Il diritto all’acqua
Note a margine del Forum mondiale dell’acqua.
Il quarto Forum mondiale dell’acqua, di Città del Messico, si è concluso con una dichiarazione finale che, ignorando sette giorni di dibattito e richieste di movimenti e di istituzioni e non tenendo conto delle direttive del Parlamento Europeo, non contiene il riconoscimento dell’accesso all’acqua come “diritto umano”.
I 146 rappresentanti dei governi di tutto il mondo, ancora una volta, non
hanno avuto la forza e la volontà politica di rifiutare la proposta di dichiarazione redatta dagli esperti del Consiglio mondiale e hanno negato l’evidenza dell’acqua come fondamento della vita del pianeta terra e di ogni essere vivente.
È incredibile e al tempo stesso terribile: quanto è accaduto a Città del Messico costituisce la dimensione più radicale e tangibile del degrado a cui è giunta la “politica” espressa dai governi degli Stati-Nazione.
Questa decisione costituisce un’offesa alla democrazia, alla partecipazione dei cittadini: il dibattito acceso all’interno del Forum ufficiale, le sollecitazioni venute dalle delegazioni indigene, le parole dei rappresentanti di 17.000 comunità locali, la risoluzione del Parlamento Europeo (rappresentante legittimo di 450 milioni di cittadini), la vibrante richiesta di Danielle Mitterand, la potente manifestazione per le strade di Città del Messico, il Forum alternativo, che univocamente ha richiesto e sollecitato il riconoscimento dell’accesso all’acqua come un diritto, non sono serviti a nulla, sono state parole cadute nel vuoto.
Alla fine il presidente del Forum e quello di AcquaFed, la
È stato deciso così di non scrivere nella dichiarazione finale che l’acqua è un diritto umano.
Ancora una volta un organismo privato, com’è il Consiglio mondiale dell’Acqua, è riuscito a imporsi come il luogo maggiore di analisi e di dibattito sulla politica mondiale del cosiddetto “oro blu”, ma paradossalmente forse questo rifiuto segna l’inizio di una nuova fase del dibattito internazionale che porterà alla fine del Consiglio mondiale dell’acqua, o per lo meno alla sua delegittimazione. Vediamo di esplicitare alcuni presupposti sui quali si basa questa convinzione dei movimenti e in particolare dei sostenitori del Contratto mondiale sull’acqua.
Cosa è accaduto
La prima positiva constatazione è che la risoluzione finale, approvata frettolosamente dai governi dei 140 Paesi di tutto il mondo sulla base di differenti motivazioni – chi per convinzione, chi perché corrotto, chi sotto le minacce e i ricatti della Banca Mondiale – contiene però la richiesta, formulata dal Parlamento Europeo, di attivare un coordinamento delle attività di definizione e di esecuzione della politica dell’acqua, cioè di affidare a un’agenzia delle Nazioni Unite il coordinamento dei lavori delle 24 agenzie operative nel settore.
Se gli eletti e il Parlamento Europeo, congiuntamente ai movimenti, sapranno sostenere e concretizzare questa proposta, sarà possibile sottrarre al Consiglio mondiale sull’acqua il ruolo che si è arrogato in tutti questi anni di decidere per conto dei governi e dei cittadini le politiche di gestione di un bene comune come l’acqua.
La seconda constatazione è quella che i rappresentanti delle delegazioni governative che hanno approvato la Dichiarazione del Messico, hanno deliberatamente ignorato la diffusa coscienza e mobilitazione popolare che sta maturando in diverse parti del mondo, a livello di comunità e di cittadini intorno a una nuova cultura e gestione dell’acqua come bene comune. Si sono fatti beffa cioè delle richieste della società civile, delle aspettative dei cittadini, delle comunità locali e questo alimenterà la
Noi, Sindaci e Rappresentanze Elettive locali del mondo, riuniti in occasione del IV Forum mondiale dell’acqua di Città del Messico dal 16 al 22 marzo 2006, consapevoli della responsabilità in capo alle autorità locali in materia di acqua potabile e di raccolta e trattamento dei reflui, ribadiamo i seguenti principi:
1. l’acqua dolce è una risorsa limitata e vulnerabile, indispensabile alla vita, allo sviluppo e all’ambiente, è un bene comune e un patrimonio dell’umanità;
2. tutti gli esseri umani hanno il diritto all’accesso all’acqua in quantità e qualità sufficienti per il soddisfacimento delle loro necessità essenziali, così come l’accesso alla raccolta e trattamento dei reflui, elemento decisivo per la salute e la tutela degli ecosistemi;
3. Il diritto all’acqua di ciascun individuo e il suo utilizzo devono esercitarsi nel rispetto delle necessità delle generazioni presenti e future;
4. Le donne ricoprono un ruolo fondamentale per lo sviluppo, in particolare, nell’approvvigionamento, gestione e conservazione dell’acqua;
[...]
