Nell’Europa delle Chiese divise
“Ogni cristiano è invitato ad associarsi al pellegrinaggio di speranza, a dare testimonianza comune, camminando con Cristo alla ricerca di una nuova vocazione per l’Europa”. Sono parole tratte dalla Lettera ai cristiani di Europa, redatta a conclusione dell’assemblea ecumenica che si è tenuta a Roma dal 24 al 27 gennaio 2006, con la quale ha avuto inizio il cammino della terza assemblea ecumenica europea. Con questo primo incontro di circa 150 delegati di Chiese cristiane e associazioni ecumeniche operanti in 44 Paesi europei si è aperto il percorso che avrà il suo culmine in una vasta assemblea ecumenica che si terrà a Sibiu, in Romania, nei giorni 49 settembre 2007.
Sulla strada
Si tratta di un cammino che coinvolge le Chiese cristiane europee che ha già alle sue spalle due importanti tappe: l’assemblea di Basilea, tenuta nel 1989, pochi mesi prima del crollo del muro di Berlino, dedicata a “Giustizia e pace”, e l’assemblea di Graz, del 1997, su “Riconciliazione dono di Dio e sorgente di vita nuova”. Questa terza assemblea trova il suo fondamento e la sua linfa vitale nel cammino iniziato per le Chiese europee in coincidenza temporale con uno degli eventi che maggiormente ha segnato l’Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale: la caduta del muro di Berlino. Il 1989 ha restituito, infatti, all’Europa – seppur in maniera parziale – la possibilità effettiva di percepirsi con un volto unitario, dove est e ovest, sul piano politico, sociale, culturale, e anche economico, “riassumono” la considerazione di un’identità comune. La fine della cortina di ferro ha segnato una profonda svolta anche sul piano dell’esperienza ecumenica comune, con una maggiore e nuova possibilità di incontro delle tradizioni di Oriente e Occidente. Il percorso verso Sibiu gode poi di un punto di riferimento ulteriore: la Charta Oecumenica, firmata a Strasburgo nel 2001, rappresenta una vera e propria “carta fondativa” per la crescita della collaborazione tra le Chiese in Europa. Su questi basi, in un contesto europeo profondamente mutato rispetto al 1997, nei suoi equilibri interni e nelle relazioni internazionali, in un mondo segnato da una nuova
guerra globalizzata, il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee (CCEE) [34 Conferenze episcopali] e della Conferenza delle Chiese d’Europa (KEK) [a cui appartengono 126 Chiese] invitano i cristiani a un nuovo passo, nel segno della speranza, del rinnovamento e dell’unità, come recita il sottotitolo dell’assemblea.
Verso Sibiu
La novità, che contraddistingue la terza assemblea rispetto alle precedenti, è la forma adottata e lo stile di cammino. Non si è pensato, infatti, a una grande assemblea di delegati per discutere problematiche ecumeniche (come è avvenuto a Basilea); non si è pensato neanche a un grande evento che vedesse insieme una convocazione assembleare di delegati e un grande incontro di cristiani come avvenuto a Graz. Si è scelto di attivare un percorso, un itinerario, un “processo assembleare”, scandito in quattro fasi di cui l’assemblea di Sibiu costituirà un momento centrale e significativo ma non l’unico. “Verso Sibiu”, quindi, nel senso stretto che la proposizione indica. Al primo dei quattro momenti che ha già avuto la sua celebrazione, a Roma nel gennaio scorso, seguirà una seconda fase, di coinvolgimento allargato, da viversi a livello locale, regionale o nazionale, con due momenti chiave nella Pentecoste 2006 e nella settimana di preghiera per l’unità dei cristiani 2007. Il terzo momento avrà di nuovo la forma di un’assemblea dei 150 delegati e si terrà a Wittenberg, in Germania (15-18 febbraio 2007). Infine, l’assemblea a Sibiu. Il processo assembleare è pensato nella logica di un pellegrinaggio simbolico che porti a incontrare le ricchezze delle differenti tradizioni cristiane e a riscoprire le radici cristiane dell’Europa. I luoghi scelti sono carichi di un significato immediato per la storia che essi portano con sé, capaci di esprimere la ricchezza delle grandi confessioni cristiane presenti in Europa: la Roma cattolica con Wittenberg, la città in cui Lutero dà inizio alla Riforma, e con Sibiu, città ortodossa della Transilvania, capitale della cultura europea 2007. È un pellegrinaggio che richiede il massimo coinvolgimento di comunità, di Chiese, di Consigli di Chiese.
