CHIESA

Ri-conciliamoci

La riforma della Chiesa. Il dialogo col mondo. Lo slancio del Concilio s’è spento. Anzi sembrano prevalere le spinte regressive. Un nuovo Concilio. Ecumenico. Per rilanciare una fede dialogica e aperta.
Giovanni Cereti (Docente presso l’Istituto di Studi Ecumenici di Venezia e presso la Pontificia facoltà teologica Marianum di Roma)

A quarant’anni dalla conclusione del Concilio ecumenico Vaticano II, nell’autunno del 1965, molti di coloro che hanno vissuto la speranza e l’entusiasmo di quegli anni vi ritornano non senza una certa nostalgia. Non solo perché erano gli anni della giovinezza, nella quale sembrava possibile trasformare il mondo e preparare per tutti un avvenire migliore, ma anche perché è vero che il Concilio Vaticano II ha costituito la più straordinaria Pentecoste conosciuta dalla Chiesa dopo la sua prima Pentecoste, e perché si può riconoscere che, nonostante tutto (come ha detto il cardinale Martini) dopo il Concilio abbiamo vissuto gli anni più belli di tutta la storia del cristianesimo. In effetti, in quegli anni sembrava possibile tutto, e molti rinnovamenti che erano stati sognati per la Chiesa negli anni precedenti il Concilio sono stati poi decisi dallo stesso Concilio. Con la svolta realizzata grazie al Concilio la Chiesa cattolica ha potuto riacquistare la sua autentica cattolicità, il suo respiro universale.
Il Concilio ha rimesso al centro di tutto la fede in Gesù Cristo, l’ascolto della Sacra Scrittura, la libertà e la dignità di ogni persona, la costruzione

La riforma della Chiesa
Siccome ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione, esso è senza dubbio la ragione del movimento verso l’unità. La Chiesa peregrinante è chiamata da Cristo a questa continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno. Se dunque alcune cose, sia nei costumi che nella disciplina ecclesiastica e anche nel modo di enunziare la dottrina – che bisogna distinguere con cura dal deposito vero e proprio della fede – sono state osservate meno accuratamente, a seguito delle circostanze, siano opportunamente rimesse nel giusto e debito ordine. Questo rinnovamento ha quindi una importanza ecumenica singolare. I vari modi poi attraverso i quali tale rinnovazione della vita della Chiesa già è in atto – come sono il movimento biblico e liturgico, la predicazione della parola di Dio e la catechesi,
l’apostolato dei laici, le nuove forme di vita religiosa, la spiritualità del matrimonio, la dottrina e l’attività della Chiesa in campo sociale – vanno considerati come garanzie e auspici che felicemente preannunziano i futuri progressi dell’ecumenismo.
Decreto Unitatis Redintegratio sull’Ecumenismo, paragrafo 6.
di un mondo nuovo di giustizia e di pace. Esso ha consentito di partecipare attivamente a una liturgia radicalmente rinnovata, ha fatto cadere diffidenze secolari nei confronti della scienza e della società civile, ha aperto la via alla riconciliazione con gli altri cristiani e a un rapporto nuovo con gli ebrei e con i credenti di tutte le religioni.

La riforma della Chiesa
Per limitarci all’aspetto che dovrebbe essere l’oggetto principale di questa riflessione, quello cioè del rapporto con gli altri cristiani, il Concilio ha consentito alla Chiesa cattolica di recepire il movimento ecumenico che si era sviluppato nel mondo non cattolico a partire dall’inizio del ventesimo secolo e che essa aveva sino ad allora combattuto o guardato con diffidenza, e di impegnarsi direttamente nel cammino per l’unità a fianco degli altri cristiani.
Dopo diciannove secoli di progressiva estraniazione fra le Chiese cristiane, che aveva condotto a una situazione di grande conflittualità e avversione dei cristiani fra di loro, il cambiamento non poteva essere più radicale. Gli altri cristiani venivano riconosciuti come fratelli e sorelle, si era invitati a riconoscere i frutti portati dallo Spirito all’interno delle loro Chiese, si doveva operare per fare crescere sino alla sua pienezza la comunione già esistente in virtù dell’unico battesimo. Per la prima volta nella storia, i cattolici confessavano solennemente i peccati che avevano potuto commettere nei confronti degli altri, e offrivano il proprio perdono per le offese ricevute. Il tema della riforma della Chiesa, tema tradizionale nella Chiesa e presente nel corso dei primi quindici secoli, ma che era in qualche modo scomparso nella Chiesa cattolica dopo gli eventi del sedicesimo secolo, tornava a essere proposto dallo stesso Concilio come una necessità per la stessa Chiesa cattolica. E si riconosceva che una tale riforma non è resa necessaria da pretesi abusi o infedeltà dei suoi membri, quanto dal fatto ben più importante che la Chiesa è incarnata nella storia e che quindi gli incessanti cambiamenti che hanno luogo nella storia dell’umanità anche a

