Il sorpasso di internet
Quello di internet sulla televisione. E che dovremo attrezzarci a gestire.
Il sorpasso è avvenuto. In Gran Bretagna internet ha battuto la TV: 164 minuti al giorno in rete contro i 148 davanti al televisore (il sondaggio è stato commissionato da Google ed è apparso sul “Corriere della Sera” del 9 marzo 2006). Ricordo che tra il 1996 e il 1997 negli Stati Uniti il numero di e-mail superò il numero di lettere spedite per posta tradizionale negli Stati Uniti. La notizia venne quasi ignorata in Italia. Oggi ci lamentiamo perché ce ne arrivano troppe.
Scrive Guido Santevecchi, giornalista del “Corriere della Sera”: “Il sorpasso, secondo gli esperti in Gran Bretagna, è irreversibile e anzi, il vantaggio a favore del web andrà incrementandosi molto rapidamente”. E in Italia?
La TV ha ancora un largo vantaggio. Gli italiani passano in media 239 minuti al giorno davanti alla TV contro i 58 che in media riservano ad internet.
Il mondo dei blog
Che differenza c’è tra televisione e internet? Secondo David Weinberger la prima è strumento della politica, il secondo è mezzo della democrazia (Nova del 9 marzo 2006). Egli si spinge a comparare internet allo spirito dell’Atene di Pericle. Weinberger ritiene che la rete presto porterà una ventata nuova e sottolinea il ruolo dei “blog”, ossia dei siti personali che stanno aumentando vertiginosamente. Questa partecipazione in prima persona sta sconvolgendo il web.
Andate sui siti istituzionali tradizionali: è molto facile non ottenere risposta. Contattate i blog e troverete reazioni vive, quasi immediate. È la rivoluzione dei blogger, ossia di quelle migliaia di utenti che ogni giorno pubblicano un diario on line, rilanciano un’informazione che ritengono interessante, ricevono osservazioni e rispondono in prima persona.
È un “social networking”, potenziale veicolo di democrazia e di controllo ad esempio sui lavori parlamentari (leggibili su internet). Un blog è semplice da creare e gestire perché non richiede conoscenze tecniche. Niente linguaggio HTML e FTP. Tutto è semplificato al massimo. Il fenomeno è così vasto che le multinazionali stanno correndo ai ripari in due modi. Da una parte esse stanno effettuando un monitoraggio della rete per vedere se si “parla male” di loro. Dall’altra contattano i blogger che ritengono “favorevoli” e influenti. L’opinione pubblica matura sempre più in questo ribollire di bit che la società civile produce spontaneamente. È un processo che interroga gli insegnanti di italiano.
Ricordando don Milani
Senza la formazione diffusa, questa rivoluzione sarà esercitata solo da una fascia sociale culturalmente ricca e metterà sempre più ai margini quei giovani a cui invece si rivolgeva la scuola di don Lorenzo Milani, che infatti dava un’importanza immensa al possesso della lingua e alla scrittura in particolare. Ormai appare chiaro che la rivoluzione telematica rischia di tagliare fuori grandi masse di persone non solo o non tanto per ragioni economiche ma soprattutto per ragioni culturali, connesse all’acquisizione dell’italiano (e anche dell’inglese). Senza un progetto culturale, quando in Italia ci sarà il “sorpasso” sulla TV, internet ingloberà quelle masse solo come fruitrici passive della rete. Chi è oggi passivo di fronte alla TV lo sarà anche di fronte al computer. E non basterà spostare fette di giornata dall’una all’altro per segnare una differenza di qualità.