LUGLIO 2006

Figli di un Dio minore?

A cura di Andrea Bigalli
Nuova pagina 1

Ciò che è urgente non sempre è coraggioso; a volte neanche doveroso.Quando in redazione ci è venuta l’idea di dedicare un dossier a quelle identità che, in questo momento, segnano nella Chiesa cattolica una dimensione di fatica nell’appartenenza, di marginalità, di silenzio, cercato o imposto, ci siamo resi conto di aver individuato un tema importante, urgente e doveroso. Anche coraggioso: perché comporta dei rischi. Quello più rilevante passa per la possibilità che il dare voce – come abbiamo fatto questa e le altre volte che abbiamo trattato temi di questo tipo – a coloro che vivono fatiche e contraddizioni, evoluzioni e stasi, sia inteso come l’apertura di uno spazio rivendicativo, di insoddisfazione o di contestazione. La nostra, è invece, molto più semplicemente, una scelta di ascolto. Il dossier che segue ha il colore dell’attenzione agli “ultimi” e il sapore dell’attesa. Perché occorre fermarsi per porgere orecchio e cuore alle fatiche e alle sofferenze altrui. Il dossier non mette in discussione la dottrina ecclesiale sui temi che affrontiamo: non ne ha né volontà né autorità. Sappiamo bene che la comunione conosce un suo prezzo, che si traduce nelle fatiche di mediare, spiegare, motivare, a volte anche tacere e rinunciare: e conosciamo quanto è difficile incarnare il ministero della sintesi e dell’autorità.

La Chiesa di cui ci sentiamo parte non ha paura delle persone e non si fa spaventare dalle idee: quella verità di cui è custode e non padrona, una verità capace di giudicare essa stessa, non teme di confrontarsi. In ogni caso, mai con persone che soffrono, si sentono inascoltate, silenziate, fuori contesto, isolate. La scelta di porsi in atteggiamento pastorale diventa l’esigenza di ascoltare e la sofferenza poi di discernere, perché a volte questo significa negare. Ma – senza far diventare questo passaggio facile o scontato – dopo che si è ascoltato davvero è difficile dire di no senza far capire quanto amore può esserci dietro. Non sarei riuscito a non ascoltare – e a non far ascoltare – quelli che hanno scritto, direttamente o a “nome di”, soprattutto Leandro e Simone: adesso ho addosso la fatica di continuare a dialogare con loro, non per quanto scrivono, ma pensando che la mia Chiesa possa aver paura o sia infastidita da quanto hanno voluto dirci. Le condizioni qui identificate, scelte e pro-vocate, sono forse una semplice anticipazione di una riflessione ancora più attenta ed estesa. Come sempre, non abbiamo la pretesa di esaurire un argomento ma di introdurlo; per ampliare con il contributo di tutti, che è essenziale. Abbiamo riflettuto insieme ad amici sulla condizione di bambini, coppie irregolari, preti sposati, persone omosessuali, esponenti di minoranze etniche o sociali, negate o sminuite.

Chiediamo, come sempre, che altre e altri si aggiungano, in questa riflessione, chiedendo perdono se abbiamo fatto indebite riduzioni o banalizzazioni. Vorrei proporre due riflessioni tratte dal prologo di Resistenza e resa di Dietrich Bonhoeffer. Per provare a esprimere meglio quanto intendiamo proporre con queste pagine. “Se la nostra capacità di vedere la grandezza, l’umanità, il diritto e la misericordia è diventata più chiara, più libera, più incorruttibile; se, anzi, la sofferenza personale è diventata una buona chiave, un principio fecondo nel rendere il mondo accessibile attraverso la riflessione e l’azione: tutto questo è una fortuna personale. Tutto sta nel non far diventare questa prospettiva dal basso un prender partito per gli eterni insoddisfatti, ma nel rispondere alle esigenze della vita in tutte le sue dimensioni; e nell’accettarla nella prospettiva di una soddisfazione più elevata, il cui fondamento sta veramente al di là del punto di vista dell’alto e del basso.” “Dobbiamo imparare a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno. L’unico rapporto fruttuoso con gli uomini – e specialmente con i deboli – è l’amore, cioè la volontà di mantenere la comunione con loro. Dio non ha disprezzato gli uomini, ma si è fatto uomo per amor loro.”

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