Oggetto e fondamento della libertà religiosa fondata sulla sua stessa natura
Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa. Il contenuto di una tale libertà è che gli esseri umani devono essere immuni dalla coercizione da parte di singoli individui, di gruppi sociali e di qualsivoglia potestà umana, così che in materia religiosa nessuno sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, di agire in conformità ad essa: privatamente o pubblicamente, in forma individuale o associata.
Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana, quale si conosce, sia per mezzo della parola di Dio rivelata che tramite la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito diritto civile nell’ordinamento giuridico della società.
Dichiarazione su “La libertà religiosa”, “Dignitatis humanae” del 7 dicembre 1965.
seguito del suo incessante sviluppo rendono necessaria una sempre rinnovata incarnazione della Chiesa e della Parola di Dio nelle diverse epoche. Se è vero che la Chiesa ha una dimensione divina, essa ha anche una dimensione umana e terrena e quest’ultima ha incessante bisogno di riforma (decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio 6).

Guardando avanti
E tale incessante rinnovamento deve essere realizzato non guardando indietro, a un passato ritenuto migliore dell’oggi, ma guardando avanti, ai nuovi orizzonti che si aprono alla nostra umanità e che la Chiesa è chiamata a discernere imparando a leggere i “segni dei tempi”.
Per quanto siano state forti le pressioni per ritornare a una situazione precedente, dopo il Concilio nulla ha più potuto essere come prima. Molte voci attribuiscono oggi la scristianizzazione in atto, la disaffezione dalla Chiesa, oppure il diffondersi delle “sette” (dentro e fuori la Chiesa) alle quali aderisce un numero sempre maggiore di cristiani, alle conseguenze del Vaticano II, che avrebbe accettato di adeguare eccessivamente la Chiesa al mondo moderno. Per le stesse persone la situazione è stata peggiorata dal fatto che molti sarebbero andati troppo oltre nella sua applicazione, in particolare nel campo della riforma liturgica, realizzata al di là della lettera della costituzione sulla liturgia Sacrosanctum Concilium, e che bisogna quindi tornare indietro ed eliminare molti ‘abusi’ che si sarebbero verificati nella prassi. Taluni hanno poi creduto di poter profittare del fatto che il Concilio Vaticano II ha voluto essere un Concilio ‘pastorale’, volto non a portare condanne contro qualcuno (intenzione esplicitamente rifiutata da Giovanni XXIII), quanto piuttosto a promuovere la crescita della fede e dell’amore nella Chiesa e nell’umanità e a incarnare il messaggio cristiano nella situazione del mondo di oggi, con attenzione alla dottrina ma anche con attenzione umile e amorevole a coloro cui il messaggio viene rivolto, per svalutare le sue affermazioni. In questa linea si muovono per esempio i lefebvriani, che affermano di accettare il Concilio a condizione che ne vengano espunti il decreto sull’ecumenismo e la dichiarazione sulla libertà

