Parole silenziose
Ma per ciò che vive.
L’inizio di un anno non è una semplice questione cronologica: non è qualcosa che si aggiunge, per prolungare, né qualcosa che già è passato, per accorciare. Il tempo è uno dei linguaggi più significativi della vita, nella quale si intrecciano altre dimensioni. Nell’universo della fisica il tempo si relaziona con il movimento e con la staticità; la mutazione e la conservazione. Secondi e frazioni di secondi, unità infinitesimali insieme a tempi lunghi, periodi, ere. Età dell’universo, età della terra: i primi esseri umani, età del colibrì, età delle piramidi, età di un individuo, un giorno, un battito del cuore, periodo di un’onda sonora, velocità della luce, periodo di vibrazione atomica; la luce attraversa un atomo, la luce attraversa un nucleo… Abbiamo bisogno di un tempo per poter udire, o capire. Per poter vedere o riconoscere, intuire o percepire. Abbiamo bisogno di un tempo per nascere e nessuno può permettersi di non rispettarlo. Anche la morte obbedisce alla creatività del tempo. Il tempo è eterogeneo e l’obbedienza ai suoi ritmi ci parla misteriosamente. Ma nel tempo non camminiamo da soli, da sole; il tempo è abitato così come sono abitati i luoghi, gli spazi. L’inizio di un anno non è una questione filosofica che ci porta a meditare sul tempo, ma piuttosto una questione etica: come continuare a camminare?
Continuare a camminare
Mi hanno chiesto di accompagnare la riflessione mistico-politica di Mosaico di Pace e quella dei suoi lettori e lettrici, con alcune riflessioni che nascono intorno all’eco di altre parole ascoltate o toccate e viste lungo il cammino. Ma la prima cosa che mi domando è: cosa significano queste brevi pagine dal titolo “Parola a rischio”? Cosa significa dentro una storia che sembra abbondare di parole così come di immagini? Cosa significa, nel mondo religioso ed ecclesiale, una “Parola a rischio”, quando in realtà più volte abbiamo usato la “parola” per auto-silenziarci e diventare diplomaticamente neutrali?
Rischiare che? Rischiare dove e quando?
Queste domande restano aperte, perché lettori e lettrici rispondano mentre riflettono sui temi mistico-politici di Mosaico di Pace. In questo nuovo anno, le mie riflessioni, vorrebbero solo condividere la sonorità dell’esperienza della “Parola fatta carne”.
Tutte e tutti siamo invitati a continuare il cammino e a continuare a muoverci dentro questa storia quotidiana, fatta di popoli e culture, cosmovisioni e sogni individuali e collettivi. Tutti e tutte sentiamo il desiderio di muoverci armonicamente, con movimenti più sintonici, con gesti più autentici senza perdere il filo conduttore delle sapienze storiche, né perdere il contatto con il presente, per non lasciare la vita svuotata e senza sogno. Tutte e tutti sentiamo che ci plasmiamo con il tempo, le epoche, gli avvenimenti intimi e collettivi. Tutti e tutte vorremmo sentire che la vita che passa è come il sangue che corre nelle nostre vene. Per questo cerchiamo sempre l’eco delle parole di altre, altri, e per lo stesso motivo viviamo scrutando i tempi e i loro magici linguaggi. Percepiamo che le dimensioni della vita non sono segnate solo dai nostri bisogni fisici e materiali ma, piuttosto, percepiamo che ci sono dimensioni della vita non ancora toccate e sapienze non ancora udite e ascoltate.
Parola fatta carne
Ho scrutato il contesto in cui vivo; ho cercato luci significative, ho cercato di porre orecchio alla Parola e alle parole che la frammentano nel tempo e nei differenti contesti. Mi sono anche chiesta che significa dedicare brevi riflessioni in questo spazio dal titolo “Parola a rischio”. Ho respirato gli ultimi avvenimenti del contesto socio-politico in cui vivo: intimi sogni rivoluzionari, iniziative, abbozzi di itinerari alternativi nell’immaginario individuale e collettivo di un popolo. Non ho incontrato qualcosa che significasse ciò che il tema “Parola a rischio” evoca in me. Percepisco, invece, il desiderio di parole autentiche, sobrie, quasi silenziose. Mi ritornano alla mente quei ritornelli biblici: la parola è come la pioggia (cfr. Is 55, 10-11), la parola è come una spada che penetra…La parola è viva ed efficace… (cfr. Eb 4,12). Ma la Parola è diventata concetto, logos, verbo, e poi libro, scritto, spot, e poi ancora immagine virtuale, simbolo, paradigma, moda. C’è un momento in cui la Parola sembra essere diventata completamente neutrale, così che ciò che vorremmo dire per mezzo di questa rubrica suona così lontano da ciò che in realtà sperimentiamo molte volte, ascoltando parole e ancora parole, siano esse stralci di prediche, conferenze, o comizi politici, o propaganda, o abili arringhe nei tribunali.
A volte la Parola diventa legge morale, altre volte dottrina, altre volte, invece, simbolo, disegno, colore, musica. Per alcuni e alcune è voce, per altri è narrazione intorno alla quale si ascolta e si evoca, per altri ancora semplicemente suono, respiro, gemito, grido, lamentazione.
