La Vita, la Pace e i Diritti Umani

13 febbraio 2006 - Salvatore Leopizzi (Responsabile di Pax Christi nel Salento)

Oggi, prima domenica di febbraio è, per i cattolici, la 28a Giornata della Vita voluta e proposta dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Il primo giorno di gennaio è stata la Giornata mondiale della Pace e nel corso dello stesso mese la Giornata dei Migranti.
Ora seguirà, sabato prossimo, la Giornata del malato.
Sarebbe sufficiente questo semplice e parziale elenco di ricorrenze proposte annualmente dalla Chiesa per porsi alcune domande e tentare, possibilmente insieme, di avviare poi anche qualche risposta.
Serve a qualcosa lanciare temi di così alto valore e di così grande attualità ma che sembrano trovare accoglienza e risonanza solo per il veloce battito di una giornata e per un numero apparentemente esiguo di persone, quelle che frequentano abitualmente la messa domenicale o leggono giornali di ispirazione cattolica?
Incidono, tali giornate, in modo significativo, nel tessuto sociale, nell’opinione pubblica, nel modo di sentire e di agire della gente comune?
I richiami e gli appelli ripetuti dal Papa e dai Vescovi, soprattutto quelli riguardanti la sfera etica e giuridica del vivere civile, lasciano traccia e imprimono davvero nuove e diverse direzioni alla storia dei nostri paesi o a quella dei popoli?
Difficile, anzi impossibile fornire una risposta esaustiva a tali quesiti, se non altro perché quando si parla di grandi valori e ci si rivolge soprattutto alle coscienze, risulta del tutto inadeguata e insufficiente la raccolta di dati numerici e statistici relativi ai risultati sperati ed effettivamente raggiunti.
Ciò non toglie che alcuni possano avere l’impressione di una evidente e deludente inutilità di tante “giornate” nazionali o mondiali.
Inutilità in quanto, per esempio, le 38 Giornate mondiali della Pace (a partire dal 1968) con gli accorati e circostanziati messaggi dei tre pontefici che nel frattempo si sono succeduti, non sembra abbiano cambiato di una sola virgola né tantomeno fermato il corso degli eventi bellici e dei disastri terroristici di questi ultimi decenni.
E così anche le 28 Giornate della Vita non hanno alimentato quella cultura del rispetto e dell’accoglienza di ogni essere umano che dovrebbe esprimersi, oltre che in una legislazione antiabortista, anche e soprattutto in una mentalità sostanzialmente allergica alla soppressione di qualsiasi forma di vita umana, sia essa pre o post-natale.
I focolai di guerra non si spengono, le stragi e le minacce terroristiche si moltiplicano, l’uso delle armi viene facilitato anche per i privati cittadini nella difesa dei loro beni, le tecniche abortive si presentano più raffinate e meno invasive (e perciò forse anche più … appetibili); aumenta il numero di bimbi abbandonati nei cassonetti della spazzatura e sui gradini delle chiese; gli immigrati, quando non vengono inghiottiti dai marosi della disperazione, sono rispediti con disprezzo al mittente.
Ma proprio per evitare il completo declino di umanità, il tramonto inarrestabile della civiltà, queste “giornate” a mio modesto parere rivestono una loro doverosa e irrinunciabile necessità.
Se da una parte col pessimismo della ragione si giudica inesorabile e ineluttabile il degrado del sistema “mondo” e la mercificazione o banalizzazione dell’evento “vita”, dall’altra, con l’ottimismo della volontà, dobbiamo continuare a desiderare e a sognare l’avvento di quello che P. Ernesto Balducci definiva uomo inedito, emancipato cioè dall’istinto di sopraffazione e dal delirio di onnipotenza e capace finalmente di essere in-nocente e nonviolento.
Siamo ormai nella necessità storica, come su un crinale apocalittico, di operare una decisiva svolta epocale per ricomprendere e riformulare il DNA delle strutture bioetiche della nostra condizione umana.
Dobbiamo ritessere in modo armonico e unitario i fili sottili ma forti e indistruttibili che costituiscono la trama completa della vicenda misteriosa e meravigliosa di ogni vita, superando in tal modo il fascino e le tentazioni del cosiddetto pensiero debole, frammentario e breve.
La vita, ogni vita e in ogni caso, è sempre dono e non proprietà privata. E’ opera d’arte originale e i diritti d’autore vanno comunque rispettati … si tratti della vita di chi non è ancora nato o di quella segnata dalle ferite della miseria, della malattia, della colpa. Si tratti di singoli individui o di interi popoli. L’impegno per la vita e l’impegno per la pace camminano perciò insieme e di pari passo. Non rassegnarsi alla mentalità abortista significa anche non rassegnarsi alla logica delle armi, alla loro produzione, al loro uso, al loro iniquo e lucroso commercio. Significa anche non adeguarsi ad un sistema sociale ed economico che produce spreco, sottosviluppo e macroscopiche ingiustizie. Una giornata per la pace e una giornata per la vita: forse non bastano ma possono essere per molti il primo passo o un chiaro segnale di … inversione di marcia.

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