Lo spazio della coscienza
Riflettere oggi sul tema della coscienza significa tener conto di una situazione complessa, nella quale il pluralismo etico e l’incontro fra persone che sono portatrici di diversissime visioni del mondo impongono la fatica creativa del dialogo. Tuttavia, il pluralismo culturale ed etico nel quale viviamo non è un dramma o una dannazione, non il segno della decadenza e della fine della cristianità, ma più semplicemente la condizione nella quale ci è chiesto di vivere, come uomini e come cristiani.
La stigmatizzazione di questa condizione e il reiterato richiamo alla minaccia del relativismo, che diventa per molti credenti l’emblema dello scontro con un mondo che ha dimenticato Dio contribuendo a rinforzare l’immagine di una Chiesa-fortezza, rischiano di non aiutarci a comprendere fino in fondo gli uomini del nostro tempo, rendendo meno efficace anche l’annuncio evangelico, che deve raggiungere gli uomini nel “centro” della condizione in cui essi vivono e non ai margini.
Ciò non significa che la situazione di pluralismo vada accettata acriticamene come una condizione pregiudizialmente buona: essa va vagliata alla luce della parola di Dio, su di essa va esercitata quella riserva critica che al cristiano è chiesto di esercitare su ogni realtà mondana; ma tutto ciò senza l’illusione di ricacciare in una condizione di “minorità”, direbbe Bonhoeffer, un mondo che, ci piaccia o no, è divenuto adulto.
In questo mondo, oggi, ci si deve interrogare sullo spazio della coscienza; senza fuggire in spiritualità periferiche che coltivano sommessamente l’odio per il mondo più che l’amore per gli uomini.
Note
Le immagini riprodotte nel dossier sono di Vittoria Facchini.Allegati
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