CHIAVE D’ACCESSO

E-democracy

La posta elettronica non può più essere snobbata o cestinata. Ora abbiamo nuovi diritti elettronici. Molti non lo sanno. La e-democracy fa i suoi primi passi con l’introduzione del “Codice delle Pubblica Amministrazione digitale”.
Alessandro Marescotti

Le nostre e-mail dal 1° gennaio 2006 hanno valore di comunicazione ufficiale con assessorati, ministeri e tutto quanto rientra nella Pubblica Amministrazione. Questo è stato stabilito dal “Codice delle Pubblica Amministrazione digitale”, entrato in vigore come insieme di norme valide per lo Stato Italiano. Potremo pertanto richiedere che le e-mail vengano acquisite al pari di una lettera. Da ora in poi ricordiamoci quindi, se scriviamo ad esempio a un assessore, di chiedere anche che il nostro messaggio di posta elettronica venga stampato e protocollato. Sarà buona consuetudine chiedere che il numero di protocollo ci venga inviato per posta elettronica al fine di avere la certezza non solo che la comunicazione sia andata a buon fine, ma che sia anche stata acquisita ufficialmente (e non solo informalmente) e che soprattutto non vada nel cestino dell’ufficio dell’assessore o, peggio ancora, nel cestino virtuale del suo computer.

Sarà importante anche chiedere e ricevere il nome del funzionario che seguirà il procedimento, il suo telefono e la sua e-mail. Il “Codice delle Pubblica Amministrazione digitale” segna un importante passo in avanti per i diritti dei cittadini. Prima di tutto stabilisce che essi hanno diritto a richiedere e ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con gli uffici pubblici. Assessori, ministri e funzionari devono accettare le comunicazioni inviate tramite posta elettronica senza accampare pro- blemi o difficoltà. I cittadini hanno, inoltre, il diritto all’accesso e all’invio di documenti in formato digitale. Ad esempio è diritto dei cittadini ricevere una delibera di giunta per e-mail o una relazione nell’ambito della Valutazione di Impatto Ambientale. Ma, ancora meglio, è vitale che tutte le delibere e le relazioni ufficiali siano messe sul sito internet di un ente locale, cosa che non sempre avviene. Il cittadino ha diritto di sapere e di aprire i cassetti – nel rispetto della privacy – con un colpo di mouse. Un ente locale ha il dovere di inviare le risposte per e-mail.

La digitalizzazione di tutti gli atti della pubblica amministrazione è un passo in avanti notevole perché un file digitale non costa nulla e la Pubblica Amministrazione non può più accampare diritti di fotocopia, di spedizione o balzelli vari. Tutto cambia nel momento in cui i cittadini hanno diritto di ricevere gratis ogni comunicazione della Pubblica Amministrazione via e-mail all’indirizzo dichiarato. Non solo: ai cittadini spetta anche il diritto di partecipare al processo democratico. Questo settore dei cyber-diritti è definito “e-democracy” e consiste nel diritto alla partecipazione telematica. La e-democracy si collega a una crescente quantità di direttive europee (dalla Convenzione di Aarhus recepita nel 2001, alle nuove norme per la Valutazione di Impatto Ambientale recepite nel 2006, alla fatidica Legge Seveso 3 sugli incidenti rilevanti) in cui è sancita la partecipazione dei cittadini alle questioni ambientali e della sicurezza. Ad essa si affianca appunto il diritto di partecipazione a distanza per cui anche il cittadino che vive all’estero ha diritto di intervenire via internet per esprimersi ad esempio sui problemi ambientali della propria città.

Inutile dire che queste norme, pur essendo legge, non sono ancora prassi. Gli enti locali, anche i più avanzati e illuminati, segnano preoccupanti ritardi e omissioni sui diritti telematici. Vi sono alcune accortezze che è bene adottare per rendere più efficace e stringente il rapporto con la Pubblica Amministrazione. In primo luogo i programmi di posta elettronica hanno un sistema che verifica l’avvenuta ricezione del messaggio: è la cosiddetta “ricevuta di ritorno” elettronica. Vi sono poi anche sistemi di posta elettronica che non solo certificano la ricezione del messaggio da parte dell’utente, ma anche da parte del suo server di posta elettronica. Ad esempio si può spedire il 1° dicembre un messaggio di posta elettronica a un assessore e avere all’istante la ricevuta di ritorno da parte del server dell’ente locale. Poi si scopre che quel messaggio viene letto dieci giorni dopo, o l’anno successivo o mai. L’assessore non avrà nessuna scusa: ha l’obbligo di leggere (o di far leggere a un funzionario) la posta elettronica. Lo dice il “Codice delle Pubblica Amministrazione digitale” che è consultabile all’indirizzo www.padigitale.it e che da ora in poi dobbiamo usare: altrimenti vincerà la sorda burocrazia e con essa la politica non trasparente.

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