Salvezza in comunità
Una dottrina che emerge con inconfondibile chiarezza da tutto il disegno biblico è la legge della salvezza in comunità. La rivelazione ci fa conoscere che Dio ha voluto legare la vita religiosa dell’individuo, e quindi il suo eterno destino, alla sua inserzione in una determinata società. Dio nell’i-staurare delle relazioni con gli uomini, non ha voluto soltanto attrarre a sé un certo numero di individui considerati separatamente gli uni dagli altri, come somma aritmetica di unità, ma ha voluto fondare una città di Dio, una società organica divina, un popolo di Dio, un Regno di Dio, in modo che i singoli individui, nel piano soprannaturale, non possano né esistere, né svilupparsi che in stretta connessione e dipendenza da questa comunità, da questo popolo come Dio lo ha effettivamente voluto. Senza questa inserzione, il singolo è fisicamente incapace di partecipare alla vita divina. Come l’uomo che vuole innalzarsi nell’aria è fisicamente dipendente da un apparecchio, così, per positiva volontà di Dio, e non semplicemente per la natura sociale generica dell’uomo, la vita religiosa del singolo è radicalmente in dipendenza dalla comunità.
Don Tonino Bello, I congressi eucaristici, San Paolo 2005.
religiosa, con una pretesa del tutto distruttiva della Chiesa, in quanto rifiuta l’autorità del Concilio e del Papa che l’ha sottoscritto, e che oggi sostengono la propria posizione con l’argomento che, essendo il Vaticano II un Concilio ‘pastorale’, che non ha imposto nessuna definizione, per trovare la vera dottrina bisogna ricorrere ai Concili di Trento e Vaticano I, che sono Concili ‘dottrinali’, capaci di confermare le proprie affermazioni con anatemi contro chi non le accettava.

Il coraggio di cambiare
Di fronte a queste posizioni occorre ribadire che forse il Concilio non ha avuto abbastanza coraggio nel decidere tutti i cambiamenti necessari, è stato frenato o comunque si è fermato a metà strada, in un momento in cui ogni rinnovamento sembrava possibile ed esso sembrava orientato a prendere decisioni storiche: ordinazione di uomini sposati, orientamenti più aperti per quello che riguarda i matrimoni interconfessionali, prospettive diverse circa il matrimonio e la regolazione delle nascite, e forse per lo stesso accesso della donna al ministero. Nonostante questi limiti, il Vaticano II avrebbe comunque portato un ben maggiore rinnovamento nella Chiesa, se fosse stato applicato sino in fondo, non solo nella lettera ma anche nello spirito.
Occorre evitare che esso faccia la fine del Concilio di Firenze del 1439 che, dopo un breve periodo nel quale pareva fosse stato accettato da quasi tutti, è stato rifiutato, mentre le sue conclusioni (e cioè la riconciliazione fra Oriente e Occidente sottoscritta da tutte le parti) non hanno poi trovato seguito. La dinamica di gruppo, che ha luogo in un Concilio e che porta avanti la Chiesa sotto l’azione dello Spirito, viene in seguito spesso dimenticata o è ignorata da coloro che non vi hanno partecipato e che quindi non riescono a comprendere come esso abbia potuto operare certe svolte nella vita della Chiesa.

Per una piena comunione
Papa Benedetto XVI si è impegnato decisamente per una piena ricezione del Concilio Vaticano II e per realizzare il ristabilimento della piena comunione fra i cristiani. Questo impegno appare del tutto credibile, ma esso dovrebbe essere coronato dalla prospettiva di un nuovo Concilio ecumenico.
Soltanto un Concilio ecumenico potrebbe infatti affrontare e portare a compimento certi problemi interni alla Chiesa cattolica che ancora attendono soluzione (come quello ricordato del passaggio all’ordinazione al ministero di uomini sposati), e certi altri problemi che le Chiese cristiane possono affrontare e risolvere soltanto insieme (per esempio l’accesso delle donne ai ministeri ordinati, ma anche le risposte ai nuovi problemi posti oggi alle Chiese in campo di bioetica o di etica sessuale).
Soprattutto è soltanto con un Concilio autenticamente ecumenico che dovrebbe essere celebrato il momento del ristabilimento della piena comunione visibile fra le grandi Chiese storiche, e cioè non soltanto fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse, ma anche con le Chiese precalcedonesi, con le Chiese della comunione anglicana e della comunione luterana: una riconciliazione che da molti segni non sembra essere oggi più tanto lontana.
Un tale Concilio mostrerebbe il vero volto della comunità voluta da Gesù di Nazareth, una comunità capace di vivere la comunione e la fraternità, nell’ascolto della Parola di Dio, in cui l’autorità viene intesa come servizio e viene esercitata con uno stile di sinodalità, una comunità attenta e accogliente nei confronti degli ultimi, caratterizzata dall’amore, capace di un incontro più cordiale con i credenti delle altre religioni e con i non credenti, e di un nuovo atteggiamento anche nei confronti della scienza e delle attese di pace e di giustizia dell’uomo contemporaneo. Una comunità che al cuore di tutta la famiglia umana e insieme con essa è in cammino verso il Regno di Dio.

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