di legge per istituire il “servizio civile nazionale” su base volontaria.
Alle elezioni politiche successive, l’Ulivo non fece altro che ribadire l’idea della creazione di un “servizio civile volontario per uomini e donne”. Non bisogna dimenticare che agli inizi degli anni Novanta le Forze armate cominciano a realizzare il famoso “Nuovo modello di difesa” che, per quanto riguarda il problema della coscrizione obbligatoria, prevede ancora un modello misto, con un esercito cioè composto sia da professionisti sia da giovani di leva. In altre parole, la discussione su un possibile servizio civile volontario/obbligatorio si svolge essenzialmente nell’ambito del tema “difesa” ed è legato al modello della leva adottato. Bisognerà attendere il 2000 perché questo legame venga in qualche maniera sciolto con la legge n. 331 che istituisce il servizio militare professionale e stabilisce la fine della leva obbligatoria a partire dal 2007 (data che sarà poi anticipata al 2005). Di fatto, con questa decisione, i militari finiscono di occuparsi del servizio civile, sia di quello regolamentato dalla legge (la riforma dell’obiezione di coscienza del 1998 aveva già trasferito le competenze alla Presidenza del Consiglio) sia delle possibili evoluzioni che esso potrebbe conoscere.

Favorevoli o contrari
Ma veniamo all’attualità. A rispolverare l’idea del servizio civile obbligatorio è stato Romani Prodi nei mesi scorsi, prontamente contestato da Carlo Giovanardi, il ministro dal quale dipende l’attuale servizio civile nazionale (che in quattro anni ha coinvolto circa 100.000 volontari), che ha bollato l’ipotesi e ha difeso il successo dell’attuale formula volontaria. Ma Prodi rilancia. Parlando alle ACLI a settembre, torna sull’argomento: parla di un “servizio civile obbligatorio per ragazzi e ragazze, di sei mesi, magari di due mesi per ogni estate” e precisa però che non si tratta di una proposta da inserire nel programma del centrosinistra (per non perdere le elezioni, ammette) ma di un’idea su cui discutere. A sostenere l’idea di Prodi c’è anche La Margherita, nel cui sito web si può leggere:“Ermete Realacci ha recentemente presentato una proposta di legge in merito, sostenuta da un ampio schieramento trasversale e dalle principali associazioni di volontariato, su cui si è speso e si sta spendendo direttamente Francesco Rutelli”.
Realacci e colleghi vogliono sì aumentare i fondi a disposizione per l’attuale servizio civile volontario, ma intendono soprattutto creare un nuovo servizio obbligatorio per i giovani, della durata di sei mesi e con un contributo mensile di 300 euro (contro i 433 attuali). In realtà la proposta (firmata da un’ottantina di deputati) è stata presentata nel marzo 2003 ma finora non è mai stata esaminata ed è molto improbabile che lo sia entro la fine della legislatura. Sul sostegno, poi, da parte delle associazioni di volontariato ci sarebbe da fare qualche distinguo: se, ad esempio, ACLI e Legambiente (seguiti dal presidente dei giovani socialisti europei) plaudono all’iniziativa, gli Obiettori Nonviolenti storcono in naso e la Caritas è contraria, pur avendo “lanciato il sasso” qualche anno fa.
Mons. Pasini, ideatore della proposta della Caritas nei tempi andati, spiega i motivi della contrarietà al servizio obbligatorio: non si possono costringere i giovani a prestare servizi di assistenza alle persone (sono la maggioranza nel servizio civile di oggi); esistono immense difficoltà organizzative per un sistema che dovrebbe coinvolgere 400mila giovani, per non parlare delle risorse economiche sempre più difficilmente a disposizione; infine, il consenso dei giovani che è fortemente a rischio sull’introduzione di un tale obbligo (come conferma la stessa Legambiente).
A Pasini fanno eco padre Angelo Cavagna, storico difensore della causa degli obiettori, e Domenico Gallo, magistrato ed ex senatore, il quale bolla il servizio civile obbligatorio come “lavoro forzato”, vietato dalle leggi internazionali: sarebbe meglio un “servizio incentivato”, è la conclusione del ragionamento. Anche l’ARCI (l’ente che, dopo la Caritas ha accolto in passato il maggior numero di obiettori) dice la sua e “invita a maneggiare con estrema cura e cautela questa tematica, tanto più in fase pre-elettorale” dichiarando come prioritario lo sviluppo del servizio civile su base volontaria e legando l’ipotesi dell’obbligatorietà a una serie di condizioni molto “serie”.
Insomma, il dibattito è solo all’inizio e forse non riuscirà ad avere a breve uno sbocco legislativo. Tuttavia è importante che ci sia, soprattutto per rispondere alla domanda: a che cosa serve un tale servizio civile obbligatorio? La risposta di Prodi non è molto diversa da quella che dava nel 1996 e cioè che questo servizio deve rappresentare per i giovani un impegno per la collettività, assolvendo a una funzione di servizio, ovviamente, ma con un alto coefficiente educativo e di rafforzamento della coesione sociale. Insomma, un ruolo per certi versi nuovo verrebbe affibbiato a questa esperienza. E allora: se provassimo a cambiar nome a questa “cosa” che si vorrebbe far nascere?

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