Tra musica e folklore afrobrasiliano
La musica è una delle tante fucine di sincretismo del più esteso Paese latino-americano, il Brasile. Il suo popolo è il risultato antropologico di una mistura centenaria di razze: la radice indigena è stata rimpiazzata o, nel migliore dei casi, integrata nel processo posteriore alla colonizzazione occidentale operata da italiani, tedeschi, olandesi, giapponesi, africani.
È in questo contesto multi etno-culturale che nasce il genere musicale Congo.
Questa espressione musicale è rintracciabile in differenti regioni del Brasile, dallo Stato di Bahia (Salvador) a quello dello Espirito Santo (Vitória), caratterizzato dall’esistenza di bande di Congo, con le proprie strofe e la loro partecipazione in cortei religiosi.
Origine
Le prime tracce di una banda di Congo risalgono al secolo XIX: padre Antunes de Siqueira descrisse nelle sue note di indigeni che cantavano, battevano le mani e il petto, e danzavano al suono di una musica, secondo lui, infernale. Tra gli scritti del 1858 di un viaggiatore francese, François Biard, sono reperibili le descrizioni di indigeni che sembravano comporre una banda di Congo. Il processo di inculturazione, dovuto alla deportazione degli schiavi neri, causò un arricchimento del folklore brasil-indigeno, essendo la danza dei neri più spontanea rispetto a quella cerimoniale indigena.
La leggenda narra di una nave negriera che naufraga in prossimità della costa capixaba, vicino la città di Nova Almeida; solo qualche schiavo si salva aggrappandosi all´albero maestro e chiedendo la grazia a São Benedito (S. Benedetto, santo nero italiano). Nasce quindi la devozione a S. Benedito: i neri si aggiungono agli indigeni in queste bande per cantare e danzare in onore del santo. Questa è la storia raccontata dai congueiros (i componenti delle bande di Congo), ma ciò che si pensa più veritiero è che i naufraghi, che ancora non conoscevano i santi cattolici, chiesero aiuto ai propri orixá (déi della religione africana e politeista del candomblé); una volta arrivati, i neri già presenti nel continente e che già conoscevano la religione cattolica, reinterpretarono le richieste in chiave cattolica.
Le bande di Congo, tipiche del folklore capixaba, sono formate da gruppi di persone che utilizzano strumenti prodotti da loro stessi e intonano vecchie e tradizionali cantiche, in maniera melanconica, al ritmo di frenetiche percussioni.
La tradizione delle bande di Congo viene tramandata di generazione in generazione: i mestres (maestri) – che svolgono la funzione di maestri, organizzatori e professori – sono nominati a vita e la successione viene affidata ai figli o a parenti, donando continuità alla banda. Ultimamente sono state create anche bande formate da bambini allo scopo di cominciare un processo di inculturazione inter-generazionale.
Strumenti
I primi strumenti musicali scoperti con gli indigeni erano il guaraná (tamburo in legno incavato e un pezzo di cuoio assicurato a un´estremità da giunture in legno), il cassaco (canna dentata di bambù e una bacchetta di bambù) e il massaracá (recipiente riempito di semi di piante della foresta).
I cantici del Congo, con i loro semplici testi, sono il frutto dell´anima del popolo che loda i santi, riportando riferimenti alla schiavitù, inni all´amore, al mare (questo riferimento è dovuto al fatto che molti congueiros sono pescatori), alla morte e alla guerra contro il Paraguay (avvenuta verso il 1870). La tristezza e la melanconia presente in questi cantici sono dovute al modo in cui vengono cantati, ovvero indugiando molto nelle ultime vocali delle frasi, forse per mostrare rispetto nei confronti della tradizione delle storie narrate.