Paolo (Ef 5, 917)
L’Europa unita
Davanti alle Chiese cristiane sta prima di tutto il processo di unificazione europea, segnato allo stato attuale da dubbi, critiche, resistenze, come mostra la mancata ratifica da parte di Olanda e Francia del Trattato costituzionale. Le Chiese sono chiamate a un contributo, come richiesto l’art. 52 della Trattato costituzionale europeo, che riconosce esplicitamente il contributo delle Chiese al dibattito pubblico e prevede un dialogo “aperto, trasparente e regolare” con esse e con le comunità religiose. È una Europa, infatti, alla ricerca di un “baricentro comune”, di un dato di identità comune riconosciuta, che non sia contrappositiva e non sia identificata banalmente in un Occidente cristiano. L’Europa si chiede “chi sono?” e “perché insieme, legati in un destino comune?”. È un’Europa di forti localismi, che non ha assunto una posizione comune, in tema di politica estera, in rapporto al conflitto iracheno, al conflitto israelopalestinese, alla politica estera statunitense, ma che è ben consapevole di essere un polochiave nello scenario mondiale. Le Chiese possono aiutare il percorso di riflessione proprio intorno a questo nodo di identità, che non può essere appiattito sulla richiesta della menzione delle radici cristiane nel Preambolo del Trattato. È un’Europa che oggi si confronta con un crescente secolarismo, con l’invecchiamento delle Chiese, con difficoltà di trasmissione del Vangelo alle nuove generazioni. È un’Europa la cui storia è stata intrecciata con lo sviluppo del cristianesimo, ma non nella forma che afferma chi chiede di evidenziare le radici cristiane dell’Europa; non possiamo dimenticare il fatto che il principio di tolleranza è stato formulato in Europa in seguito alle guerre di religione, all’impossibilità sperimentata di garantire la pace sociale su base religiosa in un con testo in cui le diverse confessioni, tutte cristiane, unite quindi dall’unica fede, erano incapaci di dare pace e convivenza tra Stati. È, infatti, l’Europa delle Chiese cristiane divise, incapaci quindi di dare testimonianza nel contesto europeo di quell’unità che
è al cuore del messaggio cristiano. Il Vangelo di Gesù potrà essere accolto come alimento per la speranza dei popoli e delle Chiese, degli uomini e delle donne d’Europa? Ci offrirà quei criteri che cerchiamo per logiche nuove di convivenza, in un mondo in mutamento? Sono queste le domande che accompagnano i pellegrini verso Sibiu.
La luce di Cristo
Le Chiese sono quindi esortate ad annunciare insieme il Cristo e il suo Vangelo come dono per le donne e gli uomini europei di oggi, nella certezza che solo il Cristo è luce delle genti. Il Cristo crocifisso, “colui che dei due ha fatto uno”, abbattendo il muro di separazione che esisteva frammezzo – come dice Efesini – è luce per i popoli, mentre le Chiese sanno di essere totalmente “relative”. A Dio, al suo Regno, al mondo intero. Nel Vangelo di Gesù è data luce per poter leggere la realtà di un’Europa in trasformazione, per vivere con speranza, per camminare insieme sulle vie di una necessaria riconciliazione, anche se attualmente la percezione più diffusa è quella della difficoltà e delle tenebre, perché, come afferma Gv 8,12, Gesù dice “Io sono la luce del mondo, chi segue me non cammina nelle tenebre”. Siamo in fondo nell’albeggiare di una nuova Europa e – voglio sperare – di una nuova fase ecumenica (meno di specialisti e più di popolo). Proprio ora vogliamo invocare la luce del Cristo, nel suo progressivo manifestarsi, nel suo renderci capaci di cogliere ciò che ci circonda e capaci quindi di iniziare un nuovo movimento, una nuova giornata.