Lettera aperta ai Cristiani sulla gestione del CPT da parte delle “Misericordie”
Il modello di una solidarietà per migranti alla ricerca di una prospettiva di vita interroga le nostre coscienze di credenti e le scuote fortemente per un credibile progetto di carità.
A questa domanda di solidarietà il Centro di Permanenza Temporanea (Cpt), inflitto al nostro territorio, senza il coinvolgimento degli enti locali, è una risposta sbagliata.
Si tratta di un luogo di mortificazione dei migranti senza permesso di soggiorno e della loro dignità umana, come dimostrano le testimonianze di chi ha potuto visitarlo e le foto agghiaccianti venute alla cronaca di questi giorni: letti bullonati al pavimento, comodini e armadi in pietra cementati alle pareti e al pavimento, sbarre dappertutto e completo isolamento.
Come cristiani non possiamo rimanere in silenzio e ci sentiamo anzi personalmente interpellati per il fatto che ad occuparsi della gestione di un luogo concepito in una logica carceraria e, di più, manicomiale, sia una confraternita come le “Misericordie”.
Consolare gli afflitti, ospitare i pellegrini, ridare sollievo, amore, speranza a chi l’ha perduta non sono obiettivi perseguibili in un Cpt funzionale solo al respingimento, all’espulsione, al ritorno ad una vita senza avvenire, invece di una speranza di inserimento nella nostra società.
Come laici credenti siamo convinti che un intervento umanitario non ha nulla a che vedere con l’esistenza di questi luoghi di reclusione e che, ancor più la Chiesa e le realtà associative che si ispirano al messaggio evangelico, devono astenersi dalla loro gestione.
L’azione umanitaria ha bisogno di un’autonomia che nei Cpt è negata perché ne realizza solo la logica detentiva e necessita di una credibilità che in questi luoghi è pericolosamente compromessa nella dinamica di ingenti finanziamenti sottratti alle politiche di accoglienza e di integrazione.
Per queste ragioni chiediamo alle “Misericordie” di abbandonare responsabilmente la gestione del Cpt nel rispetto dei principi umanitari e di solidarietà che storicamente le caratterizzano e il cui tradimento non può essere giustificato dal bisogno di un lavoro per giunta precario.
Nella nostra Chiesa, alla quale esse pure fanno riferimento, abbiamo il dovere di condividere la sofferenza di quanti si trovano nella condizione di sradicati dalla propria terra e forzatamente divisi dalle loro famiglie, perché sta scritto:
“Non opprimerai lo straniero: anche voi conoscete la vita dello straniero, perché siete stati stranieri nel paese d’Egitto” (Esodo 23, 9).
L’avvicinarsi della settimana Santa è l’occasione per vivere un momento di forte riflessione su questi temi. Per questo, Giovedì 6 Aprile prossimo, alle 19.30, invitiamo tutti a condividere, nella preghiera, la Passione di Cristo, davanti ai cancelli del CPT.
Rosina Basso
Aldo Lobello
PaoloMiraglino
CarloMontedoro
Ignazio Grattagliano
NicolaOcchiolino
EnzoPurgatorio
MartinoRuppi
RobertoSavino
EnzoSportelli
GabriellaTrevisi
AntonellaVulcano
Matteo Magnisi
Nicola Colaianni
Bari, 15 marzo 2006
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