Difendersi dall’olocausto atomico
Una riflessione sul sabotaggio. Nonviolento, naturalmente.
Quando leggerete queste righe Turi Vaccaro, il demolitore nonviolento di F16, l’ex operaio FIAT obiettore alla produzione bellica, lo “scoiattolo della pace” ai tempi di Comiso, sarà già stato temporaneamente scarcerato dalla giustizia olandese. Magari, capellone e barbuto, a 52 anni agile ancora come un acrobata, avrete anche avuto occasione di incontrarlo di persona, perché il 6 febbraio, giorno in cui avrà scontato i sei mesi di carcere cui è stato condannato, verrà espulso dalla terra dei tulipani e andrà girando per l’Italia, di assemblea in assemblea a divulgare, verseggiando e performando, il verbo antimilitarista e antinucleare.
Il tribunale di Breda (Olanda), che lo ha condannato il 17 ottobre scorso, ancora deve fissare l’appello, ma ha deciso di rinviare al giudizio di Cassazione i dodici mesi aggiuntivi che Turi dovrà scontare perché non pagherà i 750.000 euro di ammenda che gli sono stati comminati per il danneggiamento dei due cacciabombardieri nucleari ospitati in riparazione dalla base di Woensdrecht. Turi è stato patrocinato in giudizio dall’avvocato Meindert Sterling, presidente della IALANA – una organizzazione di giuristi contro la guerra nucleare – che aveva sostenuto che il pacifista aveva agito per “legittima difesa” contro l’illegalità delle armi nucleari, che sono armi di distruzione di massa e quindi violano i trattati internazionali di non proliferazione nucleare. La Corte olandese ha invece trattato tale azione guastatrice, compiuta il 10 agosto 2005, 60esimo anniversario di Nagasaki, come un atto di “vandalismo” e, senza valutare il “contesto” né le circostanze attenuanti, gli ha inflitto una pesantissima condanna.
Sabotaggio nonviolento
Alcuni nonviolenti, tra essi i sei firmatari dell’appello antinucleare di Roma (ottobre 2005), ad esempio padre Alex Zanotelli e il sottoscritto, considerano il nostro Turi un simbolo della nonviolenza attiva e si sono dichiarati “corresponsabili” della sua azione: il sabotaggio, appunto, di due cacciabombardieri nucleari. Altri invece si sono dimostrati reticenti a
manifestargli solidarietà: il gesto di Turi sarebbe tutt’altro che nonviolento perché attuato da un individuo isolato e in quanto impregnato di valenze simboliche distruttive, che richiamano un alone negativo di violenza.
Su questo punto vorrei ribadire la mia opinione. Sono favorevole, a certe condizioni, al sabotaggio nonviolento. Senza se e senza ma quando si tratta di rendere inservibili apparati di sterminio di massa non recando danno alle persone. Le strategie di azione nonviolenta devono combinare insieme la non collaborazione attiva con l’ingiustizia ai program mi costruttivi di prefigurazione di un altro mondo possibile: “distruzione” del vecchio (investendo le “strutture di peccato” per salvare i “peccatori”) ed edificazione del nuovo costituiscono due facce inseparabili della stessa medaglia.
Questa mia convinzione è in linea con quella di Alex Zanotelli, quando parla di “splendida e profetica azione nonviolenta”. Scrive Zanotelli: “L’atto coraggio so di Turi viene a riproporre con forza il problema delle armi nucleari, della proliferazione atomica e del rischio concreto di guerra atomica che oggi – a detta del fisico Angelo Baracca – è più grave di quanto non lo fosse negli anni della guerra fredda. Purtroppo i venti soffiano in ben altra direzione. Infatti il 27 maggio 2005 le nazioni convocate dall’ONU per trattare il problema del nucleare non sono riuscite a raggiungere alcun accordo, per cui si è impantanato il trattato di non proliferazione atomica. Oggi si è tornati alla sperimentazione atomica, al riarmo nucleare...
Mai come oggi il mondo vive sotto la minaccia nucleare che potrebbe spazzare via l’intero pianeta. I tecnici ci dico no che abbiamo armi nucleari da far saltare il mondo decine di volte per aria. Questa consapevolezza ci porta oggi a riproporre in termini radicali la Campagna per l’abolizione totale delle armi nucleari partendo dalla rimozione di tutte le testate schierate sul nostro territorio”.
Il problema atomico
Ma questa consapevolezza della gravità e attualità del problema atomico non è purtroppo diffusa. Lavorando sul caso di Turi ho appurato con sorpresa e sconcerto che, ad esempio, il Parlamento Europeo non ha affatto all’ordine del giorno una risoluzione per il disarmo atomico: si limita ad auspicare la creazione di zone denuclearizzate (il Mediterraneo) che dipendono da eventuali, fumosi negoziati internazionali e non da decisioni autonome incondizionate, che compiano il primo passo nella direzione giusta (il disarmo unilaterale).
