Il monaco che amava il jazz
Tutto in un solo libro. Per chi sa danzare.
Il
libro di Francesco Comina si apre con una frase di Vaslav Nijinsky: “Crederò
solamente in un Dio che danza”. Il mosaico di testimoni e maestri che
Francesco costruisce è proprio una danza di pace, una danza di volti
appassionati. L’autore presenta profili agili di persone che hanno aperto
cammini e offerto motivi di concreta speranza. Li descrive alla maniera di
Ryszard Kapuscinski, maestro di un giornalismo autentico (forse il suo
ispiratore inconfessato) che tenta di guardare il mondo dalla parte delle
vittime e di chi condivide il loro cammino. Comina si sente circondato dalle
testimonianze “tragiche ed esaltanti al tempo stesso”di uomini e donne
“che hanno ostinatamente cercato di disarmare il mondo”. Per lui scrivere è
attraversare una terra popolata di memorie intrecciate, animate dal soffio
creativo della pace. Nelle sue pagine, la pace diventa etica del volto. E ogni
volto si collega a un altro volto e a un altro ancora. Il nodo di una rete più
ampia, il punto di intersezione, il segno di una mappa ampia e variegata.
Volti
e nomi
Nei
volti di Comina brillano gli occhi di milioni di persone del grande popolo della
pace: Marianella come Rutilio Grande, Oscar Romero, Juan Gerardi, Ignacio
Ellacuria e gli altri amici e amiche uccisi. E ancora Helder Camara, Leonidas
Proano (il vescovo ecuadoriano degli indios), Paulo Freire, Samuel Ruiz,
Esperanza Martinez, Chico Mendes, le madres e abuelas argentine,
Ivan Illich, Luis Lintner, Enrique Dussel, Renzo Rossi, Rigoberta Menchù,
Marcelo Barros. Balducci è un maestro più volte citato. Accanto a lui, non
solo Firenze degli anni 1950 e 1960, il sindaco La Pira, Fabrizio Fabbrini, don
Lorenzo Milani, Mario Gozzini, ma anche, oltre il suo tempo e i nostri confini,
il mondo di Panikkar, di Turoldo, di Bloch, di Capitini, di Dolci. In altro
contesto, Thomas Merton, il monaco lucido, contemplativo e impegnato, è
accompagnato da Teilhard de Chardin, Ernesto Cardenal e tante esperienze
americane. Merton è la mistica, la gratuità, la sobrietà, la vita come
creazione continua, lo stupore quotidiano delle piccole cose e degli incontri,
la poesia e la musica di Bob Dylan e Louis Armstrong, Blake ed Eliot, Thic Nhat
Hahn e Bramachari. Merton vuol dire introduzione a Gandhi, condivisione di
Martin Luther King, lotta per il disarmo, apertura alla dimensione
dell’intercultura (cristiana, ebraica, buddista, induista). Nel profilo di
Arturo Paoli, il giovane grande vecchio, convergono Levinas, Bobbio, Carretto
con i fratelli e le sorelle di padre De Foucauld, Gustavo Gutierrez,
Casaldaliga, Allende, Neruda, Gerardi, Boff, Che Guevara. Con Mayr-Nusser
incontriamo Franz Jagerstatter, Franz Thaler e la silenziosa esistenza al
nazismo. Con Tonino Bello, collocato tra Neruda e Leopardi, ci sono le assemblee
in Arena promosse dai Beati i costruttori di pace, Pax Christi, Bettazzi e
Dell’Olio, la marcia a Sarajevo nel 1992 con le tormentate domande
sull’efficacia della nonviolenza. La riflessione su Leopardi invoca la
presenza della speranza contro ogni speranza...
Marianella Garcia, uccisa nel marzo 1983
Volti
di pace
Le
testimonianze descritte indicano un’etica di liberazione capace di futuro. Il
libro di Comina è una finestra spalancata sul lungo itinerario della pace che
non è mai dottrina o vaga aspirazione ma varietà di esperienze. Pace come
politica, cultura, pedagogia, profezia, teologia, etica, poesia. Pace come stile
di vita, essere quotidiano, contemplazione, preghiera, fatica e gioia. Pace come
fermento e fondamento di civiltà, sostanza della politica. I suoi testimoni
insegnano a vivere, accendono la coscienza. Sono animati dalla passione per le
vittime, dalla possibilità di guarigione e di riscatto umano, da inquietudine
sempre inappagata. Nelle pagine di Comina si respira una fede liberante e
profetica, ben espressa dalla testimonianza bruciante di David Maria Turoldo,
raffigurato assieme a Balducci nella chiesa di S. Zeno di Colognola ai Colli di
Verona che ha ospitato la prima presentazione del libro grazie all’iniziativa
del suo parroco, don Luigi Adami. Francesco la ritiene icona di un santuario
interiore. Anche lui ha incontrato persone che emergono dal suo testo come guide
di un lungo cammino.