Diritti di nuova generazione
Anche in ambito ambientale.
In
questi mesi fanno discutere i rigassificatori. Sono impianti ad alto rischio che
non andrebbero collocati in contesti urbani caratterizzati dalla presenza di
altri impianti pericolosi. Fin qui i rischi. E i benefici? Il vantaggio di
questi impianti sta nel diversificare le forniture di gas metano, attualmente
basate in gran parte sui metanodotti. Di fronte a questi impianti si sta
sviluppando un dibattito molto interessante. Chi può decidere se i benefici
sono superiori ai rischi? Chi è il titolare di scelte che riguardano la
sicurezza di un’intera comunità? In caso di un intervento chirurgico che
mette a rischio la vita di una persona occorre il “consenso informato”:
l’ultima decisione spetta unicamente al paziente. Questa metodologia valevole
per la vita di una persona stenta ad affermarsi per la sicurezza di un’intera
comunità. E i rigassificatori vengono spesso decisi senza il “consenso
informato” e senza offrire alla comunità il diritto di scelta finale. Occorre
pertanto ricorrere a diritti di nuova generazione: diritto all’informazione
come premessa al diritto alla partecipazione. Il diritto all’informazione oggi
passa attraverso la telematica che può diffondere documenti che ognuno in loco
può stampare e fotocopiare su supporto cartaceo e digitale. La pubblicazione su
internet dei dati ambientali e dei progetti che riguardano la salute e la
sicurezza dei cittadini diviene oggi un test di democrazia e di trasparenza. I
diritti di nuova generazione che abbia- mo di fronte hanno dei riferimenti
importanti. È bene sapere che la legge 108/01 ha ratificato la convenzione di
Aarhus, la quale prevede che “quando viene avviato un processo decisionale che
interessi l’ambiente, il pubblico interessato è informato... a tempo
debito... perché... partecipi durante tutto il processo decisionale... affinché
la partecipazione del pubblico cominci all’inizio della procedura, ossia
quando tutte le opzioni e le soluzioni sono ancora possibili e quando il
pubblico può esercitare una vera e propria influenza” (art. 6, comma 2,3,4).
La
Convenzione di Aarhus prevede anche il diritto all’informazione telematica.
L’articolo 7 comma 1 della Convenzione di Aarhus recita infatti: “Gli Stati
membri adottano le misure necessarie per garantire che le autorità pubbliche
strutturino l’informazione ambientale rilevante per le loro funzioni e in loro
possesso o detenuta per loro conto ai fini di un’attiva e sistematica
diffusione al pubblico, in particolare mediante le tecnologie di
telecomunicazione informatica e/o le tecnologie elettroniche, se disponibili”.
Tale norma è stata recepita nella legislazione italiana con la Legge 16 marzo
2001, n. 108. Tali diritti danno ancora più forza ai diritti alla
partecipazione ambientale compresi nell’Agenda 21 dell’Onu (sottoscritta
dall’Italia nel 1992) che afferma: “Ogni autorità locale, dovrebbe
dialogare con i cittadini, le organizzazioni locali e le imprese private e
adottare una propria Agenda 21 locale. Attraverso la consultazione e la
costruzione del consenso, le autorità locali dovrebbero apprendere ed acquisire
dalla comunità locale e dal settore industriale, le informazioni necessarie per
formulare le migliori strategie”.
Come
si può notare possediamo dei diritti di nuova generazione di straordinaria
potenza che parallelamente richiedono uno straordinario potenziamento della
scuola e del sistema formativo per porre i cittadini nelle condizioni di
esercitarli. Uno studio di impatto ambientale è infatti vasto come
un’enciclopedia e richiede un lavoro di gruppo, un raccordo fra competenze
diverse e una spiccata cultura interdisciplinare. Ma è drammatico constatare
che la stragrande maggioranza delle persone non sa di possedere questi diritti.
E pochissimi in sede politica hanno deciso di diffonderli.