Noi, Sindaci e Rappresentanze Elettive locali assumiamo l’impegno a:
1. Sviluppare politiche per raggiungere gli obiettivi del Millennio (MDG) al fine di ridurre della metà entro il 2015 la percentuale di popolazione che non dispone in maniera durevole di accesso all’acqua potabile;
2. Assicurare, all’interno del nostro territorio e secondo le nostre proprie competenze, la gestione dei servizi idrici di acquedotto e di raccolta e trattamento delle acque reflue in quantità qualità e continuità sufficienti, a un prezzo sostenibile ed equo;
3. Assicurare la gestione della risorsa idrica in maniera razionale, durevole e integrata al fine di prevenire l’inquinamento delle acque;
4. Sviluppare campagne di sensibilizzazione destinate ai cittadini e agli utilizzatori sulle problematiche mondiali e locali connesse alla gestione della risorsa idrica e promuovere il coinvolgimento attivo dei cittadini nella definizione delle politiche idriche a livello locale in forma democratica e partecipativa;
5. Promuovere la cooperazione tra governi locali, reti fra città, con il supporto dell’organizzazione mondiale di città e governi locali riuniti, così come dei governi nazionali, delle organizzazioni internazionali, delle ONG, dei sindacati, delle associazioni professionali e del settore privato nonché apportare le nostre competenze tecniche e le nostre risorse finanziarie al fine di consentire a tutti l’accesso all’acqua potabile, alla raccolta e al trattamento delle acque reflue;
6. Rendere disponibili, ove ciò sia possibile, fondi – inclusi quelli derivanti da tariffa – al fine di destinarli ad azioni di cooperazione solidale decentrata, equa, trasparente e di lunga durata per ridurre la povertà urbana e l’esclusione delle aree rurali;
7. Migliorare e far progredire gli scambi in materia di organizzazione, raccolta di dati, acquisizione di competenze, tecnologie, metodi e strumenti per la corretta gestione delle acque e supportare in particolare gli sforzi fatti dalle organizzazioni internazionali per realizzare un sistema per valutare i progressi fatti nel raggiungimento degli obiettivi del Millennio.
[...]
Furbescamente, come hanno fatto in occasione dei precedenti Forum, i governanti hanno finto di condividere alcuni slogan e richieste dei movimenti, come la richiesta di valorizzare i “poteri locali” o il livello minimo di acqua come diritto, hanno riaffermato falsamente che il problema pubblico/privato in materia di proprietà, gestione e controllo dell’acqua è un falso problema, sintetizzabile nello slogan del rappresentante degli USA Mr. Slim: “Accesso all’acqua come diritto umano e un minimo di 20 litri? È possibile, basta pagarlo!”.
È possibile! Basta superare il falso dilemma pubblico-privato e la Banca Mondiale finanzierà chi è disponibile a privatizzare.
La presa di posizione dei rappresentanti di Bolivia, Venezuela, Cuba e Uruguay che si sono “permessi” i primi due di votare contro e tutti insieme di presentare un documento “complementare” che riprendeva in gran parte le posizioni del Parlamento Europeo, è un segnale di cambiamento che segna una svolta. È la prima volta, infatti, che la risoluzione finale non è stata approvata all’unanimità. Questo evidenzia la messa in crisi dei meccanismi di funzionamento del Forum e l’avvio di una fase storica in cui la politica e i parlamenti possono, se vogliono e se sono sostenuti dalla mobilitazione dei cittadini, riprendere la propria missione di sede politica ove devono essere definite le regole dell’agire per il bene comune. La politica e i governi possono sottrarsi all’obbedienza al Consiglio mondiale diretto dalle imprese multinazionali.
La terza constatazione è che questo Forum ha sancito il fallimento degli impegni della risoluzione del Forum di Kyoto (2003) e degli obiettivi del Millennio. Le risorse per portare l’acqua potabile, almeno alla metà della popolazione attualmente priva (1,4 milioni di persone) non sono stati reperiti in questi tre anni. Mancano infatti 200 miliardi di dollari all’anno e i governi dei Paesi industrializzati non sono disposti a metterli a disposizione, le multinazionali, da parte loro, hanno dichiarato che non sono disposte a “convogliare i loro capitali a fianco di quelli pubblici”. Esse vogliono garanzie precise dai governi locali a tutela dei loro profitti. I movimenti che insorgono contro le privatizzazioni impediscono la stabilità necessaria per fare gli investimenti. Dunque anche la delega in bianco concessa finora ai privati, alle imprese multinazionali, di garantire l’acceso all’acqua si è dimostrata fallimentare.
Un cambiamento possibile
Dall’insieme di queste constatazioni e dagli eventi che si sono palesati a Città del Messico, in occasione del Forum, nasce la speranza del Comitato italiano e dei movimenti per l’acqua che un cambiamento di rotta sia ora possibile. A Città del Messico si è verificato un insieme di eventi che consentirà di designare un nuovo futuro per l’acqua. Di questo i gruppi dominanti non hanno voluto prendere atto.
