PONTI E NON MURI
Ricucire la pace
Denunciare. Sensibilizzare. Riaccendere la Speranza. Condividere. Pax Christi rilancia la Campagna Ponti e non Muri. Ecco gli obiettivi e le prospettive di lavoro.
Nandino Capovilla
Pax Christi non ha certamente un interesse momentaneo per il conflitto israelo-palestinese e non siamo certamente tra quelli che si sono fermati commossi
Oltre ogni prigione
Riascolto suoni e rumori: le sirene delle ambulanze fermate ai check point, suoni secchi che assomigliano molto a spari, sentiti a Ramallah durante un incontro, che il mio vicino palestinese spiega con una sola parola: “Kids” (“Bambini”), per dirmi alzando le spalle e con l’aria un po’ divertita che non c’è nulla di strano, i bambini in Palestina giocano così, imitando l’occupazione… Immagine costante, il muro. Alto 9 metri, al tramonto getta un’ombra lunghissima su campi e case.
Un’ombra che si proietta anche sulle persone, rendendo tutti prigionieri prima di tutto nella mente. Contro la prigione mentale che sta chiudendo la Palestina lavorano diverse realtà e ONG. Interessante quella del Centro culturale Shamal, che ha sede a Ramallah e si occupa di arte con-temporanea. La direttrice, parlandoci delle difficoltà che incontra un campo come quello dell’arte in questo contesto, ha insistito sugli ostacoli immateriali (oltre che di mobilità fisica per gli artisti) che toccano il suo popolo. Un limite forte dell’arte palestine-se, ci diceva, è stato a lungo – e in parte continua tuttora – la priorità accordata al discorso politico, che ha posto in secondo piano la creatività pura e un’espressione libera.
Di qui un progetto di arte pubblica, che il centro realizzerà a Ramallah allo scopo di “aprire la testa delle persone”: in uno dei ristoranti più esclusivi della città sarà montato uno schermo che mostra quello che con-temporaneamente avviene alle persone in attesa in uno dei check point più duri della Palestina. Gli spazi per la speranza e per il sogno oggi in quella Terra non sono tanti: “Sometimes we feel no hope” mi confidava Younis nel villaggio di Aboud.
E poi aggiungeva “sometimes”. Durante il nostro viaggio abbiamo provato a raccogliere alcuni di questi sogni. Sempre a Gerusalemme, una ragazza ebrea del-l’associazione B’Tselem, alla nostra domanda “Qual è il tuo sogno per la soluzione di questo conflitto?” ha sorriso dicendo: “Ah… a me basterebbe poter andare a Betlemme a mangiare l’humus in pausa pranzo”. Jeremy invece, ebreo vicino all’associazione Rabbini per i diritti umani, alla stessa domanda ha risposto con un intreccio delle dita sul tavolo. Il sogno di Jeremy è il più difficile: un unico Stato, israeliani e palestinesi insieme, con il ritorno dei profughi. La conclusione del suo intervento, a dita ancora intrecciate, è stata: “Ma questo non è un sogno… è un miracolo”.
Giulia Ceccuti
Un’ombra che si proietta anche sulle persone, rendendo tutti prigionieri prima di tutto nella mente. Contro la prigione mentale che sta chiudendo la Palestina lavorano diverse realtà e ONG. Interessante quella del Centro culturale Shamal, che ha sede a Ramallah e si occupa di arte con-temporanea. La direttrice, parlandoci delle difficoltà che incontra un campo come quello dell’arte in questo contesto, ha insistito sugli ostacoli immateriali (oltre che di mobilità fisica per gli artisti) che toccano il suo popolo. Un limite forte dell’arte palestine-se, ci diceva, è stato a lungo – e in parte continua tuttora – la priorità accordata al discorso politico, che ha posto in secondo piano la creatività pura e un’espressione libera.
Di qui un progetto di arte pubblica, che il centro realizzerà a Ramallah allo scopo di “aprire la testa delle persone”: in uno dei ristoranti più esclusivi della città sarà montato uno schermo che mostra quello che con-temporaneamente avviene alle persone in attesa in uno dei check point più duri della Palestina. Gli spazi per la speranza e per il sogno oggi in quella Terra non sono tanti: “Sometimes we feel no hope” mi confidava Younis nel villaggio di Aboud.
E poi aggiungeva “sometimes”. Durante il nostro viaggio abbiamo provato a raccogliere alcuni di questi sogni. Sempre a Gerusalemme, una ragazza ebrea del-l’associazione B’Tselem, alla nostra domanda “Qual è il tuo sogno per la soluzione di questo conflitto?” ha sorriso dicendo: “Ah… a me basterebbe poter andare a Betlemme a mangiare l’humus in pausa pranzo”. Jeremy invece, ebreo vicino all’associazione Rabbini per i diritti umani, alla stessa domanda ha risposto con un intreccio delle dita sul tavolo. Il sogno di Jeremy è il più difficile: un unico Stato, israeliani e palestinesi insieme, con il ritorno dei profughi. La conclusione del suo intervento, a dita ancora intrecciate, è stata: “Ma questo non è un sogno… è un miracolo”.
