EDITORIALE

Una regina di nome Atomica

Alex Zanotelli

Quando gli uomini parlano dei mezzi nuovi di distruzione parlano di bomba come se ce ne fosse una sola e appartenesse a tutti e a nessuno, come se il mondo intero le appartenesse. Essa appare infatti come la regina di questo mondo. Troneggia al di sopra di una folla immensa, di sacerdoti e di fedeli, che sembrano esistere soltanto per servirla. Gli uni sotterrano le uova avvelenate, altri le disperdono nel fondo dei mari, altri ancora le disseminano nei cieli facendo volteggiare le stelle della morte al di sopra del brulicante formicaio.
Così Renè Girard, un genio del secolo scorso, l’ideatore della teoria del capro espiatorio, analizza il dramma della bomba atomica. Mentre sto scrivendo questo editoriale, infatti, siamo alla vigilia dello scadere dell’ultimatum dato dalle Nazioni Unite all’Iran. Si sussegue un coro di voci che auspica un intervento armato per forzare l’Iran a retrocedere. Siamo alla vigilia della guerra atomica. Persino tutti gli ex ministri degli Esteri hanno espresso la propria preoccupazione in una lettera aperta al presidente Bush supplicandolo di non intervenire con le armi. Sorprende perché parlano uomini di Stato e questo indica la gravità del momento che viviamo.
Perché tanto clamore solo sull’Iran? Israele ha già la bomba atomica. USA e URSS possono fare ciò che vogliono. Circa 40 Paesi oggi possono attivare la bomba atomica, se solo lo decidono. In questo periodo sono violati tutti i trattati firmati negli anni Settanta e Ottanta per impedire nuove sperimentazioni sulla bomba atomica. Abbiamo abbastanza bombe atomiche da far saltare il mondo. Nonostante tutto uno smantellamento di armi soprattutto nucleari, gli scienziati dicono che abbiamo nel mondo tante bombe atomiche che equivalgono 200.000 volte la bomba di Hiroshima. Anche Aviano non è fuori da questo circuito. Per di più, come Italia e come Europa, aderiamo alla Nato che è armata di bombe atomiche. Ricordiamo che, nonostante quello che i governi nazionali possano dire, la Nato, con il vertice di Washington del 1999, si è trasformata da organizzazione di difesa a organizzazione di offesa che ha facoltà di agire ovunque i nostri interessi siano minacciati, e, con il vertice di Praga, sposa la guerra preventiva.
Afferma ancora Renè Girard che, anche se può apparire paradossale, solo l’arma nucleare mantiene al giorno d’oggi la pace nel mondo. Gli specialisti ci dicono senza battere ciglio che solo questa violenza protegge. Hanno perfettamente ragione ma non si rendono conto dello strano suono di questo loro discorso. Di fronte alla gravità di questa situazione, mi meraviglia immensamente il silenzio delle Chiese. mons. Raymond Hunthausen, arcivescovo di Seattle, nello Stato di Washington che è in vetta negli armamenti atomici, ha avuto il coraggio di dire che “le bombe nucleari sono un peccato. Nella società moderna la base della violenza è data dalla intenzione di utilizzare l’arma nucleare. Una volta accettato questo, qualsiasi altro male è al confronto un male minore. Fin quando non ci porremo di fronte al problema del nostro consenso all’utilizzo delle armi nucleari, ogni speranza di miglioramento generalizzato della moralità pubblica è condannata al fallimento. Io continuerò a parlare contro gli armamenti nucleari e contro la costruzione proprio qui vicino, a Seattle nello Stato di Washington, della base sottomarina e contro ciò che essa rappresenta”.
Quando le Chiese avranno il coraggio di dire che la bomba atomica è peccato? Di fronte al potere dell’uomo di distruggere tutto, io vorrei fare un appello appassionato alle Chiese e a tutti i movimenti, a tutti i gruppi che in questi anni hanno lavorato sulla nonviolenza, sull’obiezione fiscale e di coscienza, per ritrovarci insieme. Per dire una parola forte al nuovo governo Prodi. Per lavorare insieme e per esprimere coralmente e pubblicamente il nostro dissenso di fronte a queste politiche di riarmo nucleare. Per pensare a una nuova Arena che lanci un messaggio da parte nostra alle Chiese, alla Chiesa e al governo. Occorre rilanciare forte la Difesa Popolare Nonviolenta e con coraggio occorre Osare la Pace, come diceva Dietrich Bonhoeffer il cui centesimo anniversario ricorre quest’anno.

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