Per molti la Parola è diventata libro e solo libro, scrittura che sintetizza e assicura la nostra sete, così come tranquillizza le nostre domande e ricerche. Ma c’è qualcosa che torna con insistenza nella tradizione cristiana, cioè in quella Parola narrata o detta in un circolo: la Parola è diventata carne, così tanto che può anche essere silenziosa perché la cosa più sonora non è un suono ma la carne, i corpi, la realtà. Il suono della Parola e dei suoi rispettivi frammenti storici non tocca solo l’orecchio ma tocca gli occhi.
Parola a rischio
“Parola a rischio”: forse davvero vorremo cercare la forza della Parola, sapienza, come la vita l’ha espressa. Non per voler essere perfetti e perfette testimoni, o perché ci dichiarino coerenti, ma piuttosto perché la parola come logos, concetto o verbo pronunciato, non soffre nessun rischio, anzi può diventare puntualmente neutrale e non offendere o ferire nessuno. Quella parola, di cui il profeta ci annunciava la fedeltà in Isaia 55, è un’altra cosa. Non è un logos, né un verbo, ma piuttosto il parto lento e delicato della vita che si trasforma, che si nasconde e poi cresce, sono gemiti, come pioggia o come lacrime, liquidi umani, sangue, sudore, dentro il ritmo esistenziale e biologico della vita. Sono persone che nascono, altre che muoiono, sono piante e animali, bambini e anziani, popoli, gruppi etnici, donne e uomini concreti, risorse naturali: acqua, gas, petrolio, alberi, piante, animali, mari, minerali e vegetali. È l’aria, l’atmosfera, i microrganismi più insignificanti. Specie antiche e nuove, trasformazioni segrete o evidenti dei processi storici.
Antonietta Potente è teologa domenicana. Dopo aver conseguito il dottorato, ha insegnato teologia morale a Roma e a Firenze; dal 1994 vive in Bolivia. Recentemente ha aperto la sua vita comunitaria a un’esperienza di condivisione e di ricerca con famiglie di campesinos, di artigiani e di studenti di etnia indigena; insegna teologia nelle università di Cochabamba e di La Paz; tiene conferenze, corsi di ritiro e di studio in altri Paesi latinoamericani. Numerose sono le sue pubblicazioni con il Cipax.
Quando ci confrontiamo sulle problematiche storiche e quotidiane più concrete, sentiamo tutti e tutte, credenti e non credenti, un’inquietudine profonda: il problema non è l’esistenza di Dio, ma piuttosto la nostra esistenza che – per i credenti – corrisponde e si sintonizza con l’esistenza di Dio. Ma il mistero non gira intorno a un’esistenza qualsiasi: basta vivere, basta coltivare la vita, o inventare leggi che custodiscano la vita. Il problema è che la vita è in relazione sempre più con un tipo di vita e questo tipo di vita, non è neutrale. Non è un qualsiasi tipo di vita. Ciò che è a rischio non è dunque la parola, ma la vita; nessuno di noi deve sentirsi minacciato per ciò che dice, ma piuttosto per ciò che vive. Scrivo da un continente che non percepisce la minaccia di qualcuno per delle parole, o per delle idee, ma piuttosto per ciò che fa. So benissimo che in Europa a volte ci sentiamo eroici o eroiche perché diciamo delle cose, perché “denunciamo”, ma credo che in certe parti del mondo questo non sia più sufficiente. La parola si è fatta carne: per cui ciò che rischia è la carne, è la stessa vita e non la parola.
Gesti eloquenti
Allora sì, potremmo fare un elenco di nomi, o semplicemente di situazioni per poterci riconoscere, concretamente, in questo rischio. Tutti questi ultimi anni, a livello mondiale, ci raccontano come è la situazione rispetto allo sviluppo umano. Tutti questi anni, gli organismi istituzionali che dovrebbero vegliare sugli equilibri economici e ecologici mondiali, ci dicono come stiamo in relazione allo sviluppo sostenibile. Nel settembre del 2000 i capi di Stato e dei Governi di 189 Paesi firmarono la dichiarazione del Millennio, con l’obbligo morale di favorire lo sviluppo, sradicare la povertà, promuovere la dignità umana e raggiungere la pace e l’equilibrio ecologico e ambientale. Partendo da questa dichiarazione, si proclamarono 8 obiettivi strategici di sviluppo e 18 mete concrete, da raggiungere nel 2015 o prima, ma tutto ciò è ancora a rischio.
Quando la vita è a rischio, forse anche la parola lo sarà: resistenze segrete e creative, per poter continuare a vivere. La parola è a rischio solo per l’eloquenza della vita, anzi la parola si può permettere di essere silenziosa e di non esprimersi più. Ma ciò che parla è la vita: sono persone concrete, sono i loro gesti. Nei gesti parla la vita. Echi lasciati nei venti della storia, frammenti di vita individuale e collettiva; a volte parole, altre volte gemiti o semplicemente descrizione di visioni. Genere letterario più vicino alla vita quotidiana che a quella ufficiale e istituzionalizzata. Spazi allargati e molteplici: creazione e storia, tempio, santuario e strade, vicoli, albe e tramonti; embrione umano ed età avanzata, cantico cosmico ed ecologia della vita. Gioco segreto tra i tempi e gli spazi, tra il corpo e la sua sensibilità più intima, mistica umana e mistica cosmica. Trama sottile dei movimenti affettivi e ludici e di quelli sociopolitici e rivoluzionari dei popoli. Autrici e autori ignoti; audacia mistica di chi percepisce il desiderio di toccare la profondità degli avvenimenti, della storia e della vita.