Elezioni: la posta in palio
Le elezioni sono alle porte. Un evento che giunge in un momento particolarmente grave, a livello nazionale e internazionale. Raramente abbiamo vissuto tempi più difficili, non solo per gli assordanti rumori di guerra ma anche per la minaccia alla democrazia, per la catastrofe ecologica che ci attende e per la vita stessa del pianeta che è posta a serio rischio. Mi sconcerta sapere che tanti cittadini non siano assolutamente preoccupati. È paradossale che tanti europei sono inquieti per la nostra indifferenza di fronte a quanto accade prima di tutto del nostro Paese.
Così come ho avuto modo di denunciare nell’editoriale di Mosaico di pace del mese scorso, è grave che il 50% delle TV e il 40% dei giornali siano nelle mani di colui che presiede il nostro governo. Ci può essere una democrazia quando buona parte dei mezzi di comunicazione sono nelle mani del governo? È una domanda fondamentale per i processi democratici. Già negli anni Novanta Karl Popper, intellettuale americano, affermava alla stessa cittadinanza statunitense che con questa televisione non ci può essere democrazia. Mi domando cosa potrebbe dire lo stesso Popper al popolo italiano. In pericolo oggi è la stessa democrazia. Ecco perché è importante tener desta l’attenzione. Ecco perché è fondamentale votare. Tanti, troppi, sono tentati di non votare o di votare scheda bianca. Sarebbe un errore. Il più grande che potremmo fare. Dobbiamo votare. Tutti. Dobbiamo contribuire perché questa nazione possa voltar pagina.
Non posso accettare un Paese – parlo personalmente ma so di interpretare il pensiero di molta gente – che ha partecipato, e partecipa ancora, a una guerra ingiusta e immorale come quella in Iraq. L’Italia è presente in Iraq con i nostri soldati e con i nostri soldi.
Non posso accettare un Paese dove sia in vigore una legge come la Bossi-Fini, che ritengo non solo incostituzionale bensì anche immorale.
Non posso accettare un Paese che ospita i CPT (Centri di Permanenza Temporanea) che io definisco, senza remore, dei veri e propri lager.
Non posso accettare un Paese dove l’intolleranza, il razzismo, la xenofobia, l’islamofobia arrivino a livelli tali da consentire a un ministro dello Stato, on.le Calderoni, di mostrare magliette con invettive contro il profeta Mohammed.
Non posso accettare un Paese dove così tante leggi siano state approvate in sordina ed essenzialmente ad personam.
Soprattutto mi sconvolgono i cambiamenti apportati alla Costituzione attraverso una serie di riforme che fanno a pezzi la nostra costituzione repubblicana, che ignorano o dimenticano la nostra storia, che frammentano la nostra democrazia.
Abbiamo assistito in questi anni a dichiarazioni, ad approvazioni di leggi, ad atteggiamenti che non possiamo più accettare. Perché essi sono la negazione di come l’Italia ha voluto costruire se stessa nel dopoguerra: un Paese accogliente, pacifico, promotore di una giustizia sociale e di un vero ripudio della guerra. Un Paese democratico che fondava la sua Carta Costituzionale su valori indiscutibili e inviolabili. Quelle pietre miliari sono state fortemente compromesse e poste in discussione.
Avevo premura di condividere con i lettori di Mosaico di pace solo alcune note perché lo spazio non consente, in questo contesto, un bilancio dettagliato di una legislatura. Solo alcune considerazioni per dire che è essenziale il voto di ciascuno.
Dobbiamo prendere coscienza della gravità di questo momento storico, a ogni livello, e avere il coraggio di contribuire a voltar pagina.
Lo stile della partecipazione ci impone di porre a ogni candidata e candidato alle elezioni le questioni che riteniamo essenziali per l’Italia e per il mondo intero. In particolare ricordiamo loro alcune di esse che sono decisive per il nostro avvenire: le minacce che riguardano l’acqua e la privatizzazione dei servizi, la salvaguardia dei beni essenziali, la difesa della scuola pubblica e la promozione della sanità per tutti (pubblica anch’essa). Sono questioni prioritarie perché è in atto una tendenza a privatizzazione tutto. Ancora una volta a pagare il prezzo più alto saranno i poveri e le classi più deboli.
Vorrei che ricominciassimo a prendere coscienza che tante di queste decisioni, tante proposte e tanti progetti in cantiere (la TAV, la privatizzazione dell’acqua, il ponte di Messina, il problema dei rifiuti e delle discariche) avvengono perché sono decise dalla finanza, dai potentati economico-finanziari. Non sono più i politici che decidono. È ora di ricominciare. Di tornare alle decisioni politiche. La finanza e l’economia devono obbedire ai rappresentati della polis e non questi ultimi sottostare ai comitati di affari. Questa è la tragedia che sta accendendo e a cui dobbiamo porre termine. La società civile può contribuire in modo considerevole come del resto ha dimostrato la popolazione della Val di Susa o di Scanzano. Dobbiamo costruire una partecipazione di base, democratica, che sappia mettersi in rete, che sappia resistere, che sia soggetto politico e che sappia dire no a questi piccoli passi che ci avvicinano sempre più a un modello di sviluppo che non è più sostenibile. Un modello deleterio per noi, per i poveri e per la vita stessa.
È alta la posta in palio in queste elezioni, tanto da riguardare non solo l’Italia ma la vita stessa del nostro pianeta.