Giulia Ceccuti
Ripartiamo
Per questo, a un anno esatto dal lancio della Campagna “Ponti e non muri” Pax Christi ha rilanciato il 9 novembre scorso, a Roma e contemporaneamente in alcune città d’Italia, la Campagna 2005-2006. Le sue finalità e più in
Il linguaggio è uno strumento potente. Ciò spiega come delle parole atte a descrivere precisamente una data situazione, siano spesso evitate per la paura di dipingere la stessa in modo troppo ‘di parte’. In politica, l’eufemismo è spesso preferito alla precisione. È il caso del Muro, che Israele ha iniziato a costruire sulla West-Bank, che è indicato con i termini di ‘zona di separazione ermetica’, ‘chiusura di sicurezza’, o ancora ‘muro di separazione’. “La parola ‘annessione’ è evitata perché è troppo conforme alla realtà e non tiene affatto conto della necessità di mascherare la verità in nome della lotta al terrorismo. Bisogna invece riconoscere che assistiamo attualmente nella West-Bank all’annessione pura e semplice di un territorio sotto il pretesto della sicurezza. Forse non esiste alcun atto ufficiale di annessione concernente la porzione di territorio palestinese che la costruzione del muro ha come effetto di trasferire di fatto a Israele, ma tutto porta a concludere che si tratta proprio di un atto d’annessione”.
John Dugard, relatore speciale della Commissione diritti umani dell’ONU, settembre 2005
John Dugard, relatore speciale della Commissione diritti umani dell’ONU, settembre 2005
Per approfondire
I siti internet indicati di seguito sono solo alcuni tra quelli che possono essere utili per conoscere, approfondire e reperire maggiori informazioni sul conflitto israelo-palestinese.
“Nevé Shalom – Wahat as-Salam” – “Oasi di Pace” in Ebraico e Arabo - é un villaggio creato congiuntamente per Ebrei e Arabi palestinesi, tutti cittadini di Israele.
I membri del villaggio sono impegnati nel lavoro di educazione per la pace, l’uguaglianza e la comprensione fra le due popolazioni.
http://nswas.com/rubrique109.html
Il Forum Palestina, è nato nell’ottobre del 2001 per attivare una vasta campagna di solidarietà e informazione a sostegno del popolo palestinese ed ha dato vita alla grande manifestazione del 9 marzo.
http://www.forumpalestina.org
Associazione di amicizia Italia-Palestina: nasce dalla volontà di costruire un percorso di conoscenza e di scambio culturale attraverso l'incontro delle due realtà nazionali.
http://www.italiapalestina.it/sito/index.html
B'TSELEM: un centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori occupati palestinesi.
http://www.btselem.org
Alternative information Center: un’organizzazione israelo-palestinese che ha come priorità quella di proporre e diffondere un’informazione critica sia alla società palestinese che a quella israeliana sul conflitto.
http://www.alternativenews.org
Machsom Watch: associazione nata nel 2001 per iniziativa di tre donne israeliane.
Oggi conta circa 400 donne che si organizzano per trascorrere delle ore ai check-point dove “osservano” quello che è il comportamento dei militari nei confronti dei palestinesi.
http://www.machsomwatch.org
“Nevé Shalom – Wahat as-Salam” – “Oasi di Pace” in Ebraico e Arabo - é un villaggio creato congiuntamente per Ebrei e Arabi palestinesi, tutti cittadini di Israele.
I membri del villaggio sono impegnati nel lavoro di educazione per la pace, l’uguaglianza e la comprensione fra le due popolazioni.
http://nswas.com/rubrique109.html
Il Forum Palestina, è nato nell’ottobre del 2001 per attivare una vasta campagna di solidarietà e informazione a sostegno del popolo palestinese ed ha dato vita alla grande manifestazione del 9 marzo.
http://www.forumpalestina.org
Associazione di amicizia Italia-Palestina: nasce dalla volontà di costruire un percorso di conoscenza e di scambio culturale attraverso l'incontro delle due realtà nazionali.
http://www.italiapalestina.it/sito/index.html
B'TSELEM: un centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori occupati palestinesi.
http://www.btselem.org
Alternative information Center: un’organizzazione israelo-palestinese che ha come priorità quella di proporre e diffondere un’informazione critica sia alla società palestinese che a quella israeliana sul conflitto.
http://www.alternativenews.org
Machsom Watch: associazione nata nel 2001 per iniziativa di tre donne israeliane.
Oggi conta circa 400 donne che si organizzano per trascorrere delle ore ai check-point dove “osservano” quello che è il comportamento dei militari nei confronti dei palestinesi.
http://www.machsomwatch.org