I forti livelli di mobilitazione di piazza che si sono registrati in occasione del Forum, i dibattiti all’interno dei vari seminari, le nuove alleanze fra movimenti e governi in alcuni Paesi dell’America Latina costituiscono dei segnali che lasciano presagire la possibilità che prenda vita intorno alla difesa dell’acqua un movimento internazionale capace di configurarsi come un nuovo soggetto politico, capace di determinare sui governi e sulla comunità internazionale un cambiamento.
Quali sono alcuni elementi che rafforzano questa intuizione? In primis la constatazione che il tema della difesa dell’acqua si stia trasformando in una vertenza mondiale, la cui piattaforma espressa nella Dichiarazione finale, condivisa dai movimenti di 80 Paesi, costituisce un elemento concreto ma anche un banco di prova. In secondo luogo si è rafforzata la capacità di narrazioni e di richieste di una gestione diversa che i movimenti hanno saputo esprimere dentro e fuori il Forum mondiale. Si è rafforzata anche la molteplicità delle vertenze che i singoli movimenti stanno portando avanti a livello locale, nei rispettivi Paesi.
Infine la nostra intuizione di un cambiamento alle porte è sorretta dalla constatazione dell’alleanza ormai trasversale che si è creata fra movimenti, associazioni, comitati di lotta, sindacati, ONG, con altre componenti della società civile, cioè sindaci, parlamentari, aziende pubbliche del servizio idrico e ora anche ministri dei governi dell’America Latina.
Nuove proposte
Il Contratto mondiale sull’Acqua, attraverso le sue espressioni territoriali (Comitato italiano, francese e svizzero) assieme al Forum italiano dei movimenti dell’acqua ha portato, nei vari seminari e nell’ambito dei vari Forum sociali prima e del Messico poi, le proposte del Manifesto per un Contratto mondiale redatto da Riccardo Petrella.
Diverse di queste proposte, in particolare quelle contenute nelle dichiarazioni durante i Forum di Caracas e di Bamako, sono state accolte e inserite nella Dichiarazione finale dei Movimenti di Città del Messico.
Questa messa in rete fra patrimoni e progettualità, frutto di diversi percorsi, può costituire la forza che consentirà di far fare un passo in avanti e di rafforzare la soggettività di un movimento mondia le rispetto all’obiettivo, oggi diventato patrimonio comune di tutti i movimenti, che si propone il riconoscimento dell’accesso all’acqua come diritto umano e come bene comune.
Siamo convinti che questo risultato sarà possibile soprattutto se il movimento saprà dimostrare di rispettare e valorizzare le diversità presenti al suo interno, di mantenere autonomia di analisi e di narrazione di una cultura dell’acqua alternativa a quella di mercato, di elaborazione di proposte in tema di riconoscimento dell’acqua come diritto, di modalità di finanziamento dell’accesso all’acqua.
Ma la sfida più difficile sarà quella di saper resistere ai rischi del collateralismo nei confronti dei “governi amici”, alle proposte che le imprese e i gruppi di interesse formuleranno rispetto alla cogestione dei progetti, ai fondi che saranno messi a disposizione attraverso la cooperazione internazionale, ai progetti di accesso all’acqua che saranno proposti alle comunità locali dalle grandi ONG e attraverso le nuove modalità di cooperazione decentrata da parte di comuni e aziende che costituiscono la novità. Sono questi i pericoli maggiori che sarà necessario monitorare proprio in quei contesti dove le vertenze sono state finora più forti nel contestare i processi di privatizzazione stante l’impegno e la disponibilità, contenuti nella Dichiarazione finale ministeriale, di voler valorizzare il dialogo e gli accordi diretti con le comunità locali rispetto alle politiche di gestione delle risorse idriche e per garantire l’acceso all’acqua.
Il Comitato italiano conferma il suo impegno ad animare questo processo e a restare al fianco delle comunità locali e delle loro vertenze. Nel contempo il Contratto dell’acqua continuerà a ricercare la collaborazione di alcune istituzioni, come ad esempio i Parlamenti e gli eletti locali, rispetto a una nuova politica dell’acqua attraverso il sostegno alla richiesta, accolta dallo stesso Parlamento Europeo, per la creazione di una nuova Agenzia mondiale dell’acqua.
Questo nuovo soggetto, a nostro avviso, dovrebbe essere collegato al mondo della società civile e alle istituzioni parlamentari ed essere in grado di progettare un cambiamento nei contenuti della politica e del governo delle risorse idriche.
In questa prospettiva l’ Assemblea Mondiale dei cittadini ed eletti per l’acqua, che si svolgerà a Bruxelles nel marzo del 2007, costituirà una prima occasione per costruire questa nuova progettualità fondata sulla partecipazione di cittadini.