Altro esempio su cui riflettere: il programma elettorale dell’Unione, al momento, non si occupa di disarmo atomico ma solo, e obtorto collo, di ritiro delle truppe dall’Iraq “da concordare con il governo irakeno”. Non è cioè previsto dallo schieramento progressista, includente forze politiche dichiarantesi “pacifiste”, che si imiti l’esempio del Parlamento belga (il quale è, per inciso, di centrodestra): da esso è stata approvata la rimozione e la distruzione delle testate nucleari presenti sul proprio territorio, incluse quelle installate sui sommergibili e sulle navi.
Dobbiamo prestare grande attenzione ai seguenti aspetti, di fondamentale rilevanza politica: i Paesi aderenti al Trattato di Non Proliferazione (TNP) – tra i quali, in pratica, quasi tutti i membri dell’Unione Europea in qualità di “Stati non nucleari” (quindi l’Olanda e l’Italia) – si sono impegnati a non accettare mai di ospitare sul proprio territorio armi atomiche (Art. II); tali Paesi non possono quindi subire la condizione illegale di “Stati atomici”, che ospitano armamenti nucleari di una potenza straniera, pretendono di disporre della doppia chiave per il loro uso, e coltivano piani di guerra che combinano operazioni difensive suicide con scenari offensivi genocidi; lo sviluppo nella popolazione di una più solida e profonda cultura di pace è strettamente collegato all’idea che si possono garantire sicurezza e difesa delle popolazioni costruendo modelli alternativi al posto del modello attuale, illegale, immorale, non necessario militarmente e terribilmente pericoloso.
Silenzio assoluto
Sarà anche per le sue implicazioni politiche radicali, sopra accennate, ma il gesto di Turi è stato circondato dal silenzio pressoché assoluto dei media e dei movimenti nonviolenti. Si può capire la censura della grande stampa, ma questo silenzio anche nel movimento per la pace è davvero incomprensibile. O anche tra noi scatta irrazionalmente il riflesso stereotipato per il quale chi distrugge gli F16 a colpi di mazza se non è un “teppista”, è comunque uno che non ci sta con la testa? Varrebbe la pena ricordare che l’azione nonviolenta di Turi non è esclusiva farina del suo sacco, è individuale solo sino a un certo punto, è stata preparata accuratamente e si è avvalsa del consiglio di molti: programmaticamente si ricollega a gesti compiuti da suore e preti USA (ricordiamo i fratelli Berrigan e la suora Rosemary Lynch nonché le tre suore domenicane ancora in carcere).
È il cosiddetto movimento nonviolento Ploughshares (i Fabbri) che ormai da decenni, proponendosi di “trasformare le spade in aratri”, ha portato avanti azioni analoghe soprattutto contro missili atomici negli USA. Chi compie queste clamorose azioni “distruttive” le compie contro strumenti di morte mai contro persone in maniera sempre nonviolenta e accettando di pagarne le conseguenze (il carcere in primo luogo) sulla propria pelle. Affermava Capitini nel famoso “Le tecniche della nonviolenza”: “Il sabotaggio è una tecnica della nonviolenza solo quando non vi è nessun rischio per l’esistenza di esseri viventi. È una delle misure di carattere estremo, quando il danno che viene apportato è superato dal danno che il funzionamento di quel servizio apporta”.
Non vi è dubbio che l’apparato dello sterminio nucleare è la minaccia più orribile che incombe con una pericolosità terrificante sulla nostra testa. Esso, giorno dopo giorno, ingoiando risorse e intelligenza tecnico-scientifica, sottraendo pane dalla bocca dei poveri e producendo inquinamento, malattie, attentati ai diritti di libertà, scava orridamente sotto i nostri piedi l’abisso del Nulla: alimentarlo in qualsiasi modo dovrebbe essere considerato la malvagità assoluta, l’estremo e inconcepibile abominio, se si è religiosi il vero peccato irredimibile. Il potente che premerà il bottone atomico determinerà una situazione senza ritorno e spegnerà per sempre la luce della speranza. Di fronte a questo immane e concretissimo rischio di genocidio ed ecocidio definitivi e completi, che vanifica il senso stesso del nostro stare al mondo, non credo sia una buona idea rimproverare il povero Turi semplicemente perché ha agito da solo (volendo però rivolgersi a tutti, comunicare con tutti) usando un rozzo e volgare martello.
Turi, con ingenua, provvida e benedetta “follia”, ha fatto il suo piccolo gesto simbolico di disobbedienza individuale, ha inserito il suo granellino di sabbia nella macchina dello “sterminiamo”, ha offerto il suo penoso sacrificio (la prigione e l’esilio dagli affetti familiari) risvegliandoci dal nostro letargo. Penso che faremmo bene a impegnarci strenuamente, con tutti i nostri mezzi, nel “progettare una nuova grande campagna per realizzare l’obiettivo della denuclearizzazione...”.
Finché siamo in tempo, agiamo, uniamoci, difendiamoci, in nome di Dio e dell’Umanità!