Impegno nonviolento
Può sembrare fuori luogo la richiesta di un articolo
sull’enciclica Deus caritas est e la pace, dal momento che Benedetto
XVI non vi cita mai la parola “pace”; e non solo perché il tema è quello
della “caritas”, ma anche perché quella scelta stessa potrebbe rivelare
l’intento del nuovo Papa, non dico di ridimensionare il sociale, quanto di
radicarlo profondamente nell’essenziale umano, e di radicare l’umano nel
divino. Proprio questo radicamento ci guida a una concreta riflessione sulla
pace, se è vero – come ci viene rivelato (Ef 2,14) – che “Cristo è la
nostra pace”. Del resto, gli angeli annunciavano ai pastori di Betlemme che
era nato chi recava gloria a Dio (rilevando appunto che Dio è amore e dove c’è
amore c’è Dio) e pace in terra per gli uomini che Dio ama (Lc 2,14). Il
primato dato all’amore non può non portare a illuminare alla sua luce tutta
la realtà e l’orientamento della vita umana, recuperando una valutazione più
autenticamente cristiana – quindi più pienamente umana – della storia,
della politica, quindi di un impegno concreto nella vita sociale.
O Dio o mammona
Benedetto XVI mette in guardia dal lasciarsi condizionare
dall’ideologia marxista nel valutare la carità, quasi che potesse indebolire
l’impegno per la giustizia (n. 26). Credo che la stessa attenzione dovrebbe
imporci di non lasciarsi condizionare dalla ideologia, che io chiamo della
“mammona” (cfr. Mt 6,24), e cioè dell’individualismo personale e sociale,
tutto incentrato su di sé e prioritariamente sul proprio interesse e sul
proprio potere. È lì che si radica lo spirito della guerra, come imposizione
delle proprie mire di potenza attraverso la violenza. Come cristiani si capì
subito che la guerra, trasgressione radicale del comandamento “non
uccidere”, era radicalmente antievangelica, e si è cercato di limitarla alle
“guerre giuste” e alle “guerre sante”, poi di circoscriverla alle
“guerre di difesa”, giungendo infine, nella Pacem in terris di papa
Giovanni XXIII, a porla “al di fuori della ragione” (n. 42), a condannarla
nella Costituzione conciliare Gaudium et spes (n. 81 d) come “delitto
contro Dio e contro la stessa umanità” quanto meno nella sua dimensione di
“guerra totale”, come allora si indicava la guerra atomica, che
“indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città e di vaste regioni
e dei loro abitanti”. Papa Giovanni Paolo II, nel dicembre 2003, arrivò a
indicare la nonviolenza attiva come l’unica strada odierna per risolvere i
conflitti tra i popoli; e questo coincide con l’affermazione di papa
Benedetto, che già nell’introduzione dell’Enciclica (n. 1) dichiara di
“voler parlare dell’amore, del quale Dio ci ricolma e che da noi dev’essere
comunicato agli altri” “in un mondo in cui al nome di Dio viene a volte
collegata la vendetta o perfino il dovere dell’odio e della violenza”.
In cammino
E credo che questa nonviolenza attiva sia in realtà la forma
più alta di “servizio” in cui l’essere umano deve esprimere il suo amore
verso Dio (cfr. Deus caritas est n. 18), tanto più appunto noi cristiani
e le nostre Chiese, chiamate a testimoniare questo amore verso tutti (n. 25).
Credo allora che tra le opere del volontariato, come espressione tipica della
carità e dimensione dell’evangelizzazione (n. 30), ci debba essere
l’impegno dei cristiani e delle Chiese per un cammino concreto di pace. Nella
conclusione (n. 4041) Benedetto XVI addita come icone della carità i santi, e
in primo luogo Maria, Madre del Signore e specchio di santità”. Proprio nel
suo Cantico L’anima mia magnifica il Signore – largamente qui
commentato – v’è l’indicazione di questo concreto cammino della pace, per
i singoli e per i popoli, facendosi testimoni del piano di Dio, che “ha
disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai
troni e ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato
a mani vuote i ricchi” (v. Lc 1, 5153). La Deus caritas est non parla
espressamente della pace, ma dà tutte le indicazioni perché le Chiese e i
cristiani si rendano conto del loro impegno ineludibile di farsi profeti e
operatori di pace.